sabato 19 settembre 2015
giovedì 19 febbraio 2015
martedì 4 giugno 2013
Creazionismo scientifico, un ossimoro?
Navigando in Internet mi sono imbattuto in un vecchio argomento teleologico travestito, questa volta, con l’ambigua locuzione “Disegno intelligente”(in inglese intelligent design - ID) o progetto intelligente, altrimenti noto come creazionismo scientifico.
Per brevità, trascrivo qui di seguito, testualmente, ciò che ho letto su “Wikipedia”:
“Disegno intelligente … è la corrente di pensiero secondo la quale «alcune caratteristiche dell'universo e delle cose viventi sono spiegabili meglio attraverso una causa intelligente, [che] non attraverso un processo non pilotato come la selezione naturale». Si tratta di una forma moderna del tradizionale argomento teleologico dell'esistenza di Dio, che evita di toccare l'argomento della natura o dell'identità del "progettista". I suoi sostenitori principali sono associati al Center for Science and Culture del Discovery Institute, i cui membri ritengono che il disegnatore sia identificabile in Dio. I promotori del disegno intelligente cercano di ridefinire la scienza in modo da fare accettare anche spiegazioni soprannaturali, oltre a quelle naturali".
Ancora da Wikipedia:
“La teoria del “disegno intelligente” dice che “sono necessarie cause intelligenti per spiegare le strutture complesse e ricche di informazioni della biologia e che queste cause sono empiricamente scopribili”. Certe caratteristiche biologiche sfidano il criterio darwiniano della spiegazione del “caso”. Esse sembrano essere state “disegnate”, progettate. Poiché il disegno necessita logicamente di un disegnatore intelligente, la comparsa del disegno è citato come prova di un Disegnatore.”
Reputo opportuno precisare che, storicamente, la locuzione ”Disegno intelligente” ebbe origine nel 1987 quando la Corte Suprema Federale degli Stati Uniti, nella vertenza tra i sostenitori dell’evoluzionismo da un lato ed i sostenitori del creazionismo dall’altro, riguardante l’uso di libri di testo per i corsi di biologia nelle scuole superiori, sancì che: “non esisteva ragione di concedere pari dignità scientifica a due visioni, una delle quali era fondata sulla ricerca di prove concrete, e l'altra su un semplice dogma, del tutto privo di fondamenti a sostegno”.
Prima di entrare nel merito del dibattito desidero precisare che questo mio intervento si limita ad indagare sulla proprietà dei termini linguistici adottati dai sostenitori del disegno intelligente senza che, a questo proposito, vi sia stata alcuna osservazione da parte dei sostenitori dell’evoluzionismo.
A mio parere questa vertenza andava risolta innanzitutto sul piano lessicale, ovvero sul significato delle parole. Nel caso che qui interessa, le parole sono quelle che formano la locuzione “disegno intelligente“ e quelle che formano la locuzione “creazionismo scientifico”.
Già la locuzione “disegno intelligente” e, ancor più, la locuzione “creazionismo scientifico”, mette a disagio l’intelletto di una persona di media cultura. Meditando su queste locuzioni, rilevo che in esse vi è un bisticcio semantico che i creazionisti avrebbero dovuto evitare se avessero voluto dare al dibattito carattere scientifico (o teleologico?).
Si capisce facilmente che la parola “disegno” è stata usata dai creazionisti con il significato allegorico della parola “universo”. Se questo era il loro vero intento sarebbe bastato dire che l’universo è stato creato da una intelligenza soprannaturale. Così non avrebbero detto nulla di nuovo che non fosse già condiviso da un qualsiasi credente. Ma, avendo attribuito a quel disegno, trovato in natura, la qualità di “intelligente”, ne è venuto fuori un ossimoro privo di logicità. Insomma un equivoco per cui non si capisce se i creazionisti hanno voluto fare scienza o teologia.
Sebbene l’argomento del dibattito sia antichissimo, non ricordo se filosofi o scienziati, prima del 1987, a cominciare da Aristotele, abbiano mai sostenuto l’esistenza, nel mondo naturale, di una cosa che i creazionisti chiamano “disegno intelligente”.
A sostegno di questa tesi, i creazionisti osservano che la vita che anima il nostro pianeta mostra una tale complessità, organizzazione, e una finalizzazione (si pensi soltanto alla formazione dell’occhio) per cui la sua origine non può essere avvenuta per caso o per una combinazione qualsiasi ma deve avere avuto origine da una intelligenza soprannaturale.
Poiché la complessità sostenuta dai creazionisti è un dato di fatto non contestato dagli evoluzionisti, detta complessità non poteva dare adito a definizioni equivoche. Pertanto la causa della complessità doveva restare designata nel mondo naturale, là dove i creazionisti dicono di averla trovata.
Per chi non lo sapesse la parola “ossimoro” è una figura retorica che consiste nell’accostamento di due parole di significato opposto che si contraddicono.
La parola ossimoro: dal greco ὀξύμωρον (composto da ὀξύς, «acuto» e μωρός, «ottuso») è essa stessa un ossimoro.
Nel caso in esame l’accostamento degli opposti non è casuale ma voluto.
Infatti, sul terreno sempre affollato della teleologia, i promotori della teoria del “disegno intelligente” si distinguono per una novità, che qui di seguito trascrivo da Wikipedia:
“le loro argomentazioni non si basano sulla Genesi né su alcun altro insegnamento religioso e nei loro libri per la scuola non si trova una sola citazione tratta dalla Bibbia“.
Dunque, solo un Dio “disegnatore” che, però, disegna nel mondo naturale. Niente più di tanto?
Ma allora avrebbero dovuto affermare che l’intelligenza era nella natura stessa. Potevano, senza ingenerare equivoci, sostenere il panteismo. Sarebbe bastato condividere il principio “Deus sive natura” (Dio ossia la natura). Mi immagino sorridente e compiaciuto, nella sua tomba, il filosofo panteista Spinoza.
Restando nei limiti della semantica lessicale devo insistere nell’affermare che non esistono cose intelligenti, ma solo persone intelligenti, altrimenti sarebbe corretto dire: casa intelligente, albero intelligente, quadro intelligente e intelligente ogni altra cosa naturale o artificiale che non sia una persona.
Disturba, se possibile, di più il fatto che alcuni sedicenti scienziati abbiano elevato il “disegno intelligente” a “teoria scientifica”.
Dovrebbe essere noto ai sostenitori del disegno intelligente il detto di Aristotele: “verum scire est scire per causas” (la vera conoscenza è la conoscenza attraverso le cause). Infatti, l’ignoranza della causa del fatto osservato fa spesso sorgere nella mente dell’osservatore la credenza in oggetti e fatti, solo immaginati, mai esistiti nella realtà, con tutte le conseguenze negative che sappiamo. Ne è piena la storia dell’umanità dalla sua origine fino ai giorni nostri.
Nel caso che interessa la causa (il disegnatore), che sarebbe all’origine dell’universo e degli esseri viventi, è stata identificata dai creazionisti solo con la parola Dio, senz’altra connotazione, o identificata in esseri alieni, extraterrestri, ufo ecc. Ma, la presa di distanza dal Dio biblico e da altri esseri soprannaturali o extraterrestri, non esenta i creazionisti dal rispetto delle regole.
La scienza è: osservazione, descrizione, spiegazione e sperimentazione. Nelle argomentazioni dei creazionisti non v’è nulla di osservato, descritto spiegato o sperimentato.
Il ricorso dei creazionisti a locuzioni equivoche prova, tutt’al più, la incapacità dell’essere umano e, quindi, della scienza a spiegare le cause della complessità dell’universo e degli esseri viventi.
Comunque, osservo che l'assenza di una spiegazione della causa della complessità del fatto non può portare alla negazione del fatto stesso che comunque, resta di origine naturale.
Tra il serio ed il faceto, rammento inoltre una locuzione che ai suoi tempi, non molto tempo fa, fece discutere e divertire gli ambienti politici e non, inventata dal compianto On. Aldo Moro (ucciso dalle Brigate Rosse) il quale, nel tentativo di trovare un'intesa tra democristiani e comunisti definì quell’intesa “convergenze parallele”.
Il “disegno intelligente” mi ha fatto, poi, immaginare Galileo e Newton, fondatori della scienza moderna i quali, inorriditi, si rivoltano nella tomba nel sentire associata, questa volta, la scienza ad un dio senza nome, non identificato, che non ha una sua storia da raccontare.
Locuzioni del genere ve ne sono tante ed altre se ne possono inventare.
I sostenitori del “creazionismo scientifico“, a sostegno delle loro argomentazioni, si servono di questo ossimoro, come se fosse una scoperta scientifica che, però, non colma, non elimina l’ignoranza del dove, del quando, del come e del perché, ovvero della causa che ha dato origine all’universo e agli esseri viventi.
E così accade che il vuoto dell’ignoranza è colmato da una intelligenza soprannaturale. Un Dio tappa buchi?
Nella storia della dottrina cattolica, il tentativo di unire gli opposti ha illustri predecessori.
Tra gli altri, Nicola Cusano (nato il 1401) teologo, filosofo, matematico, autore dell’opera “De docta ignorantia” (altro ossimoro) nel tentativo di conciliare contrastanti tendenze religiose, definì Dio con la locuzione, rimasta famosa, “coincidentia oppositorum“ ovvero unione degli opposti. Non è servita a dirimere le controversie religiose perché manca la risposta alla domanda: quale Dio, di quale religione?
Qualunque persona, anche se poco acculturata, conosce la distinzione di significato tra “creazione” e “scienza”. La parola creazione è comunemente intesa, da credenti e non credenti, come l’atto col quale Dio ha creato dal nulla tutte le cose. La parola scienza indica, invece, l’attività intellettiva dell’uomo, il quale scopre le cose, le osserva, le descrive, le sperimenta ma non le crea. Si tratta, dunque, di due livelli semantici non correlabili. E così si perpetua l’antico conflitto tra il dogma dato come verità una volta per sempre e le scoperte, in continuo progresso, della scienza.
Onestà intellettuale vorrebbe che la scienza e il soprannaturale rimangano separati essendo incompatibile la loro unione nello stesso contesto scientifico (o teologico?).
Ancora da Wikipedia apprendo che:
“La teoria del “disegno intelligente” dice che “sono necessarie le cause intelligenti per spiegare le strutture complesse e ricche di informazioni della biologia e che queste cause sono empiricamente scopribili”. La stragrande maggioranza dei teorici del “disegno intelligente” è teistica. Essi considerano la comparsa del disegno che pervade il mondo biologico come una prova dell’esistenza di Dio”.
Dunque: i teisti (alias creazionisti credenti) affermano che l’esistenza di Dio è provata dalla scoperta empirica del disegno intelligente.
A questo punto il virtuosismo lessicale dei sostenitori del disegno intelligente, non sembra avere più limiti. Infatti è diventato, a sua volta, un ossimoro riassumibile nella locuzione: “empirismo teistico”, non in antitesi con “creazionismo scientifico”.
Infatti “empirismo” sta a “scientifico” come “teistico” sta a ”creazionismo”. Il conflitto lessicale appare sempre evidente.
Solo per motivo di completezza aggiungo che Wikipedia rammenta che:
“empirismo (dal greco εμπειρια - esperienza) è la corrente filosofica, secondo cui la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall'esperienza". I maggiori esponenti dell'empirismo furono John Locke, George Berkeley e David Hume, ai quali possono essere aggiunti, senza conflitti lessicali, i filosofi Tommaso D’Aquino, Francesco Bacone, Thomas Hobbes e ultimo ma non ultimo lo stesso Aristotele.
Tutto quanto innanzi per spiegare agli empiristi, scopritori del “disegno intelligente”, che la loro scoperta è un “ossimoro”.
Et de hoc satis
Foggia 02.06.2013
Carlo Mangiolfi
P.S. per chi volesse interloquire, l’e-mail è: saveriosavio@yahoo.it
Per brevità, trascrivo qui di seguito, testualmente, ciò che ho letto su “Wikipedia”:
“Disegno intelligente … è la corrente di pensiero secondo la quale «alcune caratteristiche dell'universo e delle cose viventi sono spiegabili meglio attraverso una causa intelligente, [che] non attraverso un processo non pilotato come la selezione naturale». Si tratta di una forma moderna del tradizionale argomento teleologico dell'esistenza di Dio, che evita di toccare l'argomento della natura o dell'identità del "progettista". I suoi sostenitori principali sono associati al Center for Science and Culture del Discovery Institute, i cui membri ritengono che il disegnatore sia identificabile in Dio. I promotori del disegno intelligente cercano di ridefinire la scienza in modo da fare accettare anche spiegazioni soprannaturali, oltre a quelle naturali".
Ancora da Wikipedia:
“La teoria del “disegno intelligente” dice che “sono necessarie cause intelligenti per spiegare le strutture complesse e ricche di informazioni della biologia e che queste cause sono empiricamente scopribili”. Certe caratteristiche biologiche sfidano il criterio darwiniano della spiegazione del “caso”. Esse sembrano essere state “disegnate”, progettate. Poiché il disegno necessita logicamente di un disegnatore intelligente, la comparsa del disegno è citato come prova di un Disegnatore.”
Reputo opportuno precisare che, storicamente, la locuzione ”Disegno intelligente” ebbe origine nel 1987 quando la Corte Suprema Federale degli Stati Uniti, nella vertenza tra i sostenitori dell’evoluzionismo da un lato ed i sostenitori del creazionismo dall’altro, riguardante l’uso di libri di testo per i corsi di biologia nelle scuole superiori, sancì che: “non esisteva ragione di concedere pari dignità scientifica a due visioni, una delle quali era fondata sulla ricerca di prove concrete, e l'altra su un semplice dogma, del tutto privo di fondamenti a sostegno”.
Prima di entrare nel merito del dibattito desidero precisare che questo mio intervento si limita ad indagare sulla proprietà dei termini linguistici adottati dai sostenitori del disegno intelligente senza che, a questo proposito, vi sia stata alcuna osservazione da parte dei sostenitori dell’evoluzionismo.
A mio parere questa vertenza andava risolta innanzitutto sul piano lessicale, ovvero sul significato delle parole. Nel caso che qui interessa, le parole sono quelle che formano la locuzione “disegno intelligente“ e quelle che formano la locuzione “creazionismo scientifico”.
Già la locuzione “disegno intelligente” e, ancor più, la locuzione “creazionismo scientifico”, mette a disagio l’intelletto di una persona di media cultura. Meditando su queste locuzioni, rilevo che in esse vi è un bisticcio semantico che i creazionisti avrebbero dovuto evitare se avessero voluto dare al dibattito carattere scientifico (o teleologico?).
Si capisce facilmente che la parola “disegno” è stata usata dai creazionisti con il significato allegorico della parola “universo”. Se questo era il loro vero intento sarebbe bastato dire che l’universo è stato creato da una intelligenza soprannaturale. Così non avrebbero detto nulla di nuovo che non fosse già condiviso da un qualsiasi credente. Ma, avendo attribuito a quel disegno, trovato in natura, la qualità di “intelligente”, ne è venuto fuori un ossimoro privo di logicità. Insomma un equivoco per cui non si capisce se i creazionisti hanno voluto fare scienza o teologia.
Sebbene l’argomento del dibattito sia antichissimo, non ricordo se filosofi o scienziati, prima del 1987, a cominciare da Aristotele, abbiano mai sostenuto l’esistenza, nel mondo naturale, di una cosa che i creazionisti chiamano “disegno intelligente”.
A sostegno di questa tesi, i creazionisti osservano che la vita che anima il nostro pianeta mostra una tale complessità, organizzazione, e una finalizzazione (si pensi soltanto alla formazione dell’occhio) per cui la sua origine non può essere avvenuta per caso o per una combinazione qualsiasi ma deve avere avuto origine da una intelligenza soprannaturale.
Poiché la complessità sostenuta dai creazionisti è un dato di fatto non contestato dagli evoluzionisti, detta complessità non poteva dare adito a definizioni equivoche. Pertanto la causa della complessità doveva restare designata nel mondo naturale, là dove i creazionisti dicono di averla trovata.
Per chi non lo sapesse la parola “ossimoro” è una figura retorica che consiste nell’accostamento di due parole di significato opposto che si contraddicono.
La parola ossimoro: dal greco ὀξύμωρον (composto da ὀξύς, «acuto» e μωρός, «ottuso») è essa stessa un ossimoro.
Nel caso in esame l’accostamento degli opposti non è casuale ma voluto.
Infatti, sul terreno sempre affollato della teleologia, i promotori della teoria del “disegno intelligente” si distinguono per una novità, che qui di seguito trascrivo da Wikipedia:
“le loro argomentazioni non si basano sulla Genesi né su alcun altro insegnamento religioso e nei loro libri per la scuola non si trova una sola citazione tratta dalla Bibbia“.
Dunque, solo un Dio “disegnatore” che, però, disegna nel mondo naturale. Niente più di tanto?
Ma allora avrebbero dovuto affermare che l’intelligenza era nella natura stessa. Potevano, senza ingenerare equivoci, sostenere il panteismo. Sarebbe bastato condividere il principio “Deus sive natura” (Dio ossia la natura). Mi immagino sorridente e compiaciuto, nella sua tomba, il filosofo panteista Spinoza.
Restando nei limiti della semantica lessicale devo insistere nell’affermare che non esistono cose intelligenti, ma solo persone intelligenti, altrimenti sarebbe corretto dire: casa intelligente, albero intelligente, quadro intelligente e intelligente ogni altra cosa naturale o artificiale che non sia una persona.
Disturba, se possibile, di più il fatto che alcuni sedicenti scienziati abbiano elevato il “disegno intelligente” a “teoria scientifica”.
Dovrebbe essere noto ai sostenitori del disegno intelligente il detto di Aristotele: “verum scire est scire per causas” (la vera conoscenza è la conoscenza attraverso le cause). Infatti, l’ignoranza della causa del fatto osservato fa spesso sorgere nella mente dell’osservatore la credenza in oggetti e fatti, solo immaginati, mai esistiti nella realtà, con tutte le conseguenze negative che sappiamo. Ne è piena la storia dell’umanità dalla sua origine fino ai giorni nostri.
Nel caso che interessa la causa (il disegnatore), che sarebbe all’origine dell’universo e degli esseri viventi, è stata identificata dai creazionisti solo con la parola Dio, senz’altra connotazione, o identificata in esseri alieni, extraterrestri, ufo ecc. Ma, la presa di distanza dal Dio biblico e da altri esseri soprannaturali o extraterrestri, non esenta i creazionisti dal rispetto delle regole.
La scienza è: osservazione, descrizione, spiegazione e sperimentazione. Nelle argomentazioni dei creazionisti non v’è nulla di osservato, descritto spiegato o sperimentato.
Il ricorso dei creazionisti a locuzioni equivoche prova, tutt’al più, la incapacità dell’essere umano e, quindi, della scienza a spiegare le cause della complessità dell’universo e degli esseri viventi.
Comunque, osservo che l'assenza di una spiegazione della causa della complessità del fatto non può portare alla negazione del fatto stesso che comunque, resta di origine naturale.
Tra il serio ed il faceto, rammento inoltre una locuzione che ai suoi tempi, non molto tempo fa, fece discutere e divertire gli ambienti politici e non, inventata dal compianto On. Aldo Moro (ucciso dalle Brigate Rosse) il quale, nel tentativo di trovare un'intesa tra democristiani e comunisti definì quell’intesa “convergenze parallele”.
Il “disegno intelligente” mi ha fatto, poi, immaginare Galileo e Newton, fondatori della scienza moderna i quali, inorriditi, si rivoltano nella tomba nel sentire associata, questa volta, la scienza ad un dio senza nome, non identificato, che non ha una sua storia da raccontare.
Locuzioni del genere ve ne sono tante ed altre se ne possono inventare.
I sostenitori del “creazionismo scientifico“, a sostegno delle loro argomentazioni, si servono di questo ossimoro, come se fosse una scoperta scientifica che, però, non colma, non elimina l’ignoranza del dove, del quando, del come e del perché, ovvero della causa che ha dato origine all’universo e agli esseri viventi.
E così accade che il vuoto dell’ignoranza è colmato da una intelligenza soprannaturale. Un Dio tappa buchi?
Nella storia della dottrina cattolica, il tentativo di unire gli opposti ha illustri predecessori.
Tra gli altri, Nicola Cusano (nato il 1401) teologo, filosofo, matematico, autore dell’opera “De docta ignorantia” (altro ossimoro) nel tentativo di conciliare contrastanti tendenze religiose, definì Dio con la locuzione, rimasta famosa, “coincidentia oppositorum“ ovvero unione degli opposti. Non è servita a dirimere le controversie religiose perché manca la risposta alla domanda: quale Dio, di quale religione?
Qualunque persona, anche se poco acculturata, conosce la distinzione di significato tra “creazione” e “scienza”. La parola creazione è comunemente intesa, da credenti e non credenti, come l’atto col quale Dio ha creato dal nulla tutte le cose. La parola scienza indica, invece, l’attività intellettiva dell’uomo, il quale scopre le cose, le osserva, le descrive, le sperimenta ma non le crea. Si tratta, dunque, di due livelli semantici non correlabili. E così si perpetua l’antico conflitto tra il dogma dato come verità una volta per sempre e le scoperte, in continuo progresso, della scienza.
Onestà intellettuale vorrebbe che la scienza e il soprannaturale rimangano separati essendo incompatibile la loro unione nello stesso contesto scientifico (o teologico?).
Ancora da Wikipedia apprendo che:
“La teoria del “disegno intelligente” dice che “sono necessarie le cause intelligenti per spiegare le strutture complesse e ricche di informazioni della biologia e che queste cause sono empiricamente scopribili”. La stragrande maggioranza dei teorici del “disegno intelligente” è teistica. Essi considerano la comparsa del disegno che pervade il mondo biologico come una prova dell’esistenza di Dio”.
Dunque: i teisti (alias creazionisti credenti) affermano che l’esistenza di Dio è provata dalla scoperta empirica del disegno intelligente.
A questo punto il virtuosismo lessicale dei sostenitori del disegno intelligente, non sembra avere più limiti. Infatti è diventato, a sua volta, un ossimoro riassumibile nella locuzione: “empirismo teistico”, non in antitesi con “creazionismo scientifico”.
Infatti “empirismo” sta a “scientifico” come “teistico” sta a ”creazionismo”. Il conflitto lessicale appare sempre evidente.
Solo per motivo di completezza aggiungo che Wikipedia rammenta che:
“empirismo (dal greco εμπειρια - esperienza) è la corrente filosofica, secondo cui la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall'esperienza". I maggiori esponenti dell'empirismo furono John Locke, George Berkeley e David Hume, ai quali possono essere aggiunti, senza conflitti lessicali, i filosofi Tommaso D’Aquino, Francesco Bacone, Thomas Hobbes e ultimo ma non ultimo lo stesso Aristotele.
Tutto quanto innanzi per spiegare agli empiristi, scopritori del “disegno intelligente”, che la loro scoperta è un “ossimoro”.
Et de hoc satis
Foggia 02.06.2013
Carlo Mangiolfi
P.S. per chi volesse interloquire, l’e-mail è: saveriosavio@yahoo.it
domenica 14 agosto 2011
LA BADANTE
Può accadere a tutti, specie a persone di età avanzata, di trovarsi in condizioni tali da non poter badare a se sessi e, perciò, sono costretti ad affidarsi alle cure di una badante.
E’ accaduto a me che, in fatto di badante, ho sempre espresso il mio grave disagio psichico nel caso mi fossi trovato a dovermi affidare interamente ad una badante.
Poco più di un mese fa fui ricoverato, di urgenza in ospedale, afflitto da gravi dolori alle vie urinarie.
A mia figlia, che mi accompagnò, fu raccomandato, per una più attenta assistenza igienica, che io fossi affidato alle cure di una badante.
Espressi subito la mia contrarietà assicurando che avrei potuto farcela da solo, ma mia figlia insistette e mi presentò una badante che poteva avere la sua stessa età.
Io le chiesi il suo nome e lei mi chiese il mio. Sul momento non ci dicemmo altro
.
Non mi soffermo sui particolari del rapporto avuto con la badante. Dico solo che in un primo momento mi sentii fortemente imbarazzato ad affidarmi interamente alle cure igieniche di una donna.
Nei momenti più imbarazzanti non guardavo. Chiudevo gli occhi e li riaprivo quando non mi sentivo più toccare. Non guardai mai negli occhi della badante se non dopo un po’ di tempo.
Spero, per l’avvenire, che non mi accada di fare la stessa esperienza ma, se mi dovesse accadere di nuovo, non vorrei avere una badante diversa.. Non mi ha fatto sentire la sua presenza e non mi ha dato molta soggezione. E’ stata silenziosa.
I suoi gesti sono stati delicati e leggeri come battiti di ali di un passerotto.
Sul suo viso non ho visto segni di compatimento ma solo sorrisi.
Quando ci lasciammo non la ringraziai abbastanza. Lo faccio ora con questo mio post.
Una esperienza che non dimenticherò.
Ciao, badante !
Può accadere a tutti, specie a persone di età avanzata, di trovarsi in condizioni tali da non poter badare a se sessi e, perciò, sono costretti ad affidarsi alle cure di una badante.
E’ accaduto a me che, in fatto di badante, ho sempre espresso il mio grave disagio psichico nel caso mi fossi trovato a dovermi affidare interamente ad una badante.
Poco più di un mese fa fui ricoverato, di urgenza in ospedale, afflitto da gravi dolori alle vie urinarie.
A mia figlia, che mi accompagnò, fu raccomandato, per una più attenta assistenza igienica, che io fossi affidato alle cure di una badante.
Espressi subito la mia contrarietà assicurando che avrei potuto farcela da solo, ma mia figlia insistette e mi presentò una badante che poteva avere la sua stessa età.
Io le chiesi il suo nome e lei mi chiese il mio. Sul momento non ci dicemmo altro
.
Non mi soffermo sui particolari del rapporto avuto con la badante. Dico solo che in un primo momento mi sentii fortemente imbarazzato ad affidarmi interamente alle cure igieniche di una donna.
Nei momenti più imbarazzanti non guardavo. Chiudevo gli occhi e li riaprivo quando non mi sentivo più toccare. Non guardai mai negli occhi della badante se non dopo un po’ di tempo.
Spero, per l’avvenire, che non mi accada di fare la stessa esperienza ma, se mi dovesse accadere di nuovo, non vorrei avere una badante diversa.. Non mi ha fatto sentire la sua presenza e non mi ha dato molta soggezione. E’ stata silenziosa.
I suoi gesti sono stati delicati e leggeri come battiti di ali di un passerotto.
Sul suo viso non ho visto segni di compatimento ma solo sorrisi.
Quando ci lasciammo non la ringraziai abbastanza. Lo faccio ora con questo mio post.
Una esperienza che non dimenticherò.
Ciao, badante !
martedì 2 agosto 2011
IL LIBERO ARB ITRIO, UN’ILLUSIONE ?
E’ il titolo del mio saggio che l’editore “Altro Mondo” ha pubblicato proprio in questi giorni.
Mi avrebbe fatto piacere, come precedentemente concordato, che l’editore, in quarta di copertina, pubblicasse la mia nota biografica così come io l’avevo redatta ed inviata,
Senza alcuna spiegazione, la nota biografica risulta stampata in quarta di copertina ma ridotta ad appena otto righe e mezza.
Poiché non intendo tenermela nel cassetto, la pubblico, ora, nel mio blog “ il Paiolo bucato” così come l’ho ideata e come ancora oggi mi diverto a rileggere
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
“ Per un autore esordiente pare doveroso presentarsi al pubblico dei lettori con qualche informazione su di sé,
Io ne avrei fatto volentieri a meno, ma l’Editore, per questo adempimento, mi ha chiesto di scrivere almeno trenta righe.
Inizio subito col riferire che la mia data di nascita risale al 22.01.1922.
Si, ho proprio l’età di quasi novant’anni.
Giunto a questo punto, già immagino la ironica espressione -“ Bah, chi sarà mai costui???”- di un ipotetico lettore che, recatosi in libreria, sembra piuttosto indeciso se acquistare un libretto di poco peso, dal titolo un po’ saccente, di un autore che si dice essere esordiente e, per giunta, novantenne.
Superato questo non bene augurante preambolo, chiedo all’ipotetico lettore di avere un po’ di pazienza e di seguirmi.
Sono nato a San Severo, un paese agricolo in provincia di Foggia.
Il 12 luglio 1947 ho conseguito la laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Bari.
Successivamente, nel 1951, ottenuta l’abilitazione alla professione forense, mi sono trasferito a Foggia dove ho esercitato l’attività professionale di avvocato civilista fino al 2008, quando sono andato in pensione.
Le vertenze giudiziarie, prevalentemente a contenuto economico, mi hanno offerto poche occasioni di divertimento intellettuale che valga la pena di raccontare.
La condizione di pensionato mi è andata subito un po’ stretta e così ho cominciato a navigare e scrivere in internet.
Il divertimento intellettuale di scrivere e pubblicare liberamente è stato pieno.
Le mie tendenze culturali si rilevano agevolmente dal mio saggio che “Altro Mondo Editore” mi fa l’onore di pubblicare.
Il lettore che vorrà sapere di più su di me potrà soddisfare la sua curiosità leggendo i post che ho pubblicato nel blog “Il paiolo bucato blog” attirandomi antipatie e dissensi, già dati per scontati.
Se mi si offre l’occasione pubblicherò dell’altro.
e-mail: saveriosavio@yahoo.it
Mi piacerebbe leggere un commento
E’ il titolo del mio saggio che l’editore “Altro Mondo” ha pubblicato proprio in questi giorni.
Mi avrebbe fatto piacere, come precedentemente concordato, che l’editore, in quarta di copertina, pubblicasse la mia nota biografica così come io l’avevo redatta ed inviata,
Senza alcuna spiegazione, la nota biografica risulta stampata in quarta di copertina ma ridotta ad appena otto righe e mezza.
Poiché non intendo tenermela nel cassetto, la pubblico, ora, nel mio blog “ il Paiolo bucato” così come l’ho ideata e come ancora oggi mi diverto a rileggere
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
“ Per un autore esordiente pare doveroso presentarsi al pubblico dei lettori con qualche informazione su di sé,
Io ne avrei fatto volentieri a meno, ma l’Editore, per questo adempimento, mi ha chiesto di scrivere almeno trenta righe.
Inizio subito col riferire che la mia data di nascita risale al 22.01.1922.
Si, ho proprio l’età di quasi novant’anni.
Giunto a questo punto, già immagino la ironica espressione -“ Bah, chi sarà mai costui???”- di un ipotetico lettore che, recatosi in libreria, sembra piuttosto indeciso se acquistare un libretto di poco peso, dal titolo un po’ saccente, di un autore che si dice essere esordiente e, per giunta, novantenne.
Superato questo non bene augurante preambolo, chiedo all’ipotetico lettore di avere un po’ di pazienza e di seguirmi.
Sono nato a San Severo, un paese agricolo in provincia di Foggia.
Il 12 luglio 1947 ho conseguito la laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Bari.
Successivamente, nel 1951, ottenuta l’abilitazione alla professione forense, mi sono trasferito a Foggia dove ho esercitato l’attività professionale di avvocato civilista fino al 2008, quando sono andato in pensione.
Le vertenze giudiziarie, prevalentemente a contenuto economico, mi hanno offerto poche occasioni di divertimento intellettuale che valga la pena di raccontare.
La condizione di pensionato mi è andata subito un po’ stretta e così ho cominciato a navigare e scrivere in internet.
Il divertimento intellettuale di scrivere e pubblicare liberamente è stato pieno.
Le mie tendenze culturali si rilevano agevolmente dal mio saggio che “Altro Mondo Editore” mi fa l’onore di pubblicare.
Il lettore che vorrà sapere di più su di me potrà soddisfare la sua curiosità leggendo i post che ho pubblicato nel blog “Il paiolo bucato blog” attirandomi antipatie e dissensi, già dati per scontati.
Se mi si offre l’occasione pubblicherò dell’altro.
e-mail: saveriosavio@yahoo.it
Mi piacerebbe leggere un commento
sabato 28 marzo 2009
LA VITA E' VERAMENTE UN DONO DI DIO ?
LA VITA E' VERAMENTE UN DONO DI DIO ?
Ho seguito alla radio, alla televisione, su giornali e riviste le infelici vicende di Piérgiorgio Welby e quelle recentissime di Eluana Englaro, riguardanti il molto discusso testamento biologico e l'eutanasia.
Da ultimo, in internet, mi sono imbattuto in un articolo religiosamente intricante, così intitolato:
" La vita è un dono di Dio e come tale deve essere rispettato fino alla fine; ma come è possibile crederci ? "
Se alla frase sopra riportata togliamo la parte interrogativa la si può assumere come una affermazione dogmatica della dottrina della chiesa cattolica sull'argomento riguardante il così detto dono della vita.
L'autore dell'articolo, dopo un elenco di traumatiche sofferenze chiede ":....dove sta
il DONO della vita ? Dio sceglie di darci il "dono" delle malattie terminali, delle sofferenze più atroci, però non solo dobbiamo continuare a pensare a questo come ad un REGALO, egli ci toglie la libertà di scegliere la via del suicidio evitando almeno ulteriori sofferenze."
Recentemente il Papa Benedetto XVI, insistendo sull'argomento del dono, ha detto:
" La vita è un dono da custodire"
Andando alla radice del problema e cioè all'origine della vita così come è narrata nelle sacre scritture intendo provare che la vita, concessa da Dio all'uomo, non può considerarsi un dono. Tutt'altro.
Questo mio assunto si fonda sulla interpretazione letterale delle sacre scritture e da ciò che dalle stesse è possibile dedurre secondo logica e buon senso
Parto dal presupposto, condiviso dalla stessa chiesa cattolica, che Dio creò dal nulla tutte le cose e perciò osservo, in primis, che quale che sia l'oggetto della donazione questa presuppone l'esistenza di due soggetti: il donante ed il donatario.
Al momento in cui Dio progettò di creare l'uomo, cioè il destinatario del dono, , l'uomo stesso non esisteva . Accadde così che, al momento della creazione dell'uomo, Dio creò, nello stesso tempo, il dono ed il donatario.
A parte questa sottigliezza di non poco conto, ad Adamo non fu data la possibilità di accettare o rifiutare il dono, come si conviene tra due persone rispettose l'una dell'altra, ciò anche in vista del futuro comando di Dio al quale l'uomo avrebbe dovuto obbedire.
Ed, infatti, Dio, sic et sempliciter, ordinò ad Adamo: " Mangia di tutte le piante del paradiso, ma del frutto dell'albero della scienza del bene e del male non mangiarne imperocchè in qualunque giorno tu ne mangerai, indubbiamente morirai (Genesi 18,19).-
Riguardo a questo comando, è da escludere, secondo le sacre scritture, che Adamo, dopo la sua creazione avesse avuta qualche esperienza di morte naturale o violenta accaduta ad un qualunque animale vivente nel giardino terrestre .
Secondo me, anche per le ragioni che dirò in appresso, Dio decise soltanto di creare un servo ubbidiente ed ignorante.
Incidentalmente osservo che tutte le religioni, in particolare in quelle monoteistiche
il rapporto tra la creatura ed il creatore si fonda sulla assoluta, incondizionata obbedienza della creatura verso il creatore.
Infatti Adamo secondo il comando ricevuto da Dio, doveva astenersi dal mangiare il frutto proibito.
Il dono, dunque, Dio lo fece a se stesso - Diversamente, Dio quale motivo poteva avere per la creazione dell'intero universo, compreso l'uomo, se non quello di compiacere solo se stesso.?
Dalla narrazione biblica risulta che l'albero del bene e del male era preesistente alla creazione dell'uomo e vi era stato impiantato nel bel mezzo del paradiso terrestre da Dio stesso.
Ad un essere umano non sarebbe mai venuto in mente di fare una cosa così avventata e pericolosa. Appariva fin troppo evidente che Dio volesse indurre in tentazione Adamo. Questo mi fa venire in mente le parole:"non ci indurre in tentazione" contenute nella preghiera "Il padre nostro " –
Osservo che a Dio non era bastato l'errore già commesso, cioè quello di aver creato angeli che, per superbia, si ribellarono alla sua autorità. –
In mancanza di altro motivo deducibile dalle sacre scritture, suppongo che Dio volesse provare a Satana che l'uomo, creato per ultimo, anche se indotto in tentazione, sarebbe risultato migliore di un angelo.
Sappiamo come finì la sfida. Satana nel giardino terrestre, sotto le mentite vesti del serpente parlante, insidiò e corruppe Eva la quale, a sua volta, corruppe Adamo ed entrambi mangiarono il frutto proibito.
Racconti del genere, se letti in un contesto religioso pagano, potevano apparire sensati oltreché divertenti, considerato che gli dei dell'Olimpo, tra gelosie e vendette, si comportavano come esseri umani, capaci di farsi dispetti l'un l'altro, ma, detti racconti, riportati come testi sacri nell'ambito di una religione monoteistica come quella ebraica, dove Dio è tutto, non ci fanno una bella figura.
Molto tempo dopo i fatti accaduti nel giardino terrestre, ritroviamo Satana (altrimenti chiamato Lucifero il più bello ed il più intelligente degli angeli ribelli) come un assiduo ed ascoltato frequentatore della corte celeste.(Genesi 7. 8
E' scritto: "Or un dato giorno essendo venuti i figli di Dio per instare avanti il Signore, vi si trovò con essi anche Satana . E il Signore disse a lui : Donde vieni ? E quegli rispose: Ho fatto il giro della terra è l'ho scorsa." (il libro di Giobbe 5,7
Ciò che segue di quel discorso è una sciocca ed atroce scommessa fatta da Satana con Dio per dimostrare che Giobbe, già riconosciuto timoroso e rispettoso di Dio, non lo era secondo le malevoli affermazioni di Satana. Fu così che Dio. per provare che Giobbe gli sarebbe stato rispettoso qualunque guaio gli accadesse, concesse a Satana il permesso di infliggere a Giobbe tutta una serie di sofferenze fisiche e morali per istigare Giobbe a imprecare contro Dio. – Giobbe, sempre rispettoso e timoroso di Dio, insistette a lungo per avere ragione di tutte le sofferenze che, senza sua colpa, stava patendo-
Ricorrendo ad un aneddoto dei tempi nostri, oso dire che Dio, ad un certo punto, seccato dalle continue richieste di giustizia che Giobbe andava facendo in giro, si presentò a Giobbe e, (come quel Sindaco di città colto in flagranza di contravvenzione stradale da un vigile osservante della legge) gli disse "TU NON SAI CHI SONO IO " Così come, lungamente raccontata nelle sacre scritture, quella di Dio fu una miserevole esternazione di arroganza di un essere strapotente che non deve dar conto a nessuno del suo arbitrio.
Dopo aver letto la Genesi è lecito dedurre che l'autore del testo sacro, lungi dall'essere stato ispirato da Dio, abbia, invece, raccolto e messo assieme confusamente molti fatti ridicoli e crudeli di altre credenze religiose di epoche anteriori (es. l'epopea di Gilgamesh) - Nulla che attesti lontanamente dell'esistenza di un unico Dio creatore, giusto ed onnisciente.
Qualche sapiente osserva che la condanna a morte di Adamo fu, comunque, la giusta punizione che Adamo meritò per aver disubbidito a Dio per aver mangiato il frutto proibito. –A tutto concedere, osservo che Dio andò ben oltre la condanna a morte del solo Adamo.
Dio rivolgendosi ad Adamo maledisse anche la terra sentenziando. " .......maledetta la terra per quello che tu hai fatto; da lei trarrai con grandi fatiche per tutti i giorni della tua vita. Ella produrrà per te spine e triboli e mangerai l'erba della terra."(Genesi 17, 18) Non solo.
Ma il più grave errore commesso da Dio sta nel fatto che Egli non eliminò, come minacciato, immediatamente l'autore e le conseguenze del peccato.- Infatti non eliminò la scienza del bene e del male, scienza che, invece fu ereditata dai discendenti di Adamo (La mala erba deve essere subito estirpata) - Qui, non solo la giustizia, ma anche la sapienza di Dio ne esce molto male.
Non parliamo poi delle malattie, delle pestilenze e delle catastrofi naturali che affliggono l'umanità.
La fede è definita dal doctor angelicus San Tommaso "sostanza di cose sperate e argomento delle cose invisibili", ma anche la fede deve avere un senso e conclusioni logiche tratte dai fatti narrati nelle sacre scritture. - Insomma, le premesse dogmatiche assunte sembrano chiaramente smentite da conclusioni discordanti con le premesse,
Tra l'altro, se Adamo avesse obbedito al divieto (fino a quando ?) di che cosa parleremmo ora? Non potremmo neppure parlare dell'insipienza di Adamo che, così come era stato destinato dal divieto, non avrebbe mai conosciuto Eva che Adamo "CONOBBE" solo dopo aver mangiato il frutto proibito (Genesi Capo IV).
Non c'è bisogno di molta fantasia per capire il significato delle parole "Adamo conobbe Eva". specie se da quella conoscenza necessaria (il rapporto sessuale) nacquero Caino ed Abele.
A questo punto mi chiedo: quale fu il vero peccato di Adamo ? La sola disubbidienza. per aver mangiato il frutto proibito ? O, invece, l'aver avuto scienza del bene e del male ? - Si badi bene non la sola scienza del male ma anche la scienza del bene. Sono forse le due facce della stessa medaglia ? - Quale medaglia ?
Qualcuno potrebbe dare una sensata risposta ?
A voler tutto concedere, compresi anche gli eventuali errori commessi da Dio, - errori di cui Dio stesso ebbe a pentirsi - a Dio onnipotente sarebbe bastato un solo schiocco di diti per distruggere il malfatto (cominciando da Satana) e rifare tutto daccapo.
Chi se ne sarebbe accorto ?.
Se all'uomo è dato di concepire un mondo migliore, a Dio, molto più intelligente,. dovrebbe essere più facile concepirlo e crearlo migliore.
E allora !?: Dio può ma non vuole, oppure Dio vuole ma non può. In entrambi i casi ci rimette.
A questo punto le conclusioni che mi sento di fare sono:
a) non esiste un Dio creatore così come descritto nelle sacre scritture, le quali altro non sono, che un vano tentativo dell'uomo di inventarsi un Dio del quale ingraziarsi la benevolenza per salvarsi dalla morte, dando tutta la colpa del male all'uomo.
b) se Dio esiste. il meglio che si possa fare è NON parlarne affatto.
Sennonché l'istinto di conservazione ed il desiderio dell'uomo di perpetuare la sua esistenza oltre la morte. fa si che egli cerchi un salvatore. Ed ecco, allora, sorgere una miriade di salvatori.
Salvatrice per eccellenza ed esclusiva interprete delle sacre scritture si è autoproclamata la chiesa cattolica in numerosi e burrascosi concili, nelle numerose encicliche papali e nella proclamazione di numerosi dogmi.
Gli ultimi due dogmi: la immacolata concezione (1854) e l'infallibilità del Papa (1870) sono stati proclamati dall'ultimo Papa Re, Pio IX, (beatificato) firmatario delle condanne a morte di Monti e Tognettl
In verità, in due millenni di storia le chiese cristiane, di più la chiesa cattolica, si sono rese responsabili di numerose atrocità. - Si pensi soltanto alle crociate al grido del Papa Urbano II "Dio lo vuole"; alle guerre tra gli stessi cristiani, alla santa inquisizione, alla persecuzione degli ebrei, etc etc,.)
Ma, davvero la vita è un dono di Dio, così come descritto nelle sacre scritture ?
La chiesa cattolica insiste:_
Extra ecclesiam nulla salus (fuori dalla chiesa nessuna salvezza)t
Siete avvertiti
Ho seguito alla radio, alla televisione, su giornali e riviste le infelici vicende di Piérgiorgio Welby e quelle recentissime di Eluana Englaro, riguardanti il molto discusso testamento biologico e l'eutanasia.
Da ultimo, in internet, mi sono imbattuto in un articolo religiosamente intricante, così intitolato:
" La vita è un dono di Dio e come tale deve essere rispettato fino alla fine; ma come è possibile crederci ? "
Se alla frase sopra riportata togliamo la parte interrogativa la si può assumere come una affermazione dogmatica della dottrina della chiesa cattolica sull'argomento riguardante il così detto dono della vita.
L'autore dell'articolo, dopo un elenco di traumatiche sofferenze chiede ":....dove sta
il DONO della vita ? Dio sceglie di darci il "dono" delle malattie terminali, delle sofferenze più atroci, però non solo dobbiamo continuare a pensare a questo come ad un REGALO, egli ci toglie la libertà di scegliere la via del suicidio evitando almeno ulteriori sofferenze."
Recentemente il Papa Benedetto XVI, insistendo sull'argomento del dono, ha detto:
" La vita è un dono da custodire"
Andando alla radice del problema e cioè all'origine della vita così come è narrata nelle sacre scritture intendo provare che la vita, concessa da Dio all'uomo, non può considerarsi un dono. Tutt'altro.
Questo mio assunto si fonda sulla interpretazione letterale delle sacre scritture e da ciò che dalle stesse è possibile dedurre secondo logica e buon senso
Parto dal presupposto, condiviso dalla stessa chiesa cattolica, che Dio creò dal nulla tutte le cose e perciò osservo, in primis, che quale che sia l'oggetto della donazione questa presuppone l'esistenza di due soggetti: il donante ed il donatario.
Al momento in cui Dio progettò di creare l'uomo, cioè il destinatario del dono, , l'uomo stesso non esisteva . Accadde così che, al momento della creazione dell'uomo, Dio creò, nello stesso tempo, il dono ed il donatario.
A parte questa sottigliezza di non poco conto, ad Adamo non fu data la possibilità di accettare o rifiutare il dono, come si conviene tra due persone rispettose l'una dell'altra, ciò anche in vista del futuro comando di Dio al quale l'uomo avrebbe dovuto obbedire.
Ed, infatti, Dio, sic et sempliciter, ordinò ad Adamo: " Mangia di tutte le piante del paradiso, ma del frutto dell'albero della scienza del bene e del male non mangiarne imperocchè in qualunque giorno tu ne mangerai, indubbiamente morirai (Genesi 18,19).-
Riguardo a questo comando, è da escludere, secondo le sacre scritture, che Adamo, dopo la sua creazione avesse avuta qualche esperienza di morte naturale o violenta accaduta ad un qualunque animale vivente nel giardino terrestre .
Secondo me, anche per le ragioni che dirò in appresso, Dio decise soltanto di creare un servo ubbidiente ed ignorante.
Incidentalmente osservo che tutte le religioni, in particolare in quelle monoteistiche
il rapporto tra la creatura ed il creatore si fonda sulla assoluta, incondizionata obbedienza della creatura verso il creatore.
Infatti Adamo secondo il comando ricevuto da Dio, doveva astenersi dal mangiare il frutto proibito.
Il dono, dunque, Dio lo fece a se stesso - Diversamente, Dio quale motivo poteva avere per la creazione dell'intero universo, compreso l'uomo, se non quello di compiacere solo se stesso.?
Dalla narrazione biblica risulta che l'albero del bene e del male era preesistente alla creazione dell'uomo e vi era stato impiantato nel bel mezzo del paradiso terrestre da Dio stesso.
Ad un essere umano non sarebbe mai venuto in mente di fare una cosa così avventata e pericolosa. Appariva fin troppo evidente che Dio volesse indurre in tentazione Adamo. Questo mi fa venire in mente le parole:"non ci indurre in tentazione" contenute nella preghiera "Il padre nostro " –
Osservo che a Dio non era bastato l'errore già commesso, cioè quello di aver creato angeli che, per superbia, si ribellarono alla sua autorità. –
In mancanza di altro motivo deducibile dalle sacre scritture, suppongo che Dio volesse provare a Satana che l'uomo, creato per ultimo, anche se indotto in tentazione, sarebbe risultato migliore di un angelo.
Sappiamo come finì la sfida. Satana nel giardino terrestre, sotto le mentite vesti del serpente parlante, insidiò e corruppe Eva la quale, a sua volta, corruppe Adamo ed entrambi mangiarono il frutto proibito.
Racconti del genere, se letti in un contesto religioso pagano, potevano apparire sensati oltreché divertenti, considerato che gli dei dell'Olimpo, tra gelosie e vendette, si comportavano come esseri umani, capaci di farsi dispetti l'un l'altro, ma, detti racconti, riportati come testi sacri nell'ambito di una religione monoteistica come quella ebraica, dove Dio è tutto, non ci fanno una bella figura.
Molto tempo dopo i fatti accaduti nel giardino terrestre, ritroviamo Satana (altrimenti chiamato Lucifero il più bello ed il più intelligente degli angeli ribelli) come un assiduo ed ascoltato frequentatore della corte celeste.(Genesi 7. 8
E' scritto: "Or un dato giorno essendo venuti i figli di Dio per instare avanti il Signore, vi si trovò con essi anche Satana . E il Signore disse a lui : Donde vieni ? E quegli rispose: Ho fatto il giro della terra è l'ho scorsa." (il libro di Giobbe 5,7
Ciò che segue di quel discorso è una sciocca ed atroce scommessa fatta da Satana con Dio per dimostrare che Giobbe, già riconosciuto timoroso e rispettoso di Dio, non lo era secondo le malevoli affermazioni di Satana. Fu così che Dio. per provare che Giobbe gli sarebbe stato rispettoso qualunque guaio gli accadesse, concesse a Satana il permesso di infliggere a Giobbe tutta una serie di sofferenze fisiche e morali per istigare Giobbe a imprecare contro Dio. – Giobbe, sempre rispettoso e timoroso di Dio, insistette a lungo per avere ragione di tutte le sofferenze che, senza sua colpa, stava patendo-
Ricorrendo ad un aneddoto dei tempi nostri, oso dire che Dio, ad un certo punto, seccato dalle continue richieste di giustizia che Giobbe andava facendo in giro, si presentò a Giobbe e, (come quel Sindaco di città colto in flagranza di contravvenzione stradale da un vigile osservante della legge) gli disse "TU NON SAI CHI SONO IO " Così come, lungamente raccontata nelle sacre scritture, quella di Dio fu una miserevole esternazione di arroganza di un essere strapotente che non deve dar conto a nessuno del suo arbitrio.
Dopo aver letto la Genesi è lecito dedurre che l'autore del testo sacro, lungi dall'essere stato ispirato da Dio, abbia, invece, raccolto e messo assieme confusamente molti fatti ridicoli e crudeli di altre credenze religiose di epoche anteriori (es. l'epopea di Gilgamesh) - Nulla che attesti lontanamente dell'esistenza di un unico Dio creatore, giusto ed onnisciente.
Qualche sapiente osserva che la condanna a morte di Adamo fu, comunque, la giusta punizione che Adamo meritò per aver disubbidito a Dio per aver mangiato il frutto proibito. –A tutto concedere, osservo che Dio andò ben oltre la condanna a morte del solo Adamo.
Dio rivolgendosi ad Adamo maledisse anche la terra sentenziando. " .......maledetta la terra per quello che tu hai fatto; da lei trarrai con grandi fatiche per tutti i giorni della tua vita. Ella produrrà per te spine e triboli e mangerai l'erba della terra."(Genesi 17, 18) Non solo.
Ma il più grave errore commesso da Dio sta nel fatto che Egli non eliminò, come minacciato, immediatamente l'autore e le conseguenze del peccato.- Infatti non eliminò la scienza del bene e del male, scienza che, invece fu ereditata dai discendenti di Adamo (La mala erba deve essere subito estirpata) - Qui, non solo la giustizia, ma anche la sapienza di Dio ne esce molto male.
Non parliamo poi delle malattie, delle pestilenze e delle catastrofi naturali che affliggono l'umanità.
La fede è definita dal doctor angelicus San Tommaso "sostanza di cose sperate e argomento delle cose invisibili", ma anche la fede deve avere un senso e conclusioni logiche tratte dai fatti narrati nelle sacre scritture. - Insomma, le premesse dogmatiche assunte sembrano chiaramente smentite da conclusioni discordanti con le premesse,
Tra l'altro, se Adamo avesse obbedito al divieto (fino a quando ?) di che cosa parleremmo ora? Non potremmo neppure parlare dell'insipienza di Adamo che, così come era stato destinato dal divieto, non avrebbe mai conosciuto Eva che Adamo "CONOBBE" solo dopo aver mangiato il frutto proibito (Genesi Capo IV).
Non c'è bisogno di molta fantasia per capire il significato delle parole "Adamo conobbe Eva". specie se da quella conoscenza necessaria (il rapporto sessuale) nacquero Caino ed Abele.
A questo punto mi chiedo: quale fu il vero peccato di Adamo ? La sola disubbidienza. per aver mangiato il frutto proibito ? O, invece, l'aver avuto scienza del bene e del male ? - Si badi bene non la sola scienza del male ma anche la scienza del bene. Sono forse le due facce della stessa medaglia ? - Quale medaglia ?
Qualcuno potrebbe dare una sensata risposta ?
A voler tutto concedere, compresi anche gli eventuali errori commessi da Dio, - errori di cui Dio stesso ebbe a pentirsi - a Dio onnipotente sarebbe bastato un solo schiocco di diti per distruggere il malfatto (cominciando da Satana) e rifare tutto daccapo.
Chi se ne sarebbe accorto ?.
Se all'uomo è dato di concepire un mondo migliore, a Dio, molto più intelligente,. dovrebbe essere più facile concepirlo e crearlo migliore.
E allora !?: Dio può ma non vuole, oppure Dio vuole ma non può. In entrambi i casi ci rimette.
A questo punto le conclusioni che mi sento di fare sono:
a) non esiste un Dio creatore così come descritto nelle sacre scritture, le quali altro non sono, che un vano tentativo dell'uomo di inventarsi un Dio del quale ingraziarsi la benevolenza per salvarsi dalla morte, dando tutta la colpa del male all'uomo.
b) se Dio esiste. il meglio che si possa fare è NON parlarne affatto.
Sennonché l'istinto di conservazione ed il desiderio dell'uomo di perpetuare la sua esistenza oltre la morte. fa si che egli cerchi un salvatore. Ed ecco, allora, sorgere una miriade di salvatori.
Salvatrice per eccellenza ed esclusiva interprete delle sacre scritture si è autoproclamata la chiesa cattolica in numerosi e burrascosi concili, nelle numerose encicliche papali e nella proclamazione di numerosi dogmi.
Gli ultimi due dogmi: la immacolata concezione (1854) e l'infallibilità del Papa (1870) sono stati proclamati dall'ultimo Papa Re, Pio IX, (beatificato) firmatario delle condanne a morte di Monti e Tognettl
In verità, in due millenni di storia le chiese cristiane, di più la chiesa cattolica, si sono rese responsabili di numerose atrocità. - Si pensi soltanto alle crociate al grido del Papa Urbano II "Dio lo vuole"; alle guerre tra gli stessi cristiani, alla santa inquisizione, alla persecuzione degli ebrei, etc etc,.)
Ma, davvero la vita è un dono di Dio, così come descritto nelle sacre scritture ?
La chiesa cattolica insiste:_
Extra ecclesiam nulla salus (fuori dalla chiesa nessuna salvezza)t
Siete avvertiti
lunedì 29 dicembre 2008
LA LUNGA ATTESA
( le cianfrusaglie )
Nella piazzetta del mercato arabo c'è Alì con il suo carrettino carico di lustre cianfrusaglie.
Una ragazza si ferma a curiosare.
Ad Alì piacerebbe parlare con quella ragazza e le dice: "ci sono anche oggetti per farti sognare".
"Sognare? Cosa?" chiede, curiosa, la ragazza.
"Quello che desideri", risponde Alì.
"Davvero? Che cosa mi consigliate?" chiede la ragazza.
"Credo di sapere cosa va bene per te".
E così dicendo, Alì prende dal carrettino un pupazzo snodabile di legno dall'aspetto accattivante, con un vestitino da clown bianco e scarpine e cappellino di colore rosso e, mostrandolo alla ragazza, le dice: "Questo pupazzo sembra che stesse aspettando proprio te; quando ti sei avvicinata mi è parso che ti stesse facendo una strizzatina d'occhi, vedi sembra che ti stia dicendo "prendimi".
"Questa sera" prosegue Alì "tienilo vicino a te e prima di addormentarti digli piano: "fammi sognare", lui ti farà sognare quello che vuoi."
La ragazza, un po' emozionata, esclama. "Mamma mia, lo dite come se fosse vero! Voi ci credete proprio a queste cose."
Ad Alì quella ragazza fa simpatia.
A bassa voce, come se stesse confidando un segreto, Alì le sussurra all'orecchio: "Certe cose si avverano solo se uno ci crede veramente. Io lo so perché è già accaduto" e...... le racconta una favola.
"Questo pupazzo vedrai ti farà sognare, può darsi che il tuo sogno si avveri, non buttarlo via, non chiuderlo in un cassetto, prenditi cura di lui, non sciupargli il vestitino, le scarpine ed il cappellino, non raccontare a nessuno i tuoi sogni.
Ecco, prendilo, è tuo, te lo regalo".
La ragazza prende il pupazzo e lo osserva sorridendo poi, volgendosi ad Alì, gli dice: "Grazie siete molto gentile. Sono sicura che questo pupazzo mi farà sognare e mi porterà fortuna, lo terrò sempre con me, mi ricorderò di voi".
Gli sorride e si allontana facendogli "ciao" con la mano.
Alì è contento. Gli è piaciuto raccontare una favola. Gli viene spontaneo, soprattutto con una persona che gli fa simpatia e disposta ad ascoltarlo.
Può darsi che quella ragazza sogni ciò che desidera.
Alì non ci ha guadagnato niente. Gli è bastato il sorriso e la contentezza di quella ragazza.
Chi è Alì? Cosa cerca?
Alì è un venditore di sogni. E' egli stesso un sognatore.
La solitudine non gli pesa molto. Gli fanno compagnia i suoi pensieri.
A volte, però, si fa acuto il bisogno di parlare a qualcuno, come a quella ragazza.
Non gli accade spesso.
La gente ha sempre fretta, qualche parola, uno sguardo frettoloso e via, non ha tempo per i sentimenti. I sorrisi ipocriti si sprecano.
Poiché la realtà che vede attorno a sé non gli piace, Alì si rifugia volentieri nei sogni e nelle favole. Se le inventa, dà voce ai personaggi parlando con se stesso prima di addormentarsi.
E' da parecchio tempo che Alì si ferma a quella piazzetta dove sorge un grande antico palazzo con tante finestre tutte chiuse da persiane.
Un mattino di primavera, una di quelle persiane si apre ed appare una giovane donna, bellissima, che guarda giù nella piazzetta del mercato. Un filo di perle le cinge la fronte. - Il suo sguardo è attratto dal luccichio degli oggetti esposti sul carrettino di Alì.
Alì si accorge della giovane donna e pensa: "da quel palazzo non poteva che affacciarsi una principessa. Proprio come in una favola di Le mille ed una notte "
Le fa un sorriso ed un rispettoso inchino e, con le mani aperte e protese verso il suo carrettino, le fa cenno per dirle: "questo è tutto ciò che ho, vieni a prendere quello che vuoi."
Nei giorni seguenti la giovane donna si affaccia ancora a quella finestra.
Alì continua a sorriderle cercando, discretamente, di attirare la sua attenzione.
Alì ritorna in quella piazzetta tutti i giorni seguenti per rivedere quella che nella sua fantasia è "la sua principessa".
Il fatto si ripete come in una favola.
Succede che la giovane donna non si affaccia più a quella finestra che rimane sempre chiusa. Forse un severo divieto impedisce alla donna di affacciarsi.
Ora, sono passati parecchi anni.
Alì aveva conosciuto quella donna e se ne era innamorato quando lui era già un po' avanti negli anni.
Peccato non averla conosciuta tanti anni prima. Chissà! Forse!
Ma tanti anni prima la principessa non era ancora nata. E' tristezza!!
Il tempo passa e le ragazze si fermano ancora a curiosare presso il carrettino dei sogni.
Alì continua a dar voce ai suoi pupazzi colorati per stimolare le fantasie delle ragazze.
In certi momenti Alì immagina che la "sua principessa", non vista, lo stia guardando attraverso le stecche di legno della persiana. Vorrebbe magicamente scivolare in un sogno e diventare il personaggio di una favola dove lui, giovane principe, incontra la "sua principessa", per amarla e per raccontare, lui a lei, tante belle favole, come Shaharazad ne "Le mille e un notte".
L'attesa di rivedere la sua principessa si fa sempre più lunga e penosa.
Già, da qualche tempo, un pensiero insistente si affaccia alla mente di Alì.
Alì sente che gli resta poco da vivere. E' stanco e triste.
Vuole finire al suo paese natio i giorni che gli restano..
E' giunto il momento di dire addio a tutto e a tutti.
Desidera che la sua principessa si affacci ancora per una volta sola, lo saluti e gli faccia segno di aver capito il sentimento di lui. Ed Alì, indicando Lei, se stesso ed il cielo, le direbbe: addio, me ne vado ma ti aspetto lassù dove tutti i sogni si avverano.
E' autunno. Il giorno volge al tramonto.
L'ombra del grande palazzo già si allunga sulla piazzetta.
Tra poco quell'ombra coprirà il carrettino spegnendo il luccichio di quelle misere cianfrusaglie.
Alì, in segno di addio, propende le braccia verso quella chiusa finestra e verso il cielo. Poi, curvo, spinge avanti a se il carrettino e va via dalla piazzetta, mentre il sole tramonta dietro il grande palazzo.
Tra le stecche di legno di quella chiusa persiana lo segue lo sguardo di due occhi che piangono.
finito di scrivere il 18.11.08
Pubblicato da saveriosavio@yahoo.it
( le cianfrusaglie )
Nella piazzetta del mercato arabo c'è Alì con il suo carrettino carico di lustre cianfrusaglie.
Una ragazza si ferma a curiosare.
Ad Alì piacerebbe parlare con quella ragazza e le dice: "ci sono anche oggetti per farti sognare".
"Sognare? Cosa?" chiede, curiosa, la ragazza.
"Quello che desideri", risponde Alì.
"Davvero? Che cosa mi consigliate?" chiede la ragazza.
"Credo di sapere cosa va bene per te".
E così dicendo, Alì prende dal carrettino un pupazzo snodabile di legno dall'aspetto accattivante, con un vestitino da clown bianco e scarpine e cappellino di colore rosso e, mostrandolo alla ragazza, le dice: "Questo pupazzo sembra che stesse aspettando proprio te; quando ti sei avvicinata mi è parso che ti stesse facendo una strizzatina d'occhi, vedi sembra che ti stia dicendo "prendimi".
"Questa sera" prosegue Alì "tienilo vicino a te e prima di addormentarti digli piano: "fammi sognare", lui ti farà sognare quello che vuoi."
La ragazza, un po' emozionata, esclama. "Mamma mia, lo dite come se fosse vero! Voi ci credete proprio a queste cose."
Ad Alì quella ragazza fa simpatia.
A bassa voce, come se stesse confidando un segreto, Alì le sussurra all'orecchio: "Certe cose si avverano solo se uno ci crede veramente. Io lo so perché è già accaduto" e...... le racconta una favola.
"Questo pupazzo vedrai ti farà sognare, può darsi che il tuo sogno si avveri, non buttarlo via, non chiuderlo in un cassetto, prenditi cura di lui, non sciupargli il vestitino, le scarpine ed il cappellino, non raccontare a nessuno i tuoi sogni.
Ecco, prendilo, è tuo, te lo regalo".
La ragazza prende il pupazzo e lo osserva sorridendo poi, volgendosi ad Alì, gli dice: "Grazie siete molto gentile. Sono sicura che questo pupazzo mi farà sognare e mi porterà fortuna, lo terrò sempre con me, mi ricorderò di voi".
Gli sorride e si allontana facendogli "ciao" con la mano.
Alì è contento. Gli è piaciuto raccontare una favola. Gli viene spontaneo, soprattutto con una persona che gli fa simpatia e disposta ad ascoltarlo.
Può darsi che quella ragazza sogni ciò che desidera.
Alì non ci ha guadagnato niente. Gli è bastato il sorriso e la contentezza di quella ragazza.
Chi è Alì? Cosa cerca?
Alì è un venditore di sogni. E' egli stesso un sognatore.
La solitudine non gli pesa molto. Gli fanno compagnia i suoi pensieri.
A volte, però, si fa acuto il bisogno di parlare a qualcuno, come a quella ragazza.
Non gli accade spesso.
La gente ha sempre fretta, qualche parola, uno sguardo frettoloso e via, non ha tempo per i sentimenti. I sorrisi ipocriti si sprecano.
Poiché la realtà che vede attorno a sé non gli piace, Alì si rifugia volentieri nei sogni e nelle favole. Se le inventa, dà voce ai personaggi parlando con se stesso prima di addormentarsi.
E' da parecchio tempo che Alì si ferma a quella piazzetta dove sorge un grande antico palazzo con tante finestre tutte chiuse da persiane.
Un mattino di primavera, una di quelle persiane si apre ed appare una giovane donna, bellissima, che guarda giù nella piazzetta del mercato. Un filo di perle le cinge la fronte. - Il suo sguardo è attratto dal luccichio degli oggetti esposti sul carrettino di Alì.
Alì si accorge della giovane donna e pensa: "da quel palazzo non poteva che affacciarsi una principessa. Proprio come in una favola di Le mille ed una notte "
Le fa un sorriso ed un rispettoso inchino e, con le mani aperte e protese verso il suo carrettino, le fa cenno per dirle: "questo è tutto ciò che ho, vieni a prendere quello che vuoi."
Nei giorni seguenti la giovane donna si affaccia ancora a quella finestra.
Alì continua a sorriderle cercando, discretamente, di attirare la sua attenzione.
Alì ritorna in quella piazzetta tutti i giorni seguenti per rivedere quella che nella sua fantasia è "la sua principessa".
Il fatto si ripete come in una favola.
Succede che la giovane donna non si affaccia più a quella finestra che rimane sempre chiusa. Forse un severo divieto impedisce alla donna di affacciarsi.
Ora, sono passati parecchi anni.
Alì aveva conosciuto quella donna e se ne era innamorato quando lui era già un po' avanti negli anni.
Peccato non averla conosciuta tanti anni prima. Chissà! Forse!
Ma tanti anni prima la principessa non era ancora nata. E' tristezza!!
Il tempo passa e le ragazze si fermano ancora a curiosare presso il carrettino dei sogni.
Alì continua a dar voce ai suoi pupazzi colorati per stimolare le fantasie delle ragazze.
In certi momenti Alì immagina che la "sua principessa", non vista, lo stia guardando attraverso le stecche di legno della persiana. Vorrebbe magicamente scivolare in un sogno e diventare il personaggio di una favola dove lui, giovane principe, incontra la "sua principessa", per amarla e per raccontare, lui a lei, tante belle favole, come Shaharazad ne "Le mille e un notte".
L'attesa di rivedere la sua principessa si fa sempre più lunga e penosa.
Già, da qualche tempo, un pensiero insistente si affaccia alla mente di Alì.
Alì sente che gli resta poco da vivere. E' stanco e triste.
Vuole finire al suo paese natio i giorni che gli restano..
E' giunto il momento di dire addio a tutto e a tutti.
Desidera che la sua principessa si affacci ancora per una volta sola, lo saluti e gli faccia segno di aver capito il sentimento di lui. Ed Alì, indicando Lei, se stesso ed il cielo, le direbbe: addio, me ne vado ma ti aspetto lassù dove tutti i sogni si avverano.
E' autunno. Il giorno volge al tramonto.
L'ombra del grande palazzo già si allunga sulla piazzetta.
Tra poco quell'ombra coprirà il carrettino spegnendo il luccichio di quelle misere cianfrusaglie.
Alì, in segno di addio, propende le braccia verso quella chiusa finestra e verso il cielo. Poi, curvo, spinge avanti a se il carrettino e va via dalla piazzetta, mentre il sole tramonta dietro il grande palazzo.
Tra le stecche di legno di quella chiusa persiana lo segue lo sguardo di due occhi che piangono.
finito di scrivere il 18.11.08
Pubblicato da saveriosavio@yahoo.it
sabato 18 ottobre 2008
ALTA MAREA
Idea per un racconto
Titolo:
"ALTA MAREA"
Protagonisti principali:
Un uomo ed una donna. Entrambi giovani.
Lui di origine europea
Lei di origine orientale.
Ciascuno vive sotto falsa identità.
Si incontrano occasionalmente in località lontana dalle loro residenze abituali.
Nessuno dei due sa della vera identità dell'altro
Si innamorano e si amano intensamente.
Per un caso fortuito non si incontrano ad un appuntamento.
Si cercano l'un l'altro, inutilmente.
L'uomo sa solo che la donna è nata e forse risiede in un'isola di cui sa solo che si trova in un arcipelago dell'oceano indiano.
La donna, dopo lunghe ed inutili ricerche ritorna alla sua isola natia sperando che l'uomo la cerchi anche se sa che lui conosce solo il nome dell'arcipelago.
L'uomo cerca la donna della quale conserva solo una fotografia
L'attesa della donna e le ricerche dell'uomo durano quasi quanto le loro vite.
L'uomo, ormai vecchio e stanco, trova finalmente la donna.
La trova morente ed ancora in attesa di lui.
La lunga ricerca di lui e la lunga attesa di Lei non sono state inutili.
Lei è alla fine della sua vita.
Che resta ?
Finire insieme.
Come ?
L'uomo trasporta la donna su una spiaggia deserta.
Scava nella sabbia una fossa profonda.
L'uomo prende per se una forte dose di sonnifero e lo somministra anche alla donna morente ma cosciente,
L'uomo si adagia nella fossa accanto alla donna.
Ora sono uniti per sempre.
Muoiono entrambi mentre l'alta marea ricopre lentamente la fossa.
Il perchè del titolo " Alta marea "
L'alta marea, nel racconto, è un avvenimento reale ma ha anche un valore simbolico.
L'alta marea, come si sa è un evento naturale. Nulla può fermarla.
La marea, nel racconto, rappresenta lo scorrere inesorabile ed indifferente del tempo che tutto consuma, vita e sentimenti.
L'inesorabile passare del tempo ed il destino che lentamente si compie sembra dominare l'intero racconto. Ma gli amanti, alla fine, vincono la inesorabilità del tempo e del destino e cercano rifugio in un'altra dimensione.
In quell'istante di tempo, tra vita e morte, nella dimensione del sogno d'amore hanno raggiunto l'eternità.
Che altro resta ?
" Il resto è silenzio " (Sono le ultime parole di Amleto prima di morire)
Scritto nell'ottobre del 1996)
pubblicato ora su internet da: saveriosavio@yahoo.it
Titolo:
"ALTA MAREA"
Protagonisti principali:
Un uomo ed una donna. Entrambi giovani.
Lui di origine europea
Lei di origine orientale.
Ciascuno vive sotto falsa identità.
Si incontrano occasionalmente in località lontana dalle loro residenze abituali.
Nessuno dei due sa della vera identità dell'altro
Si innamorano e si amano intensamente.
Per un caso fortuito non si incontrano ad un appuntamento.
Si cercano l'un l'altro, inutilmente.
L'uomo sa solo che la donna è nata e forse risiede in un'isola di cui sa solo che si trova in un arcipelago dell'oceano indiano.
La donna, dopo lunghe ed inutili ricerche ritorna alla sua isola natia sperando che l'uomo la cerchi anche se sa che lui conosce solo il nome dell'arcipelago.
L'uomo cerca la donna della quale conserva solo una fotografia
L'attesa della donna e le ricerche dell'uomo durano quasi quanto le loro vite.
L'uomo, ormai vecchio e stanco, trova finalmente la donna.
La trova morente ed ancora in attesa di lui.
La lunga ricerca di lui e la lunga attesa di Lei non sono state inutili.
Lei è alla fine della sua vita.
Che resta ?
Finire insieme.
Come ?
L'uomo trasporta la donna su una spiaggia deserta.
Scava nella sabbia una fossa profonda.
L'uomo prende per se una forte dose di sonnifero e lo somministra anche alla donna morente ma cosciente,
L'uomo si adagia nella fossa accanto alla donna.
Ora sono uniti per sempre.
Muoiono entrambi mentre l'alta marea ricopre lentamente la fossa.
Il perchè del titolo " Alta marea "
L'alta marea, nel racconto, è un avvenimento reale ma ha anche un valore simbolico.
L'alta marea, come si sa è un evento naturale. Nulla può fermarla.
La marea, nel racconto, rappresenta lo scorrere inesorabile ed indifferente del tempo che tutto consuma, vita e sentimenti.
L'inesorabile passare del tempo ed il destino che lentamente si compie sembra dominare l'intero racconto. Ma gli amanti, alla fine, vincono la inesorabilità del tempo e del destino e cercano rifugio in un'altra dimensione.
In quell'istante di tempo, tra vita e morte, nella dimensione del sogno d'amore hanno raggiunto l'eternità.
Che altro resta ?
" Il resto è silenzio " (Sono le ultime parole di Amleto prima di morire)
Scritto nell'ottobre del 1996)
pubblicato ora su internet da: saveriosavio@yahoo.it
venerdì 17 ottobre 2008
PREGHIERA DI NON CREDENTE
Signore,
ti ho cercato ma non ti ho trovato.
Non ti ho riconosciuto nei testi sacri delle religioni monoteistiche: ebraica, cristiana, musulmana.
Nella religione cristiana alla quale appartengo perché battezzato, sei descritto come un essere infinitamente buono . Ma troppo sono le contraddizioni apparenti tra la tua asserita bontà ed i mali che affliggono questo mondo che, si dice, tu hai creato.
Nel vangelo si racconta che tuo figlio Gesù Cristo, prima di morire in croce, ti ha pregato così: " Padre perdona loro perché essi non sanno quello che fanno."
Perché non hai ascoltato la preghiera di tuo figlio ?
Non hai perdonato allora e neppure dopo, una volta per sempre.
Io che sono un non credente, solo perché non credo a ciò che di te raccontano i preti, quale preghiera dovrei rivolgerti ?
Non so cosa dirti, ma tu chiunque sei, se puoi e vuoi, prendimi per mano e guidami.
Come un cieco ti seguirò.
Scritto il 15. 07. 97.
COMMENTO ( a distanza di oltre dieci anni )
" La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (lettera agli Ebrei di Paolo di Tarso, San Tommaso, ecc:)
Il credere o non credere è, dunque, questione di avere o non avere la fede.
La fede è un dono di Dio. (Conc. Vat. II°).
La fede sorge a seguito di un evento straordinario che offusca la ragione ed annulla la volontà. E' ciò che, secondo i vangeli, sarebbe già accaduto ed ai primi apostoli.
"Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini " (Mt. 1,19) disse Gesù a Pietro e Andrea, pescatori, i quali lasciarono subito le reti e lo seguirono. Così fece con gli altri apostoli. A Matteo, seduto al banco della dogana, disse solo " seguimi " (Mt 9.10) e Matteo lo seguì. Tutti lo seguirono immediatamente senza chiedere spiegazioni.
Dunque si tratterebbe di questo: una "chiamata irresistibile", un atto di violenza (vis cui resisti non potest) esercitato da un essere strapotente su creature che non possono resistere alla chiamata.
La chiamata cade anche su esseri non meritevoli (es. Paolo di Tarso sulla via di Damasco).
"Lo spirito soffia dove vuole "(Gv. 3,8)
Se cosi fosse, come si afferma nei vangeli, Dio chiama e sceglie insindacabilmente secondo criteri inaccessibili alla mente umana e perciò misteriosi.
Conclusione
DIO MIO, SE NON MI CHIAMI COME MI SALVO ?
P.S. A proposito: che ne è del libero arbitrio ???
Scritto da saveriosavio@yahoo.it
ti ho cercato ma non ti ho trovato.
Non ti ho riconosciuto nei testi sacri delle religioni monoteistiche: ebraica, cristiana, musulmana.
Nella religione cristiana alla quale appartengo perché battezzato, sei descritto come un essere infinitamente buono . Ma troppo sono le contraddizioni apparenti tra la tua asserita bontà ed i mali che affliggono questo mondo che, si dice, tu hai creato.
Nel vangelo si racconta che tuo figlio Gesù Cristo, prima di morire in croce, ti ha pregato così: " Padre perdona loro perché essi non sanno quello che fanno."
Perché non hai ascoltato la preghiera di tuo figlio ?
Non hai perdonato allora e neppure dopo, una volta per sempre.
Io che sono un non credente, solo perché non credo a ciò che di te raccontano i preti, quale preghiera dovrei rivolgerti ?
Non so cosa dirti, ma tu chiunque sei, se puoi e vuoi, prendimi per mano e guidami.
Come un cieco ti seguirò.
Scritto il 15. 07. 97.
COMMENTO ( a distanza di oltre dieci anni )
" La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (lettera agli Ebrei di Paolo di Tarso, San Tommaso, ecc:)
Il credere o non credere è, dunque, questione di avere o non avere la fede.
La fede è un dono di Dio. (Conc. Vat. II°).
La fede sorge a seguito di un evento straordinario che offusca la ragione ed annulla la volontà. E' ciò che, secondo i vangeli, sarebbe già accaduto ed ai primi apostoli.
"Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini " (Mt. 1,19) disse Gesù a Pietro e Andrea, pescatori, i quali lasciarono subito le reti e lo seguirono. Così fece con gli altri apostoli. A Matteo, seduto al banco della dogana, disse solo " seguimi " (Mt 9.10) e Matteo lo seguì. Tutti lo seguirono immediatamente senza chiedere spiegazioni.
Dunque si tratterebbe di questo: una "chiamata irresistibile", un atto di violenza (vis cui resisti non potest) esercitato da un essere strapotente su creature che non possono resistere alla chiamata.
La chiamata cade anche su esseri non meritevoli (es. Paolo di Tarso sulla via di Damasco).
"Lo spirito soffia dove vuole "(Gv. 3,8)
Se cosi fosse, come si afferma nei vangeli, Dio chiama e sceglie insindacabilmente secondo criteri inaccessibili alla mente umana e perciò misteriosi.
Conclusione
DIO MIO, SE NON MI CHIAMI COME MI SALVO ?
P.S. A proposito: che ne è del libero arbitrio ???
Scritto da saveriosavio@yahoo.it
giovedì 16 ottobre 2008
PRIMA ESPERIENZA DI POST "internet"
Martedì 13 maggio 2008
lettera a mia nipote su internet
Carissima nipote Francesca,
premetto che sono un navigatore novizio di internet.
Questa nuova esperienza, che per me è quasi un'avventura, mi ha suggerito una associazione di idee, direi una metafora, sull' "infinito".
Sapevo che internet è una grande rete telematica dove ognuno può dare e ricevere informazioni su qualsiasi materia. Non immaginavo, però, che fosse così estesa, quasi infinita.
Ecco cosa ho pensato.
Non ricordo dove ho letto o sentito che taluno, curioso di saperne di più, chiese ad un astronomo se l'universo avesse un confine. L'astronomo gli rispose così (riassumo):
" Fai conto di essere giunto al confine, proprio sul bordo, dell'universo, stendi il braccio avanti a te, là dove giungono le dita della tua mano là è il confine dell'universo."
Avrai già capito che quell'astronomo stava spiegando l'"universo in espansione".
Aggiungo che se quel curioso avesse pensato di prolungare il braccio con un bastone, lungo quanto si voglia, la punta del bastone avrebbe segnato il confine dell'universo.
Ora, venendo a parlare di internet, posso dire che internet, in un certo senso, è anch'esso un universo in espansione.
Infatti, il movimento della manina sullo schermo del pc mi dà l'impressione di potermi muovere senza limiti di spazio (si aprono sempre nuovi spazi) ed anche di tempo.
Avendo tanto tempo a disposizione quanto non ne potrò mai avere ed avendo tante domande da fare quante non me ne potrò mai immaginare - anche sul "nulla" - quella infaticabile manina, segnerà, ad ogni istante di tempo, il confine dell'universo mediatico.
Tutto quanto sopra, salvo "catastrofico totale black- out".
A quel punto finirebbero le ambizioni umane. (Sai della estinzione dei dinosauri?)
Un affettuoso ciao da tuo nonno Carlo
P.S. - Eccoti un aforisma che non ho mai letto o sentito da nessuna parte.
Il buon senso è meno comune del senso comune"
saveriosavio@yahoo.it
lettera a mia nipote su internet
Carissima nipote Francesca,
premetto che sono un navigatore novizio di internet.
Questa nuova esperienza, che per me è quasi un'avventura, mi ha suggerito una associazione di idee, direi una metafora, sull' "infinito".
Sapevo che internet è una grande rete telematica dove ognuno può dare e ricevere informazioni su qualsiasi materia. Non immaginavo, però, che fosse così estesa, quasi infinita.
Ecco cosa ho pensato.
Non ricordo dove ho letto o sentito che taluno, curioso di saperne di più, chiese ad un astronomo se l'universo avesse un confine. L'astronomo gli rispose così (riassumo):
" Fai conto di essere giunto al confine, proprio sul bordo, dell'universo, stendi il braccio avanti a te, là dove giungono le dita della tua mano là è il confine dell'universo."
Avrai già capito che quell'astronomo stava spiegando l'"universo in espansione".
Aggiungo che se quel curioso avesse pensato di prolungare il braccio con un bastone, lungo quanto si voglia, la punta del bastone avrebbe segnato il confine dell'universo.
Ora, venendo a parlare di internet, posso dire che internet, in un certo senso, è anch'esso un universo in espansione.
Infatti, il movimento della manina sullo schermo del pc mi dà l'impressione di potermi muovere senza limiti di spazio (si aprono sempre nuovi spazi) ed anche di tempo.
Avendo tanto tempo a disposizione quanto non ne potrò mai avere ed avendo tante domande da fare quante non me ne potrò mai immaginare - anche sul "nulla" - quella infaticabile manina, segnerà, ad ogni istante di tempo, il confine dell'universo mediatico.
Tutto quanto sopra, salvo "catastrofico totale black- out".
A quel punto finirebbero le ambizioni umane. (Sai della estinzione dei dinosauri?)
Un affettuoso ciao da tuo nonno Carlo
P.S. - Eccoti un aforisma che non ho mai letto o sentito da nessuna parte.
Il buon senso è meno comune del senso comune"
saveriosavio@yahoo.it
mercoledì 8 ottobre 2008
" LA PERGAMENA "
Ogni tanto il mio sguardo si posa su una pergamena appesa ad una parete del mio studio, alle spalle della poltrona, dietro la mia scrivania
E' il mio diploma di laurea. Reca la data del 12.07.1947, il giorno in cui mi sono laureato. Me lo ricordo quel giorno. Fu un evento importante nella mia vita.
Da allora sono passati più di cinquant'anni.
Con la fantasia vado al giorno 12 luglio 2047, proprio 12 luglio duemilaqua-
rantasette.
A quella data sarà trascorso un secolo dal 12 luglio 1947.
Chi e che cosa ci sarà in questa stessa stanza ?
Eccetto i muri, forse, non ci sarà più niente che io abbia visto o conosciuto in vita. Forse no. E' probabile che ci sarà mio nipote ..... già vecchio. Forse avrà conservato da qualche parte, non troppo in vista, come un cimelio, il mio diploma di laurea.
Ma, prima o poi, anche quel vago ricordo andrà perduto assieme alla pergamena. Allora, di me più nulla.
-----------------------------------------------------------------------------
L'EDEN O LA QUINTA DIMENSIONE.
Mi piace di più fantasticare di una persona che, a quella data (12.07.2047) vecchia quanto me adesso, passando per questa strada e sollevando lo sguardo verso l'ottavo piano dove ora è il mio studio lanci questo pensiero che misteriosamente mi raggiunge nella dimensione dove immagino di trovarmi:
" Io qui ci ho lavorato tanti anni fa. C'era un avvocato di nome Carlo.
Era un po sognatore, spesso scherzava e raccontava favole. Voleva bene a tutte le persone che collaboravano con lui nello studio. Essendo lui un non credente, aveva con me credente un comportamento un poco ironico ma sempre corretto ed amichevole. Malgrado questo rapporto un pò dialettico ho sempre pensato che a me volesse bene di più; scommetto che se lo incontrassi là dove ora si trova mi racconterebbe una favola."
Ed io, per risposta: "Non mi aspettavo che nella dimensione nella quale ora mi trovo mi giungesse da Voi questo grazioso pensiero
Grazie, molte grazie." - "Se mai un giorno vi trovaste a passare da queste parti e voleste fermarvi un po Vi condurrei ad un bar non a caso chiamato Eden a consumare un elisir di lunga vita. " - "Qui non si raccontano favole come laggiù dove le favole sono racconti di desideri insoddisfatti, qui, invece, sono storie vere vissute; qui nessuno toglie niente a nessuno, qui nessuno comanda e nessuno ubbidisce, tutti liberi, dove ora mi trovo è quella che, quando ero laggiù, chiamavo la quinta dimensione; come vedete esiste veramente." – "Mi è bastato crederci ed eccomi qui; fareste bene a crederci anche Voi." - " Vi ringrazio ancora per il gentile pensiero che avete avuto ricordandovi di me."
Fine del sogno.
Scritto il 25.11.98. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it
E' il mio diploma di laurea. Reca la data del 12.07.1947, il giorno in cui mi sono laureato. Me lo ricordo quel giorno. Fu un evento importante nella mia vita.
Da allora sono passati più di cinquant'anni.
Con la fantasia vado al giorno 12 luglio 2047, proprio 12 luglio duemilaqua-
rantasette.
A quella data sarà trascorso un secolo dal 12 luglio 1947.
Chi e che cosa ci sarà in questa stessa stanza ?
Eccetto i muri, forse, non ci sarà più niente che io abbia visto o conosciuto in vita. Forse no. E' probabile che ci sarà mio nipote ..... già vecchio. Forse avrà conservato da qualche parte, non troppo in vista, come un cimelio, il mio diploma di laurea.
Ma, prima o poi, anche quel vago ricordo andrà perduto assieme alla pergamena. Allora, di me più nulla.
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L'EDEN O LA QUINTA DIMENSIONE.
Mi piace di più fantasticare di una persona che, a quella data (12.07.2047) vecchia quanto me adesso, passando per questa strada e sollevando lo sguardo verso l'ottavo piano dove ora è il mio studio lanci questo pensiero che misteriosamente mi raggiunge nella dimensione dove immagino di trovarmi:
" Io qui ci ho lavorato tanti anni fa. C'era un avvocato di nome Carlo.
Era un po sognatore, spesso scherzava e raccontava favole. Voleva bene a tutte le persone che collaboravano con lui nello studio. Essendo lui un non credente, aveva con me credente un comportamento un poco ironico ma sempre corretto ed amichevole. Malgrado questo rapporto un pò dialettico ho sempre pensato che a me volesse bene di più; scommetto che se lo incontrassi là dove ora si trova mi racconterebbe una favola."
Ed io, per risposta: "Non mi aspettavo che nella dimensione nella quale ora mi trovo mi giungesse da Voi questo grazioso pensiero
Grazie, molte grazie." - "Se mai un giorno vi trovaste a passare da queste parti e voleste fermarvi un po Vi condurrei ad un bar non a caso chiamato Eden a consumare un elisir di lunga vita. " - "Qui non si raccontano favole come laggiù dove le favole sono racconti di desideri insoddisfatti, qui, invece, sono storie vere vissute; qui nessuno toglie niente a nessuno, qui nessuno comanda e nessuno ubbidisce, tutti liberi, dove ora mi trovo è quella che, quando ero laggiù, chiamavo la quinta dimensione; come vedete esiste veramente." – "Mi è bastato crederci ed eccomi qui; fareste bene a crederci anche Voi." - " Vi ringrazio ancora per il gentile pensiero che avete avuto ricordandovi di me."
Fine del sogno.
Scritto il 25.11.98. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it
lunedì 6 ottobre 2008
" LA PASSERA "
Un passero vide una passera che volava solitaria. La inseguì e la raggiunse.
Era una bella passera. Un bel becco, un bel collo, un bel petto, belle ali, bellissima coda. Proprio bella.
Le si avvicinò e: "cip... cip... cip... è un bel po che ti seguo, puoi fermarti un momento?"
La passera, fingendo fastidio: "cip... cip...cip...che vuoi ? Non posso fermarmi
ho da fare."
Il passero: "Che cosa hai tanto da fare che non puoi fermarti ?"
La passera: "Sto preparando il nido. Vado in cerca di pagliuzze e di fili d'erba secca. In giro non ce ne sono tanti."
Il passero: "Tu ce l'hai un compagno ?"
La passera: "Non ancora; ci sono stati altri passeri che si volevano accompagnare a me; non mi sono piaciuti. Non si sono neppure offerti di aiutarmi a trovare le pagliuzze. Erano dei farfalloni. Non avevano intenzioni serie. E poi, questa è la prima volta che preparo il nido. Capisci cosa intento dire ?"
Il passero fa il finto tonto e: "Te lo ha detto mai nessuno che sei proprio una bella passera ?"
La passera delusa dalla risposta: " Dicono tutti così. Ma tu chi sei ? Prima d'ora non ti ho mai visto."
Il passero: " Vengo da lontano. E' la prima volta che vado in cerca di una passera. Ho visto te e mi sei subito piaciuta."
La passera lusingata ma guardinga: " E con questo ?"
Il passero capisce che deve guadagnarsi la fiducia della passera ed in tono suadente "Vorrei aiutarti a trovare le pagliuzze."
La passera: " Tu lo sai che significa cercare assieme le pagliuzze ?. "
Il passero accattivante: " Credo di si. Penso che un passero ed una passera devono piacersi e stare sempre insieme."
La passera non gli risponde, vuole metterlo alla prova; volando scese su un prato ed il passero la seguì.
La passera prese col becco un filo d'erba secca ed il passero ne prese un'altro.
La passera riprese a volare ed il passero la seguì nel nido che si trovava sotto la tegola di un tetto di una vecchia casa.
Il passero vide che la preparazione del nido era appena iniziata.
C'erano pochi fili d'erba intrecciati.
Il passero pensò: " Qui ci vorrà un bel po di fatica per finire il nido. Forse ne vale la pena; lei è proprio una bella passera e mi piace molto. "
La passera intrecciò con altri fili d'erba il filo d'erba che aveva nel becco ed il passero attese con il filo d'erba che tratteneva nel becco. Aspettava il momento propizio per beccare fuggevolmente il becco di lei.
La passera: " Che fai, che aspetti ?"
Il passero: " Non so come si fa, aggiustalo tu."
Così dicendo, porse il filo d'erba nel becco di Lei. –
La passera: " L'hai fatto apposta ?"
Il passero temendo che la passera lo cacciasse: " Mi sono trovato a porgerti il filo d'erba e sono stato attratto dalla tua beccuccia. E' stato più forte di me. Credo che non ci sia niente di male; come hai visto io ti sto aiutando, mi piacerebbe stare insieme a te."
La passera, sempre guardinga: " Staremo a vedere, intanto bisogna cercare le pagliuzze. "
Il passero, incoraggiato dal primo successo, si dette molto da fare a trovare altre pagliuzze e portarle al nido.
Ad ogni pagliuzza che il passero Le porgeva la passera lasciava che il passero le beccasse la beccuccia.
Il passero qualche volta la beccava anche sul collo, sulle ali e sulla coda.
La passera ormai lo aveva scelto per compagno ma non glielo fece capire, voleva essere sicura.
Dopo parecchi giorni finalmente il nido fu completo. Era proprio un bel nido.
Il passero aveva faticato parecchio a cercare e portare al nido i fili d'erba e le pagliuzze.
Il passero, ora, pensava: " il nido è finito sarebbe molto bello se potessi restare assieme a Lei e beccarla più spesso; mi piace tanto questa passera, chissà se mi vorrà ?
Gli venne un'idea che gli parve bellissima.
Il passero si avviò verso l'uscita del nido e stava per spiccare il volo.
La passera, preoccupata: " Dove vai? Il nido è finito ".
Il passero: " Torno subito." E volò via, volò e volò. Finalmente vide in un prato
ciò che cercava. Un fiorellino rosso. Lo colse delicatamente e si presentò all'ingresso del nido col fiorellino nel becco ed attese trepidante.
La passera: " Oh carissimo passerotto mio. Ti stavo aspettando. Temevo che non tornassi più. Mi hai fatto soffrire."
Il passero porse il fiorellino nella beccuccia della passera.
La passera lo prese, lo tenne per un po' nel becco e poi lo lasciò cadere.
Tenne il becco aperto verso il becco del passero e chiuse gli occhi.
Era pronta per essere "beccata."
Il passero Le beccò a lungo la beccuccia, poi saltò su di lei, battè freneticamente le ali e: "cip... cip... cip.... oh passera mia dolcissima, quanto ho atteso questo momento !" e tutti e due: cip... cip.... cip....cip.... e ciap.... ciap......ciap"
Qualche piccola penna rosa della "passerina" volò nell'aria.
Scritto il 23 luglio 1997.
pubblicato ora in internet da saveriosavio@yahoo.it
**********************
Un passero vide una passera che volava solitaria. La inseguì e la raggiunse.
Era una bella passera. Un bel becco, un bel collo, un bel petto, belle ali, bellissima coda. Proprio bella.
Le si avvicinò e: "cip... cip... cip... è un bel po che ti seguo, puoi fermarti un momento?"
La passera, fingendo fastidio: "cip... cip...cip...che vuoi ? Non posso fermarmi
ho da fare."
Il passero: "Che cosa hai tanto da fare che non puoi fermarti ?"
La passera: "Sto preparando il nido. Vado in cerca di pagliuzze e di fili d'erba secca. In giro non ce ne sono tanti."
Il passero: "Tu ce l'hai un compagno ?"
La passera: "Non ancora; ci sono stati altri passeri che si volevano accompagnare a me; non mi sono piaciuti. Non si sono neppure offerti di aiutarmi a trovare le pagliuzze. Erano dei farfalloni. Non avevano intenzioni serie. E poi, questa è la prima volta che preparo il nido. Capisci cosa intento dire ?"
Il passero fa il finto tonto e: "Te lo ha detto mai nessuno che sei proprio una bella passera ?"
La passera delusa dalla risposta: " Dicono tutti così. Ma tu chi sei ? Prima d'ora non ti ho mai visto."
Il passero: " Vengo da lontano. E' la prima volta che vado in cerca di una passera. Ho visto te e mi sei subito piaciuta."
La passera lusingata ma guardinga: " E con questo ?"
Il passero capisce che deve guadagnarsi la fiducia della passera ed in tono suadente "Vorrei aiutarti a trovare le pagliuzze."
La passera: " Tu lo sai che significa cercare assieme le pagliuzze ?. "
Il passero accattivante: " Credo di si. Penso che un passero ed una passera devono piacersi e stare sempre insieme."
La passera non gli risponde, vuole metterlo alla prova; volando scese su un prato ed il passero la seguì.
La passera prese col becco un filo d'erba secca ed il passero ne prese un'altro.
La passera riprese a volare ed il passero la seguì nel nido che si trovava sotto la tegola di un tetto di una vecchia casa.
Il passero vide che la preparazione del nido era appena iniziata.
C'erano pochi fili d'erba intrecciati.
Il passero pensò: " Qui ci vorrà un bel po di fatica per finire il nido. Forse ne vale la pena; lei è proprio una bella passera e mi piace molto. "
La passera intrecciò con altri fili d'erba il filo d'erba che aveva nel becco ed il passero attese con il filo d'erba che tratteneva nel becco. Aspettava il momento propizio per beccare fuggevolmente il becco di lei.
La passera: " Che fai, che aspetti ?"
Il passero: " Non so come si fa, aggiustalo tu."
Così dicendo, porse il filo d'erba nel becco di Lei. –
La passera: " L'hai fatto apposta ?"
Il passero temendo che la passera lo cacciasse: " Mi sono trovato a porgerti il filo d'erba e sono stato attratto dalla tua beccuccia. E' stato più forte di me. Credo che non ci sia niente di male; come hai visto io ti sto aiutando, mi piacerebbe stare insieme a te."
La passera, sempre guardinga: " Staremo a vedere, intanto bisogna cercare le pagliuzze. "
Il passero, incoraggiato dal primo successo, si dette molto da fare a trovare altre pagliuzze e portarle al nido.
Ad ogni pagliuzza che il passero Le porgeva la passera lasciava che il passero le beccasse la beccuccia.
Il passero qualche volta la beccava anche sul collo, sulle ali e sulla coda.
La passera ormai lo aveva scelto per compagno ma non glielo fece capire, voleva essere sicura.
Dopo parecchi giorni finalmente il nido fu completo. Era proprio un bel nido.
Il passero aveva faticato parecchio a cercare e portare al nido i fili d'erba e le pagliuzze.
Il passero, ora, pensava: " il nido è finito sarebbe molto bello se potessi restare assieme a Lei e beccarla più spesso; mi piace tanto questa passera, chissà se mi vorrà ?
Gli venne un'idea che gli parve bellissima.
Il passero si avviò verso l'uscita del nido e stava per spiccare il volo.
La passera, preoccupata: " Dove vai? Il nido è finito ".
Il passero: " Torno subito." E volò via, volò e volò. Finalmente vide in un prato
ciò che cercava. Un fiorellino rosso. Lo colse delicatamente e si presentò all'ingresso del nido col fiorellino nel becco ed attese trepidante.
La passera: " Oh carissimo passerotto mio. Ti stavo aspettando. Temevo che non tornassi più. Mi hai fatto soffrire."
Il passero porse il fiorellino nella beccuccia della passera.
La passera lo prese, lo tenne per un po' nel becco e poi lo lasciò cadere.
Tenne il becco aperto verso il becco del passero e chiuse gli occhi.
Era pronta per essere "beccata."
Il passero Le beccò a lungo la beccuccia, poi saltò su di lei, battè freneticamente le ali e: "cip... cip... cip.... oh passera mia dolcissima, quanto ho atteso questo momento !" e tutti e due: cip... cip.... cip....cip.... e ciap.... ciap......ciap"
Qualche piccola penna rosa della "passerina" volò nell'aria.
Scritto il 23 luglio 1997.
pubblicato ora in internet da saveriosavio@yahoo.it
**********************
ADAMO E L'ORIGINE DEI SESSI" (tra religione, mitologia e scienza)
A distanza di oltre dieci anni, rileggendo "FANTASIA BIBLICA". mi viene di pensare cosa sia potuto accadere ad Adamo ed Eva nel paradiso terrestre prima che essi mangiassero il frutto proibito,
Nella Bibbia ci sono dei passaggi narrativi che, già ad una prima lettura, sembrano addirittura insensati.
Dando per ammessi i fatti biblici che precedono la creazione di Adamo, mi piace scrivere, per mio divertimento, un racconto, più o meno sensato, su come si sia svolta la vicenda di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre.
Seguendo ciò che si narra nella Bibbia, tento di rispondere alle seguenti domande:
- Perchè Jhavè non concesse ad Adamo, subito dopo la creazione, una compagna così come aveva fatto per gli altri animali, tutti fatti a coppie, maschio e femmina ?
- Adamo aveva veramente bisogno di una compagna ?
- E' credibile che Eva sia stata creata da una costola di Adamo ?
Comincio dalla creazione di Adamo.
Nella Bibbia si afferma che Jhavè aveva creato Adamo a sua immagine e somiglianza
Innanzitutto è arduo immaginare come un essere materiale, finito ed imperfetto, come l'uomo, possa essere, molto lontanamente, simile ad un Dio immateriale, perefetto ed infinito.
Seguendo la narraxione biblica devo necessariamente ritenere che Jhavè, al momento della creazione di Adamo, abbia pensato se stesso come un essere unico, insieme maschio e femmina e, quindi creò Adamo: "a sua immagine e somiglianza" cioè dotato di entrambi gli organi genitali, del maschio e della femmina, insomma un perfetto ermafrodito.
Così concepito, cioè creato, Adamo non aveva alcun bisogno di una femmina. Era autonomo sul piano sessuale e perciò felicissimo.
Mi piace supporre che Jhavè deve essersi pentito di aver creato Adamo.
Nella Bibbia si narra che Jhavè abbia creato Eva per dare un aiuto ad Adamo. Nulla si dice di che genere di aiuto avesse bisogno Adamo.
In sede mitologica, una situazione quasi uguale è esposta da Platone nel "Simposio" dove Aristofane, partecipante al simposio, narra il mito detto "delle metà"; di come Giove, geloso ed adirato della felicità e dell'arroganza degli esseri umani, li abbia divisi in due, maschio e femmina, separandoli materialmente nei sessi. Nel mito si aggiunge che, da allora, gli uomini e le donne si cercano per ristabilire l'originaria e felice unione dei sessi.
Escluso che Adamo avesse bisogno di una femmina, resta da capire quale sia stato il vero motivo per cui Jhavè tolse al corpo di Adamo una costola.
Un fatto pare indubitabile: che Jhavè si sia pentito di aver creato Adamo come essere umano ermafrodito. (Nel seguito della narrazione biblica Jhavè si pentirà ancora altre volte per altri errori commessi.)
Per la creazione di Eva, Jhavè intervenne personalmente operando, sul corpo di Adamo.
A mio parere Jhavè asportò dal corpo di Adamo NON una costola, comunque insufficiente allo scopo, ma, come aveva fatto Giove, divise in due il corpo di Adamo separando così gli organi sessuali.
Viene spontaneo osservare che se Adamo NON fosse stato ermafrodito, non c'era bisogno di prelevare la costola o altro per creare Eva. Infatti, sarebbe bastato che Jhavè, avesse operato come aveva fatto con Adamo: avrebbe raccolto un mucchio di terra sul quale sarebbe bastato infondere il suo soffio vitale.
In sede scientifica è provato, dai reperti fossili, che i primi esseri viventi erano unicellulari. Nel corso della evoluzione, durata miliardi di anni, gli unicellulari (ermafroditi) si scissero in esseri pluricellulari, via via sempre più complessi e più evoluti e, quindi, si giunse alla separazione dei sessi.
Da ciò che ho sopra molto brevemente esposto, pare, in primo luogo, credibile che il mito della origine e della separazione dei sessi narrato nella Bibbia sia stato copiato da altri miti pagani più antichi e, secondo le credenze pagane,certamente meno insensati e ridicoli, rispetto a quello narrato nella Bibbia.
Di più, le ricerche scientifiche provano che l'origine e la separazione dei sessi hanno avuto origini e cause biologiche. La evoluzione biologica è un dato di fatto generalmente acquisito.
Occorre solamente ammettere che l'origine della vita resta, allo stato delle ricerche scientifiche, ancora un mistero.
Scritto il 4.10.2008 da:
saveriosavio@yahoo.it
A distanza di oltre dieci anni, rileggendo "FANTASIA BIBLICA". mi viene di pensare cosa sia potuto accadere ad Adamo ed Eva nel paradiso terrestre prima che essi mangiassero il frutto proibito,
Nella Bibbia ci sono dei passaggi narrativi che, già ad una prima lettura, sembrano addirittura insensati.
Dando per ammessi i fatti biblici che precedono la creazione di Adamo, mi piace scrivere, per mio divertimento, un racconto, più o meno sensato, su come si sia svolta la vicenda di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre.
Seguendo ciò che si narra nella Bibbia, tento di rispondere alle seguenti domande:
- Perchè Jhavè non concesse ad Adamo, subito dopo la creazione, una compagna così come aveva fatto per gli altri animali, tutti fatti a coppie, maschio e femmina ?
- Adamo aveva veramente bisogno di una compagna ?
- E' credibile che Eva sia stata creata da una costola di Adamo ?
Comincio dalla creazione di Adamo.
Nella Bibbia si afferma che Jhavè aveva creato Adamo a sua immagine e somiglianza
Innanzitutto è arduo immaginare come un essere materiale, finito ed imperfetto, come l'uomo, possa essere, molto lontanamente, simile ad un Dio immateriale, perefetto ed infinito.
Seguendo la narraxione biblica devo necessariamente ritenere che Jhavè, al momento della creazione di Adamo, abbia pensato se stesso come un essere unico, insieme maschio e femmina e, quindi creò Adamo: "a sua immagine e somiglianza" cioè dotato di entrambi gli organi genitali, del maschio e della femmina, insomma un perfetto ermafrodito.
Così concepito, cioè creato, Adamo non aveva alcun bisogno di una femmina. Era autonomo sul piano sessuale e perciò felicissimo.
Mi piace supporre che Jhavè deve essersi pentito di aver creato Adamo.
Nella Bibbia si narra che Jhavè abbia creato Eva per dare un aiuto ad Adamo. Nulla si dice di che genere di aiuto avesse bisogno Adamo.
In sede mitologica, una situazione quasi uguale è esposta da Platone nel "Simposio" dove Aristofane, partecipante al simposio, narra il mito detto "delle metà"; di come Giove, geloso ed adirato della felicità e dell'arroganza degli esseri umani, li abbia divisi in due, maschio e femmina, separandoli materialmente nei sessi. Nel mito si aggiunge che, da allora, gli uomini e le donne si cercano per ristabilire l'originaria e felice unione dei sessi.
Escluso che Adamo avesse bisogno di una femmina, resta da capire quale sia stato il vero motivo per cui Jhavè tolse al corpo di Adamo una costola.
Un fatto pare indubitabile: che Jhavè si sia pentito di aver creato Adamo come essere umano ermafrodito. (Nel seguito della narrazione biblica Jhavè si pentirà ancora altre volte per altri errori commessi.)
Per la creazione di Eva, Jhavè intervenne personalmente operando, sul corpo di Adamo.
A mio parere Jhavè asportò dal corpo di Adamo NON una costola, comunque insufficiente allo scopo, ma, come aveva fatto Giove, divise in due il corpo di Adamo separando così gli organi sessuali.
Viene spontaneo osservare che se Adamo NON fosse stato ermafrodito, non c'era bisogno di prelevare la costola o altro per creare Eva. Infatti, sarebbe bastato che Jhavè, avesse operato come aveva fatto con Adamo: avrebbe raccolto un mucchio di terra sul quale sarebbe bastato infondere il suo soffio vitale.
In sede scientifica è provato, dai reperti fossili, che i primi esseri viventi erano unicellulari. Nel corso della evoluzione, durata miliardi di anni, gli unicellulari (ermafroditi) si scissero in esseri pluricellulari, via via sempre più complessi e più evoluti e, quindi, si giunse alla separazione dei sessi.
Da ciò che ho sopra molto brevemente esposto, pare, in primo luogo, credibile che il mito della origine e della separazione dei sessi narrato nella Bibbia sia stato copiato da altri miti pagani più antichi e, secondo le credenze pagane,certamente meno insensati e ridicoli, rispetto a quello narrato nella Bibbia.
Di più, le ricerche scientifiche provano che l'origine e la separazione dei sessi hanno avuto origini e cause biologiche. La evoluzione biologica è un dato di fatto generalmente acquisito.
Occorre solamente ammettere che l'origine della vita resta, allo stato delle ricerche scientifiche, ancora un mistero.
Scritto il 4.10.2008 da:
saveriosavio@yahoo.it
FANTASIA BIBLICA
A Jhavè l'esperimento sembrava ben riuscito.
La sua corte celeste ne sarebbe rimasta entusiasta.
Già si immaginava i complimenti.
Da una costola di Adamo, Jhavè creò la femmina di Adamo. Le infuse un sonno leggero e la fece adagiare a fianco di Adamo che Javè aveva fatto addormentare precedentemente.
Il mattino seguente i due si sarebbero svegliati, conosciuti e subito piaciuti
Così pensava Jhavè.
Adamo si svegliò e per la prima volta vide quella creatura che dormiva nuda, distesa al suo fianco.
Adamo prima d'allora non aveva mai conosciuto una femmina umana. Si immaginava solo vagamente come potesse essere. Pensava che se fosse esistita, a parte gli attributi comuni agli altri mammiferi, sarebbe somigliata più o meno alle femmine degli altri animali che vivevano con lui nell'Eden.
Lo sguardo di Adamo corse subito e si fermò, curioso, a frugare tra le gambe di quell'essere in cerca dell'oggetto del desiderio.
Osservò incantato il ricciuto cespuglio di peli che, seducente, spuntava sul triangolo pubico
Gli parve di capire. Quell'essere era una femmina umana, forse la sua femmina.
La trovò bellissima, stupenda.
Fortemente emozionato sospirò: quanto è bella !
Gli batte forte il cuore e uno strano incontenibile rimescolio di visceri e di sangue lo prese assieme ad un prepotente desiderio mai prima provato di toccare ed abbracciare, possedere quel corpo. Un'emozione mai prima provata.
Jhavè aveva fatto le cose proprio per benino.
L'attrazione sessuale avrebbe assicurato una futura numerosa progenie.
Lo spettacolo del dramma del genere umano sembrava assicurato per molti millenni.
Neppure Lucifero, tra gli angeli il più intelligente, avrebbe avuto da ridire.
Adamo dubitò: "E' troppo bella per essere stata destinata a me, forse Jhavè l'ha fatta per se stesso."
Jhavè, dopo la creazione degli altri animali, tutti a coppie, maschi e femmine, non avvertì Adamo che avrebbe procurato anche a lui una femmina.
Timoroso di offendere Jhavè, Adamo, prudentemente ed in attesa degli eventi, si voltò sul fianco e chiuse gli occhi sognando di possedere Eva.
Jhavè, nascosto dietro una siepe, stava osservando la scena per verificare
il risultato del suo esperimento.
Restò profondamente deluso del comportamento di Adamo il quale sembrava
essere contrariato dalla presenza della femmina.
Jhavè pensò che il suo progetto era fallito.
Non ci sarebbe stata, a partire dalla prima coppia umana, la storia dell'umanità
così come Lui l'aveva progettata per il divertimento Suo e della Sua corte.
Jhavè, molto irritato per il fallito esperimento, per la prima volta dall'inizio della creazione, vide che " NON ERA BUONO " ciò che aveva fatto. Nessuno della corte celeste doveva sapere del Suo fallimento.
Già si immaginava il sorriso ironico di Lucifero.
Con un gesto fece sparire in una nube di polvere la femmina umana, quella che avrebbe dovuto assumere il nome di Eva e popolare la terra di altri esseri umani.
Nascose la terra in una nube nera.(Il primo buco nero di Jahvè).
In quella parte dell'universo tutto si fermò. Si fermò il tempo. Non vi fu un prima, non vi fu e un dopo.
Non fu il bene e non fu il male.
Non vi fu Caino e non vi fu Abele
Ma Adamo, in quell'istante in cui il tempo si fermò,sognò Eva e la fece sua per l'eternità:
Jhavè, senza volerlo, aveva realizzato il più perfetto sogno d'amore.
Scritto verso la fine degli anni novanta.
Pubblicato ora su internet da: saveriosavio@yahoo.it
La sua corte celeste ne sarebbe rimasta entusiasta.
Già si immaginava i complimenti.
Da una costola di Adamo, Jhavè creò la femmina di Adamo. Le infuse un sonno leggero e la fece adagiare a fianco di Adamo che Javè aveva fatto addormentare precedentemente.
Il mattino seguente i due si sarebbero svegliati, conosciuti e subito piaciuti
Così pensava Jhavè.
Adamo si svegliò e per la prima volta vide quella creatura che dormiva nuda, distesa al suo fianco.
Adamo prima d'allora non aveva mai conosciuto una femmina umana. Si immaginava solo vagamente come potesse essere. Pensava che se fosse esistita, a parte gli attributi comuni agli altri mammiferi, sarebbe somigliata più o meno alle femmine degli altri animali che vivevano con lui nell'Eden.
Lo sguardo di Adamo corse subito e si fermò, curioso, a frugare tra le gambe di quell'essere in cerca dell'oggetto del desiderio.
Osservò incantato il ricciuto cespuglio di peli che, seducente, spuntava sul triangolo pubico
Gli parve di capire. Quell'essere era una femmina umana, forse la sua femmina.
La trovò bellissima, stupenda.
Fortemente emozionato sospirò: quanto è bella !
Gli batte forte il cuore e uno strano incontenibile rimescolio di visceri e di sangue lo prese assieme ad un prepotente desiderio mai prima provato di toccare ed abbracciare, possedere quel corpo. Un'emozione mai prima provata.
Jhavè aveva fatto le cose proprio per benino.
L'attrazione sessuale avrebbe assicurato una futura numerosa progenie.
Lo spettacolo del dramma del genere umano sembrava assicurato per molti millenni.
Neppure Lucifero, tra gli angeli il più intelligente, avrebbe avuto da ridire.
Adamo dubitò: "E' troppo bella per essere stata destinata a me, forse Jhavè l'ha fatta per se stesso."
Jhavè, dopo la creazione degli altri animali, tutti a coppie, maschi e femmine, non avvertì Adamo che avrebbe procurato anche a lui una femmina.
Timoroso di offendere Jhavè, Adamo, prudentemente ed in attesa degli eventi, si voltò sul fianco e chiuse gli occhi sognando di possedere Eva.
Jhavè, nascosto dietro una siepe, stava osservando la scena per verificare
il risultato del suo esperimento.
Restò profondamente deluso del comportamento di Adamo il quale sembrava
essere contrariato dalla presenza della femmina.
Jhavè pensò che il suo progetto era fallito.
Non ci sarebbe stata, a partire dalla prima coppia umana, la storia dell'umanità
così come Lui l'aveva progettata per il divertimento Suo e della Sua corte.
Jhavè, molto irritato per il fallito esperimento, per la prima volta dall'inizio della creazione, vide che " NON ERA BUONO " ciò che aveva fatto. Nessuno della corte celeste doveva sapere del Suo fallimento.
Già si immaginava il sorriso ironico di Lucifero.
Con un gesto fece sparire in una nube di polvere la femmina umana, quella che avrebbe dovuto assumere il nome di Eva e popolare la terra di altri esseri umani.
Nascose la terra in una nube nera.(Il primo buco nero di Jahvè).
In quella parte dell'universo tutto si fermò. Si fermò il tempo. Non vi fu un prima, non vi fu e un dopo.
Non fu il bene e non fu il male.
Non vi fu Caino e non vi fu Abele
Ma Adamo, in quell'istante in cui il tempo si fermò,sognò Eva e la fece sua per l'eternità:
Jhavè, senza volerlo, aveva realizzato il più perfetto sogno d'amore.
Scritto verso la fine degli anni novanta.
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domenica 5 ottobre 2008
UNA FAVOLA (non conclusa)
Una volta un re diede una festa.
Alla festa giunsero le principesse più belle del reame.
Un soldato che faceva la guardia vide passare la figlia del re.
Era la più della di tutte.
Subito se ne innamorò. Ma che poteva fare un povero soldato per conquistare l'amore della figlia del re?
Un giorno la incontrò e Le disse che non poteva più vivere senza di lei.
La principessa fu così toccata dal forte sentimento del soldato che gli disse:
" Se saprai aspettare cento giorni e cento notti sotto il mio balcone, alla fine sarò tua."
Subito il soldato prese una sedia ed andò sotto il balcone della principessa.
Stette un giorno, due giorni, dieci giorni, venti giorni ed ancora, ancora....
giorni e notti.
Ogni sera la principessa, non vista, controllava dalla finestra che il soldato stesse lì ad aspettare.
Giunto alla novantanovesima notte il soldato si alzò, prese la sedia e se ne andò.
La principessa, meravigliata, disse tra se: " Ma come se ne è andato proprio alla fine ?
Qui finisce la favola non mia e che ho semplicemente riassunta.
Non ricordo il nome dell'autore.
Perchè il soldato se ne è andato proprio alla fine ?
Si potrebbero fare diverse ipotesi, anche spiritose.
Trattandosi di una favola, la interpretazione da dare al comportamento del soldato dovrebbe essere la più esaltante ed emotiva.
A me piace immaginare che il soldato, con l'approssimarsi della centesima notte
abbia dubitato della promessa fattagli dalla principessa. – Per il soldato la mancata promessa della principessa sarebbe stata terribile, insopportabile, ne sarebbe morto.- Così, invece, per novantanove giorni e notti era vissuto nell'illusione che la principessa fosse lì ad aspettarlo. –
Forse visse sognando a lungo la centesima notte.
-------------------------------------------------------------------------------
Quando le vicende della vita sembrano delle belle favole, sarebbe saggio interromperle prima che prendano una piega deludente.
Poteva anche accadere che la principessa della favola mantenesse la promessa. Ma la promessa d'amore della principessa sarebbe stata appagante rispetto alle speranze del soldato ? E la passione amorosa quando sarebbe durata ?
Lo stesso si potrebbe dire per la principessa.
I sogni, anche se realizzati, non sono mai durevolmente e completamente appaganti.
L'essere umano è fatto così: anche quando gli sembra di aver realizzato i propri sogni non resta mai soddisfatto. Gli accade di desiderare altro e di più.
Il finale di molte favole, dove si dice o si sottintende: " Tutti vissero felici e contenti", secondo me, è falso.
Infatti nessun favolista, che si rispetti, ci ha provato a continuarle.
Mutando un po i termini della questione, e restando nell'argomento favole, ho spesso pensato che Collodi avrebbe dovuto dare alla favola di "Pinocchio" una fine affatto diversa da quella che le ha dato, facendo diventare Pinocchio un bambino vero, bello, buono e bravo.
Per Pinocchio burattino io avrei immaginato una fine eroica.
Pinocchio burattino "muore" nelle fiamme di un incendio nel tentativo di salvare il padre Geppetto. Insomma, l'umanizzazione di un robot.
Questa sarebbe stata una favola per grandi.
Ma essendo quella di Pinocchio una favola per bambini, Collodi non potette fare a meno di far trionfare alla fine i buoni sentimenti, insomma la redenzione miracolosa.
Molti scrittori si sono divertiti a fare indagini psicologiche sul personaggio Pinocchio. Questo è un altro argomento nel quale rischio di smarrirmi.
Scritto nel novembre del 1998. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it ________________________________________________________________________
Una volta un re diede una festa.
Alla festa giunsero le principesse più belle del reame.
Un soldato che faceva la guardia vide passare la figlia del re.
Era la più della di tutte.
Subito se ne innamorò. Ma che poteva fare un povero soldato per conquistare l'amore della figlia del re?
Un giorno la incontrò e Le disse che non poteva più vivere senza di lei.
La principessa fu così toccata dal forte sentimento del soldato che gli disse:
" Se saprai aspettare cento giorni e cento notti sotto il mio balcone, alla fine sarò tua."
Subito il soldato prese una sedia ed andò sotto il balcone della principessa.
Stette un giorno, due giorni, dieci giorni, venti giorni ed ancora, ancora....
giorni e notti.
Ogni sera la principessa, non vista, controllava dalla finestra che il soldato stesse lì ad aspettare.
Giunto alla novantanovesima notte il soldato si alzò, prese la sedia e se ne andò.
La principessa, meravigliata, disse tra se: " Ma come se ne è andato proprio alla fine ?
Qui finisce la favola non mia e che ho semplicemente riassunta.
Non ricordo il nome dell'autore.
Perchè il soldato se ne è andato proprio alla fine ?
Si potrebbero fare diverse ipotesi, anche spiritose.
Trattandosi di una favola, la interpretazione da dare al comportamento del soldato dovrebbe essere la più esaltante ed emotiva.
A me piace immaginare che il soldato, con l'approssimarsi della centesima notte
abbia dubitato della promessa fattagli dalla principessa. – Per il soldato la mancata promessa della principessa sarebbe stata terribile, insopportabile, ne sarebbe morto.- Così, invece, per novantanove giorni e notti era vissuto nell'illusione che la principessa fosse lì ad aspettarlo. –
Forse visse sognando a lungo la centesima notte.
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Quando le vicende della vita sembrano delle belle favole, sarebbe saggio interromperle prima che prendano una piega deludente.
Poteva anche accadere che la principessa della favola mantenesse la promessa. Ma la promessa d'amore della principessa sarebbe stata appagante rispetto alle speranze del soldato ? E la passione amorosa quando sarebbe durata ?
Lo stesso si potrebbe dire per la principessa.
I sogni, anche se realizzati, non sono mai durevolmente e completamente appaganti.
L'essere umano è fatto così: anche quando gli sembra di aver realizzato i propri sogni non resta mai soddisfatto. Gli accade di desiderare altro e di più.
Il finale di molte favole, dove si dice o si sottintende: " Tutti vissero felici e contenti", secondo me, è falso.
Infatti nessun favolista, che si rispetti, ci ha provato a continuarle.
Mutando un po i termini della questione, e restando nell'argomento favole, ho spesso pensato che Collodi avrebbe dovuto dare alla favola di "Pinocchio" una fine affatto diversa da quella che le ha dato, facendo diventare Pinocchio un bambino vero, bello, buono e bravo.
Per Pinocchio burattino io avrei immaginato una fine eroica.
Pinocchio burattino "muore" nelle fiamme di un incendio nel tentativo di salvare il padre Geppetto. Insomma, l'umanizzazione di un robot.
Questa sarebbe stata una favola per grandi.
Ma essendo quella di Pinocchio una favola per bambini, Collodi non potette fare a meno di far trionfare alla fine i buoni sentimenti, insomma la redenzione miracolosa.
Molti scrittori si sono divertiti a fare indagini psicologiche sul personaggio Pinocchio. Questo è un altro argomento nel quale rischio di smarrirmi.
Scritto nel novembre del 1998. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it ________________________________________________________________________
giovedì 2 ottobre 2008
CHI SEI. CHE COSA SEI.
Chiacchierando con palladipelo sulle relazioni umane, mi sovviene questo "pensiero bucato" che nasce dal famoso detto di Socrate: "conosci te stesso".
Colloquio tra due persone sconosciute l'una all'altra:
Tizio, persona gentile, domanda a Caio, persona gentile: "CHI SEI?"
Caio risponde: "SONO CAIO" ed aggiunge il resto: l'età, il domicilio, il titolo di studio, la professione, ecc. ecc.
Fin qui tutto normale. Domande normali, risposte normali.
Altro esempio di colloquio tra le stesse persone:
Tizio domanda a Caio: "CHE COSA SEI?"
Caio guarda Tizio, sconcertato, allarga le braccia, con la bocca semiaperta, con muta ed eloquente espressione del viso, sembra dire:
"NON LO SO"
Chiacchierando con palladipelo sulle relazioni umane, mi sovviene questo "pensiero bucato" che nasce dal famoso detto di Socrate: "conosci te stesso".
Colloquio tra due persone sconosciute l'una all'altra:
Tizio, persona gentile, domanda a Caio, persona gentile: "CHI SEI?"
Caio risponde: "SONO CAIO" ed aggiunge il resto: l'età, il domicilio, il titolo di studio, la professione, ecc. ecc.
Fin qui tutto normale. Domande normali, risposte normali.
Altro esempio di colloquio tra le stesse persone:
Tizio domanda a Caio: "CHE COSA SEI?"
Caio guarda Tizio, sconcertato, allarga le braccia, con la bocca semiaperta, con muta ed eloquente espressione del viso, sembra dire:
"NON LO SO"
mercoledì 20 agosto 2008
FURORE ( in TV )
Il 20.02.99. Sabato sera, in T.V. "Furore".
Titolo molto azzeccato per quelli che vi hanno partecipato.
Monache e monaci,sembravano baccanti e satiri.
Uno spettacolo indecente.
Che vergogna !
Le espressioni del volto dicevano veramente quale era la passione dalla
quale erano mossi.
Assatanati sembravano.
Pareva che soffrissero di una lunga e sofferta astinenza.
"L'Osservatore romano" li ha bacchettati
Qualcuno inaspettatamente ha detto che non avevano fatto nulla di male
Ne avevano però tutta l'intenzione
Se così in pubblico figuriamoci in privato !
Dalla agilità con la quale si muovevano c'era da credere che a quei balli si erano precedentemente allenati con maggiore libertà di movimenti e di strette molto più vigorose.
Bene,bene,bene.
Vizi privati e pubbliche virtù.
Il 20.02.99. Sabato sera, in T.V. "Furore".
Titolo molto azzeccato per quelli che vi hanno partecipato.
Monache e monaci,sembravano baccanti e satiri.
Uno spettacolo indecente.
Che vergogna !
Le espressioni del volto dicevano veramente quale era la passione dalla
quale erano mossi.
Assatanati sembravano.
Pareva che soffrissero di una lunga e sofferta astinenza.
"L'Osservatore romano" li ha bacchettati
Qualcuno inaspettatamente ha detto che non avevano fatto nulla di male
Ne avevano però tutta l'intenzione
Se così in pubblico figuriamoci in privato !
Dalla agilità con la quale si muovevano c'era da credere che a quei balli si erano precedentemente allenati con maggiore libertà di movimenti e di strette molto più vigorose.
Bene,bene,bene.
Vizi privati e pubbliche virtù.
venerdì 23 maggio 2008
ancora sul paiolo bucato
Cara nipote Francesca,
sebbene ne avessi fatto richiesta nel mio precedente post, nessuno, finora, mi è venuto in aiuto per spiegarmi perchè mai ho scelto "Il paiolo bucato" come nome del mio blog.
Una scelta della quale ho poco di che vantarmi, essendo io il dominus esclusivo del mio blog.
Della storiella raccontata nel libro di Pier Aldo Rovatti mi colpì, non tanto il racconto, quanto il titolo: "Il paiolo bucato". Come se, per qualche motivo rimastomi ignoto, mi potesse riguardare.
Quel nome deve essermi rimasto nell'inconscio. E' riemerso, se così si può dire, nel momento in cui ho dovuto scegliere un nome per il mio blog.
Salva qualche sporadica lettura in materia, non ho molta dimestichezza con i meccanismi che governano la mente umana.
Dopo aver riflettuto, ti dico quello che penso.
Secondo me, l'essere umano, nel corso della sua evoluzione, deve aver fatto un salto di qualità, senza tuttavia raggiungere un traguardo finale.
Infatti, a differenza di tutti gli altri animali, non è mai soddisfatto della sua condizione.
Qualsiasi animale, soddisfatti i suoi bisogni più elementari (gli istinti), non cerca altro.
L'uomo, invece, sembra avere dentro di se un vuoto incolmabile, non importa quanto sia grande il suo dominio raggiunto sul mondo che lo circonda.
Come definire il vuoto incolmabile di cui ho detto sopra?
Tanti lo collocano in una dimensione indefinita, astratta. (Questo è un discorso a parte)
Io, invece, lo colloco più concretamente nel DNA (codice genetico), se si vuole, nel nostro cervello il quale come tutti sanno è l'organo che presiede alle nostre funzioni vegetative, sensoriali, emozionali ed intellettuali.
A questo punto avrai già capito che "II paiolo bucato" è una metafora del nostro DNA. Un organo, che rappresenta tutta la nostra personalità con i suoi pregi e i suoi difetti, compreso il senso della nostra perenne incompletezza.
Le parole astratte ne sono un esempio: il bene, il male, la libertà, la verità, la giustizia, ecc.
Tutti "paioli" mai colmi, perchè senza fondo, nei quali ciascuno ci mette quello che vuole.
Secondo me siamo tutti paioli, delle più svariate dimenzioni, ma tutti bucati, più o meno.
Per quello che mi riguarda mi piace considerarmi un piccolo paiolo con meno buchi rispetto a quelli di tanti altri.
sebbene ne avessi fatto richiesta nel mio precedente post, nessuno, finora, mi è venuto in aiuto per spiegarmi perchè mai ho scelto "Il paiolo bucato" come nome del mio blog.
Una scelta della quale ho poco di che vantarmi, essendo io il dominus esclusivo del mio blog.
Della storiella raccontata nel libro di Pier Aldo Rovatti mi colpì, non tanto il racconto, quanto il titolo: "Il paiolo bucato". Come se, per qualche motivo rimastomi ignoto, mi potesse riguardare.
Quel nome deve essermi rimasto nell'inconscio. E' riemerso, se così si può dire, nel momento in cui ho dovuto scegliere un nome per il mio blog.
Salva qualche sporadica lettura in materia, non ho molta dimestichezza con i meccanismi che governano la mente umana.
Dopo aver riflettuto, ti dico quello che penso.
Secondo me, l'essere umano, nel corso della sua evoluzione, deve aver fatto un salto di qualità, senza tuttavia raggiungere un traguardo finale.
Infatti, a differenza di tutti gli altri animali, non è mai soddisfatto della sua condizione.
Qualsiasi animale, soddisfatti i suoi bisogni più elementari (gli istinti), non cerca altro.
L'uomo, invece, sembra avere dentro di se un vuoto incolmabile, non importa quanto sia grande il suo dominio raggiunto sul mondo che lo circonda.
Come definire il vuoto incolmabile di cui ho detto sopra?
Tanti lo collocano in una dimensione indefinita, astratta. (Questo è un discorso a parte)
Io, invece, lo colloco più concretamente nel DNA (codice genetico), se si vuole, nel nostro cervello il quale come tutti sanno è l'organo che presiede alle nostre funzioni vegetative, sensoriali, emozionali ed intellettuali.
A questo punto avrai già capito che "II paiolo bucato" è una metafora del nostro DNA. Un organo, che rappresenta tutta la nostra personalità con i suoi pregi e i suoi difetti, compreso il senso della nostra perenne incompletezza.
Le parole astratte ne sono un esempio: il bene, il male, la libertà, la verità, la giustizia, ecc.
Tutti "paioli" mai colmi, perchè senza fondo, nei quali ciascuno ci mette quello che vuole.
Secondo me siamo tutti paioli, delle più svariate dimenzioni, ma tutti bucati, più o meno.
Per quello che mi riguarda mi piace considerarmi un piccolo paiolo con meno buchi rispetto a quelli di tanti altri.
sabato 10 maggio 2008
Perchè ' "IL PAIOLO BUCATO "
Il paiolo è un recipiente di rame con manico di ferro ad arco che permette di appenderlo ad un gancio al centro del camino. E' tutt'ora usato, in ambiente agricolo, per scaldare l'acqua e cuocere vivande.
Se tale è l'uso che se ne fa, un paiolo bucato non serve a niente.
Al momento in cui ho scelto questo nome per il mio blog mi sono ricordato di un libro dal titolo " Il paiolo bucato" dello scrittore Pier Aldo Rovatti, il quale lo ha ripreso dal libro "Interpretazione dei sogni" di S. Freud.
Si tratta di una storiella:
"Un tizio presta un paiolo e quando gli viene restituito si lamenta che è bucato.
L'altro gli risponde così: quando te l'ho restituito era intatto, inoltre quando me l'hai prestato il paiolo era già bucato, e inoltre tu non mi hai mai prestato un paiolo".
E' un sogno raccontato a S. Freud da una sua paziente di nome Irma.
Non so come sia stato intepretato da S. Freud. Il commento che ne fa Rovatti, nel suo libro, non è di facile lettura...
Insomma siamo nella psicanalisi, con la quale ho poca dimestichezzsa.
Il sogno in questione, come molti sogni, non ha sequenza logica, è piu che un paradosso, un non senso. Essendo io il dominus del blog in questione, chiunque potrebbe, giustamente, indicarmi come un paiolo bucato.
Ora mi chiedo: perchè mai, per il mio blog, ho scelto come nome "il paiolo bucato"?
Ci deve essere un motivo, forse è nascosto negli scuri meandri del mio subcoscio,
Freud è morto. Chi mi aiuta ????
Se tale è l'uso che se ne fa, un paiolo bucato non serve a niente.
Al momento in cui ho scelto questo nome per il mio blog mi sono ricordato di un libro dal titolo " Il paiolo bucato" dello scrittore Pier Aldo Rovatti, il quale lo ha ripreso dal libro "Interpretazione dei sogni" di S. Freud.
Si tratta di una storiella:
"Un tizio presta un paiolo e quando gli viene restituito si lamenta che è bucato.
L'altro gli risponde così: quando te l'ho restituito era intatto, inoltre quando me l'hai prestato il paiolo era già bucato, e inoltre tu non mi hai mai prestato un paiolo".
E' un sogno raccontato a S. Freud da una sua paziente di nome Irma.
Non so come sia stato intepretato da S. Freud. Il commento che ne fa Rovatti, nel suo libro, non è di facile lettura...
Insomma siamo nella psicanalisi, con la quale ho poca dimestichezzsa.
Il sogno in questione, come molti sogni, non ha sequenza logica, è piu che un paradosso, un non senso. Essendo io il dominus del blog in questione, chiunque potrebbe, giustamente, indicarmi come un paiolo bucato.
Ora mi chiedo: perchè mai, per il mio blog, ho scelto come nome "il paiolo bucato"?
Ci deve essere un motivo, forse è nascosto negli scuri meandri del mio subcoscio,
Freud è morto. Chi mi aiuta ????
giovedì 1 maggio 2008
Ancora su "internet"
Cara nipote Francesca,
Sono rimasto piacevolmente sorpreso che la mia e-mail, pubblicata sul tuo blog, ha attirato l'attenzione ed i commenti assai benevoli delle tue amiche Flavia Brevi e An-gina. (Come si chiama veramente An-gina?)
Ad An-gina, che si è offerta come "nipotastra", rispondo che ho gia nove nipoti, ma non mi dispiacerebbe adottarla, via internet, come nipote-astra ("per aspera ad astra").
Un caro saluto da
tuo nonno Carlo,
alias "il paiolo bucato"
Sono rimasto piacevolmente sorpreso che la mia e-mail, pubblicata sul tuo blog, ha attirato l'attenzione ed i commenti assai benevoli delle tue amiche Flavia Brevi e An-gina. (Come si chiama veramente An-gina?)
Ad An-gina, che si è offerta come "nipotastra", rispondo che ho gia nove nipoti, ma non mi dispiacerebbe adottarla, via internet, come nipote-astra ("per aspera ad astra").
Un caro saluto da
tuo nonno Carlo,
alias "il paiolo bucato"
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