Cara nipote Francesca,
sebbene ne avessi fatto richiesta nel mio precedente post, nessuno, finora, mi è venuto in aiuto per spiegarmi perchè mai ho scelto "Il paiolo bucato" come nome del mio blog.
Una scelta della quale ho poco di che vantarmi, essendo io il dominus esclusivo del mio blog.
Della storiella raccontata nel libro di Pier Aldo Rovatti mi colpì, non tanto il racconto, quanto il titolo: "Il paiolo bucato". Come se, per qualche motivo rimastomi ignoto, mi potesse riguardare.
Quel nome deve essermi rimasto nell'inconscio. E' riemerso, se così si può dire, nel momento in cui ho dovuto scegliere un nome per il mio blog.
Salva qualche sporadica lettura in materia, non ho molta dimestichezza con i meccanismi che governano la mente umana.
Dopo aver riflettuto, ti dico quello che penso.
Secondo me, l'essere umano, nel corso della sua evoluzione, deve aver fatto un salto di qualità, senza tuttavia raggiungere un traguardo finale.
Infatti, a differenza di tutti gli altri animali, non è mai soddisfatto della sua condizione.
Qualsiasi animale, soddisfatti i suoi bisogni più elementari (gli istinti), non cerca altro.
L'uomo, invece, sembra avere dentro di se un vuoto incolmabile, non importa quanto sia grande il suo dominio raggiunto sul mondo che lo circonda.
Come definire il vuoto incolmabile di cui ho detto sopra?
Tanti lo collocano in una dimensione indefinita, astratta. (Questo è un discorso a parte)
Io, invece, lo colloco più concretamente nel DNA (codice genetico), se si vuole, nel nostro cervello il quale come tutti sanno è l'organo che presiede alle nostre funzioni vegetative, sensoriali, emozionali ed intellettuali.
A questo punto avrai già capito che "II paiolo bucato" è una metafora del nostro DNA. Un organo, che rappresenta tutta la nostra personalità con i suoi pregi e i suoi difetti, compreso il senso della nostra perenne incompletezza.
Le parole astratte ne sono un esempio: il bene, il male, la libertà, la verità, la giustizia, ecc.
Tutti "paioli" mai colmi, perchè senza fondo, nei quali ciascuno ci mette quello che vuole.
Secondo me siamo tutti paioli, delle più svariate dimenzioni, ma tutti bucati, più o meno.
Per quello che mi riguarda mi piace considerarmi un piccolo paiolo con meno buchi rispetto a quelli di tanti altri.
venerdì 23 maggio 2008
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1 commento:
caro nonno,
io sono decisamente un paiolo pieno di buchi... come si fa a tapparne qualcuno?
e soprattutto come si fa ad essere certi che non ci saranno fuoriuscite perché il materiale con cui si è tappato un certo buco non è quello giusto?
o non è poi così resistente da durare, non dico per sempre, ma almeno a lungo?
convivo con i miei buchi da sempre e un po' mi ci sono affezionata... chissà. forse, se anche avessi la possibilità di tapparli, non lo farei... perché in fondo sono anche quei buchi a darti la forza e la volontà di andare avanti a cercare di tapparli, senza però mai realmente volerlo fare... un circolo vizioso, no?
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