sabato 18 ottobre 2008

ALTA MAREA

Idea per un racconto

Titolo:
"ALTA MAREA"

Protagonisti principali:
Un uomo ed una donna. Entrambi giovani.
Lui di origine europea
Lei di origine orientale.
Ciascuno vive sotto falsa identità.
Si incontrano occasionalmente in località lontana dalle loro residenze abituali.
Nessuno dei due sa della vera identità dell'altro
Si innamorano e si amano intensamente.
Per un caso fortuito non si incontrano ad un appuntamento.
Si cercano l'un l'altro, inutilmente.
L'uomo sa solo che la donna è nata e forse risiede in un'isola di cui sa solo che si trova in un arcipelago dell'oceano indiano.
La donna, dopo lunghe ed inutili ricerche ritorna alla sua isola natia sperando che l'uomo la cerchi anche se sa che lui conosce solo il nome dell'arcipelago.
L'uomo cerca la donna della quale conserva solo una fotografia
L'attesa della donna e le ricerche dell'uomo durano quasi quanto le loro vite.
L'uomo, ormai vecchio e stanco, trova finalmente la donna.
La trova morente ed ancora in attesa di lui.
La lunga ricerca di lui e la lunga attesa di Lei non sono state inutili.
Lei è alla fine della sua vita.
Che resta ?
Finire insieme.
Come ?
L'uomo trasporta la donna su una spiaggia deserta.
Scava nella sabbia una fossa profonda.
L'uomo prende per se una forte dose di sonnifero e lo somministra anche alla donna morente ma cosciente,
L'uomo si adagia nella fossa accanto alla donna.
Ora sono uniti per sempre.
Muoiono entrambi mentre l'alta marea ricopre lentamente la fossa.


Il perchè del titolo " Alta marea "

L'alta marea, nel racconto, è un avvenimento reale ma ha anche un valore simbolico.
L'alta marea, come si sa è un evento naturale. Nulla può fermarla.
La marea, nel racconto, rappresenta lo scorrere inesorabile ed indifferente del tempo che tutto consuma, vita e sentimenti.
L'inesorabile passare del tempo ed il destino che lentamente si compie sembra dominare l'intero racconto. Ma gli amanti, alla fine, vincono la inesorabilità del tempo e del destino e cercano rifugio in un'altra dimensione.
In quell'istante di tempo, tra vita e morte, nella dimensione del sogno d'amore hanno raggiunto l'eternità.
Che altro resta ?
" Il resto è silenzio " (Sono le ultime parole di Amleto prima di morire)
Scritto nell'ottobre del 1996)
pubblicato ora su internet da: saveriosavio@yahoo.it

venerdì 17 ottobre 2008

PREGHIERA DI NON CREDENTE

Signore,
ti ho cercato ma non ti ho trovato.
Non ti ho riconosciuto nei testi sacri delle religioni monoteistiche: ebraica, cristiana, musulmana.
Nella religione cristiana alla quale appartengo perché battezzato, sei descritto come un essere infinitamente buono . Ma troppo sono le contraddizioni apparenti tra la tua asserita bontà ed i mali che affliggono questo mondo che, si dice, tu hai creato.
Nel vangelo si racconta che tuo figlio Gesù Cristo, prima di morire in croce, ti ha pregato così: " Padre perdona loro perché essi non sanno quello che fanno."
Perché non hai ascoltato la preghiera di tuo figlio ?
Non hai perdonato allora e neppure dopo, una volta per sempre.
Io che sono un non credente, solo perché non credo a ciò che di te raccontano i preti, quale preghiera dovrei rivolgerti ?
Non so cosa dirti, ma tu chiunque sei, se puoi e vuoi, prendimi per mano e guidami.
Come un cieco ti seguirò.
Scritto il 15. 07. 97.

COMMENTO ( a distanza di oltre dieci anni )

" La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (lettera agli Ebrei di Paolo di Tarso, San Tommaso, ecc:)

Il credere o non credere è, dunque, questione di avere o non avere la fede.
La fede è un dono di Dio. (Conc. Vat. II°).
La fede sorge a seguito di un evento straordinario che offusca la ragione ed annulla la volontà. E' ciò che, secondo i vangeli, sarebbe già accaduto ed ai primi apostoli.
"Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini " (Mt. 1,19) disse Gesù a Pietro e Andrea, pescatori, i quali lasciarono subito le reti e lo seguirono. Così fece con gli altri apostoli. A Matteo, seduto al banco della dogana, disse solo " seguimi " (Mt 9.10) e Matteo lo seguì. Tutti lo seguirono immediatamente senza chiedere spiegazioni.
Dunque si tratterebbe di questo: una "chiamata irresistibile", un atto di violenza (vis cui resisti non potest) esercitato da un essere strapotente su creature che non possono resistere alla chiamata.
La chiamata cade anche su esseri non meritevoli (es. Paolo di Tarso sulla via di Damasco).
"Lo spirito soffia dove vuole "(Gv. 3,8)
Se cosi fosse, come si afferma nei vangeli, Dio chiama e sceglie insindacabilmente secondo criteri inaccessibili alla mente umana e perciò misteriosi.

Conclusione
DIO MIO, SE NON MI CHIAMI COME MI SALVO ?

P.S. A proposito: che ne è del libero arbitrio ???
Scritto da saveriosavio@yahoo.it

giovedì 16 ottobre 2008

PRIMA ESPERIENZA DI POST "internet"

Martedì 13 maggio 2008
lettera a mia nipote su internet

Carissima nipote Francesca,

premetto che sono un navigatore novizio di internet.
Questa nuova esperienza, che per me è quasi un'avventura, mi ha suggerito una associazione di idee, direi una metafora, sull' "infinito".
Sapevo che internet è una grande rete telematica dove ognuno può dare e ricevere informazioni su qualsiasi materia. Non immaginavo, però, che fosse così estesa, quasi infinita.
Ecco cosa ho pensato.
Non ricordo dove ho letto o sentito che taluno, curioso di saperne di più, chiese ad un astronomo se l'universo avesse un confine. L'astronomo gli rispose così (riassumo):
" Fai conto di essere giunto al confine, proprio sul bordo, dell'universo, stendi il braccio avanti a te, là dove giungono le dita della tua mano là è il confine dell'universo."
Avrai già capito che quell'astronomo stava spiegando l'"universo in espansione".
Aggiungo che se quel curioso avesse pensato di prolungare il braccio con un bastone, lungo quanto si voglia, la punta del bastone avrebbe segnato il confine dell'universo.
Ora, venendo a parlare di internet, posso dire che internet, in un certo senso, è anch'esso un universo in espansione.
Infatti, il movimento della manina sullo schermo del pc mi dà l'impressione di potermi muovere senza limiti di spazio (si aprono sempre nuovi spazi) ed anche di tempo.
Avendo tanto tempo a disposizione quanto non ne potrò mai avere ed avendo tante domande da fare quante non me ne potrò mai immaginare - anche sul "nulla" - quella infaticabile manina, segnerà, ad ogni istante di tempo, il confine dell'universo mediatico.
Tutto quanto sopra, salvo "catastrofico totale black- out".
A quel punto finirebbero le ambizioni umane. (Sai della estinzione dei dinosauri?)
Un affettuoso ciao da tuo nonno Carlo

P.S. - Eccoti un aforisma che non ho mai letto o sentito da nessuna parte.
Il buon senso è meno comune del senso comune"

saveriosavio@yahoo.it

mercoledì 8 ottobre 2008

" LA PERGAMENA "

Ogni tanto il mio sguardo si posa su una pergamena appesa ad una parete del mio studio, alle spalle della poltrona, dietro la mia scrivania
E' il mio diploma di laurea. Reca la data del 12.07.1947, il giorno in cui mi sono laureato. Me lo ricordo quel giorno. Fu un evento importante nella mia vita.
Da allora sono passati più di cinquant'anni.
Con la fantasia vado al giorno 12 luglio 2047, proprio 12 luglio duemilaqua-
rantasette.
A quella data sarà trascorso un secolo dal 12 luglio 1947.
Chi e che cosa ci sarà in questa stessa stanza ?
Eccetto i muri, forse, non ci sarà più niente che io abbia visto o conosciuto in vita. Forse no. E' probabile che ci sarà mio nipote ..... già vecchio. Forse avrà conservato da qualche parte, non troppo in vista, come un cimelio, il mio diploma di laurea.
Ma, prima o poi, anche quel vago ricordo andrà perduto assieme alla pergamena. Allora, di me più nulla.

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L'EDEN O LA QUINTA DIMENSIONE.

Mi piace di più fantasticare di una persona che, a quella data (12.07.2047) vecchia quanto me adesso, passando per questa strada e sollevando lo sguardo verso l'ottavo piano dove ora è il mio studio lanci questo pensiero che misteriosamente mi raggiunge nella dimensione dove immagino di trovarmi:
" Io qui ci ho lavorato tanti anni fa. C'era un avvocato di nome Carlo.
Era un po sognatore, spesso scherzava e raccontava favole. Voleva bene a tutte le persone che collaboravano con lui nello studio. Essendo lui un non credente, aveva con me credente un comportamento un poco ironico ma sempre corretto ed amichevole. Malgrado questo rapporto un pò dialettico ho sempre pensato che a me volesse bene di più; scommetto che se lo incontrassi là dove ora si trova mi racconterebbe una favola."
Ed io, per risposta: "Non mi aspettavo che nella dimensione nella quale ora mi trovo mi giungesse da Voi questo grazioso pensiero
Grazie, molte grazie." - "Se mai un giorno vi trovaste a passare da queste parti e voleste fermarvi un po Vi condurrei ad un bar non a caso chiamato Eden a consumare un elisir di lunga vita. " - "Qui non si raccontano favole come laggiù dove le favole sono racconti di desideri insoddisfatti, qui, invece, sono storie vere vissute; qui nessuno toglie niente a nessuno, qui nessuno comanda e nessuno ubbidisce, tutti liberi, dove ora mi trovo è quella che, quando ero laggiù, chiamavo la quinta dimensione; come vedete esiste veramente." – "Mi è bastato crederci ed eccomi qui; fareste bene a crederci anche Voi." - " Vi ringrazio ancora per il gentile pensiero che avete avuto ricordandovi di me."
Fine del sogno.
Scritto il 25.11.98. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it

lunedì 6 ottobre 2008

" LA PASSERA "

Un passero vide una passera che volava solitaria. La inseguì e la raggiunse.
Era una bella passera. Un bel becco, un bel collo, un bel petto, belle ali, bellissima coda. Proprio bella.
Le si avvicinò e: "cip... cip... cip... è un bel po che ti seguo, puoi fermarti un momento?"
La passera, fingendo fastidio: "cip... cip...cip...che vuoi ? Non posso fermarmi
ho da fare."
Il passero: "Che cosa hai tanto da fare che non puoi fermarti ?"
La passera: "Sto preparando il nido. Vado in cerca di pagliuzze e di fili d'erba secca. In giro non ce ne sono tanti."
Il passero: "Tu ce l'hai un compagno ?"
La passera: "Non ancora; ci sono stati altri passeri che si volevano accompagnare a me; non mi sono piaciuti. Non si sono neppure offerti di aiutarmi a trovare le pagliuzze. Erano dei farfalloni. Non avevano intenzioni serie. E poi, questa è la prima volta che preparo il nido. Capisci cosa intento dire ?"
Il passero fa il finto tonto e: "Te lo ha detto mai nessuno che sei proprio una bella passera ?"
La passera delusa dalla risposta: " Dicono tutti così. Ma tu chi sei ? Prima d'ora non ti ho mai visto."
Il passero: " Vengo da lontano. E' la prima volta che vado in cerca di una passera. Ho visto te e mi sei subito piaciuta."
La passera lusingata ma guardinga: " E con questo ?"
Il passero capisce che deve guadagnarsi la fiducia della passera ed in tono suadente "Vorrei aiutarti a trovare le pagliuzze."
La passera: " Tu lo sai che significa cercare assieme le pagliuzze ?. "
Il passero accattivante: " Credo di si. Penso che un passero ed una passera devono piacersi e stare sempre insieme."
La passera non gli risponde, vuole metterlo alla prova; volando scese su un prato ed il passero la seguì.
La passera prese col becco un filo d'erba secca ed il passero ne prese un'altro.
La passera riprese a volare ed il passero la seguì nel nido che si trovava sotto la tegola di un tetto di una vecchia casa.
Il passero vide che la preparazione del nido era appena iniziata.
C'erano pochi fili d'erba intrecciati.
Il passero pensò: " Qui ci vorrà un bel po di fatica per finire il nido. Forse ne vale la pena; lei è proprio una bella passera e mi piace molto. "
La passera intrecciò con altri fili d'erba il filo d'erba che aveva nel becco ed il passero attese con il filo d'erba che tratteneva nel becco. Aspettava il momento propizio per beccare fuggevolmente il becco di lei.
La passera: " Che fai, che aspetti ?"
Il passero: " Non so come si fa, aggiustalo tu."
Così dicendo, porse il filo d'erba nel becco di Lei. –
La passera: " L'hai fatto apposta ?"
Il passero temendo che la passera lo cacciasse: " Mi sono trovato a porgerti il filo d'erba e sono stato attratto dalla tua beccuccia. E' stato più forte di me. Credo che non ci sia niente di male; come hai visto io ti sto aiutando, mi piacerebbe stare insieme a te."
La passera, sempre guardinga: " Staremo a vedere, intanto bisogna cercare le pagliuzze. "
Il passero, incoraggiato dal primo successo, si dette molto da fare a trovare altre pagliuzze e portarle al nido.
Ad ogni pagliuzza che il passero Le porgeva la passera lasciava che il passero le beccasse la beccuccia.
Il passero qualche volta la beccava anche sul collo, sulle ali e sulla coda.
La passera ormai lo aveva scelto per compagno ma non glielo fece capire, voleva essere sicura.
Dopo parecchi giorni finalmente il nido fu completo. Era proprio un bel nido.
Il passero aveva faticato parecchio a cercare e portare al nido i fili d'erba e le pagliuzze.
Il passero, ora, pensava: " il nido è finito sarebbe molto bello se potessi restare assieme a Lei e beccarla più spesso; mi piace tanto questa passera, chissà se mi vorrà ?
Gli venne un'idea che gli parve bellissima.
Il passero si avviò verso l'uscita del nido e stava per spiccare il volo.
La passera, preoccupata: " Dove vai? Il nido è finito ".
Il passero: " Torno subito." E volò via, volò e volò. Finalmente vide in un prato
ciò che cercava. Un fiorellino rosso. Lo colse delicatamente e si presentò all'ingresso del nido col fiorellino nel becco ed attese trepidante.
La passera: " Oh carissimo passerotto mio. Ti stavo aspettando. Temevo che non tornassi più. Mi hai fatto soffrire."
Il passero porse il fiorellino nella beccuccia della passera.
La passera lo prese, lo tenne per un po' nel becco e poi lo lasciò cadere.
Tenne il becco aperto verso il becco del passero e chiuse gli occhi.
Era pronta per essere "beccata."
Il passero Le beccò a lungo la beccuccia, poi saltò su di lei, battè freneticamente le ali e: "cip... cip... cip.... oh passera mia dolcissima, quanto ho atteso questo momento !" e tutti e due: cip... cip.... cip....cip.... e ciap.... ciap......ciap"
Qualche piccola penna rosa della "passerina" volò nell'aria.
Scritto il 23 luglio 1997.
pubblicato ora in internet da saveriosavio@yahoo.it
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ADAMO E L'ORIGINE DEI SESSI" (tra religione, mitologia e scienza)


A distanza di oltre dieci anni, rileggendo "FANTASIA BIBLICA". mi viene di pensare cosa sia potuto accadere ad Adamo ed Eva nel paradiso terrestre prima che essi mangiassero il frutto proibito,
Nella Bibbia ci sono dei passaggi narrativi che, già ad una prima lettura, sembrano addirittura insensati.
Dando per ammessi i fatti biblici che precedono la creazione di Adamo, mi piace scrivere, per mio divertimento, un racconto, più o meno sensato, su come si sia svolta la vicenda di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre.
Seguendo ciò che si narra nella Bibbia, tento di rispondere alle seguenti domande:
- Perchè Jhavè non concesse ad Adamo, subito dopo la creazione, una compagna così come aveva fatto per gli altri animali, tutti fatti a coppie, maschio e femmina ?
- Adamo aveva veramente bisogno di una compagna ?
- E' credibile che Eva sia stata creata da una costola di Adamo ?
Comincio dalla creazione di Adamo.
Nella Bibbia si afferma che Jhavè aveva creato Adamo a sua immagine e somiglianza
Innanzitutto è arduo immaginare come un essere materiale, finito ed imperfetto, come l'uomo, possa essere, molto lontanamente, simile ad un Dio immateriale, perefetto ed infinito.
Seguendo la narraxione biblica devo necessariamente ritenere che Jhavè, al momento della creazione di Adamo, abbia pensato se stesso come un essere unico, insieme maschio e femmina e, quindi creò Adamo: "a sua immagine e somiglianza" cioè dotato di entrambi gli organi genitali, del maschio e della femmina, insomma un perfetto ermafrodito.
Così concepito, cioè creato, Adamo non aveva alcun bisogno di una femmina. Era autonomo sul piano sessuale e perciò felicissimo.
Mi piace supporre che Jhavè deve essersi pentito di aver creato Adamo.
Nella Bibbia si narra che Jhavè abbia creato Eva per dare un aiuto ad Adamo. Nulla si dice di che genere di aiuto avesse bisogno Adamo.
In sede mitologica, una situazione quasi uguale è esposta da Platone nel "Simposio" dove Aristofane, partecipante al simposio, narra il mito detto "delle metà"; di come Giove, geloso ed adirato della felicità e dell'arroganza degli esseri umani, li abbia divisi in due, maschio e femmina, separandoli materialmente nei sessi. Nel mito si aggiunge che, da allora, gli uomini e le donne si cercano per ristabilire l'originaria e felice unione dei sessi.
Escluso che Adamo avesse bisogno di una femmina, resta da capire quale sia stato il vero motivo per cui Jhavè tolse al corpo di Adamo una costola.
Un fatto pare indubitabile: che Jhavè si sia pentito di aver creato Adamo come essere umano ermafrodito. (Nel seguito della narrazione biblica Jhavè si pentirà ancora altre volte per altri errori commessi.)
Per la creazione di Eva, Jhavè intervenne personalmente operando, sul corpo di Adamo.
A mio parere Jhavè asportò dal corpo di Adamo NON una costola, comunque insufficiente allo scopo, ma, come aveva fatto Giove, divise in due il corpo di Adamo separando così gli organi sessuali.
Viene spontaneo osservare che se Adamo NON fosse stato ermafrodito, non c'era bisogno di prelevare la costola o altro per creare Eva. Infatti, sarebbe bastato che Jhavè, avesse operato come aveva fatto con Adamo: avrebbe raccolto un mucchio di terra sul quale sarebbe bastato infondere il suo soffio vitale.
In sede scientifica è provato, dai reperti fossili, che i primi esseri viventi erano unicellulari. Nel corso della evoluzione, durata miliardi di anni, gli unicellulari (ermafroditi) si scissero in esseri pluricellulari, via via sempre più complessi e più evoluti e, quindi, si giunse alla separazione dei sessi.
Da ciò che ho sopra molto brevemente esposto, pare, in primo luogo, credibile che il mito della origine e della separazione dei sessi narrato nella Bibbia sia stato copiato da altri miti pagani più antichi e, secondo le credenze pagane,certamente meno insensati e ridicoli, rispetto a quello narrato nella Bibbia.
Di più, le ricerche scientifiche provano che l'origine e la separazione dei sessi hanno avuto origini e cause biologiche. La evoluzione biologica è un dato di fatto generalmente acquisito.
Occorre solamente ammettere che l'origine della vita resta, allo stato delle ricerche scientifiche, ancora un mistero.
Scritto il 4.10.2008 da:
saveriosavio@yahoo.it

FANTASIA BIBLICA

A Jhavè l'esperimento sembrava ben riuscito.
La sua corte celeste ne sarebbe rimasta entusiasta.
Già si immaginava i complimenti.
Da una costola di Adamo, Jhavè creò la femmina di Adamo. Le infuse un sonno leggero e la fece adagiare a fianco di Adamo che Javè aveva fatto addormentare precedentemente.
Il mattino seguente i due si sarebbero svegliati, conosciuti e subito piaciuti
Così pensava Jhavè.
Adamo si svegliò e per la prima volta vide quella creatura che dormiva nuda, distesa al suo fianco.
Adamo prima d'allora non aveva mai conosciuto una femmina umana. Si immaginava solo vagamente come potesse essere. Pensava che se fosse esistita, a parte gli attributi comuni agli altri mammiferi, sarebbe somigliata più o meno alle femmine degli altri animali che vivevano con lui nell'Eden.
Lo sguardo di Adamo corse subito e si fermò, curioso, a frugare tra le gambe di quell'essere in cerca dell'oggetto del desiderio.
Osservò incantato il ricciuto cespuglio di peli che, seducente, spuntava sul triangolo pubico
Gli parve di capire. Quell'essere era una femmina umana, forse la sua femmina.
La trovò bellissima, stupenda.
Fortemente emozionato sospirò: quanto è bella !
Gli batte forte il cuore e uno strano incontenibile rimescolio di visceri e di sangue lo prese assieme ad un prepotente desiderio mai prima provato di toccare ed abbracciare, possedere quel corpo. Un'emozione mai prima provata.
Jhavè aveva fatto le cose proprio per benino.
L'attrazione sessuale avrebbe assicurato una futura numerosa progenie.
Lo spettacolo del dramma del genere umano sembrava assicurato per molti millenni.
Neppure Lucifero, tra gli angeli il più intelligente, avrebbe avuto da ridire.
Adamo dubitò: "E' troppo bella per essere stata destinata a me, forse Jhavè l'ha fatta per se stesso."
Jhavè, dopo la creazione degli altri animali, tutti a coppie, maschi e femmine, non avvertì Adamo che avrebbe procurato anche a lui una femmina.
Timoroso di offendere Jhavè, Adamo, prudentemente ed in attesa degli eventi, si voltò sul fianco e chiuse gli occhi sognando di possedere Eva.
Jhavè, nascosto dietro una siepe, stava osservando la scena per verificare
il risultato del suo esperimento.
Restò profondamente deluso del comportamento di Adamo il quale sembrava
essere contrariato dalla presenza della femmina.
Jhavè pensò che il suo progetto era fallito.
Non ci sarebbe stata, a partire dalla prima coppia umana, la storia dell'umanità
così come Lui l'aveva progettata per il divertimento Suo e della Sua corte.
Jhavè, molto irritato per il fallito esperimento, per la prima volta dall'inizio della creazione, vide che " NON ERA BUONO " ciò che aveva fatto. Nessuno della corte celeste doveva sapere del Suo fallimento.
Già si immaginava il sorriso ironico di Lucifero.
Con un gesto fece sparire in una nube di polvere la femmina umana, quella che avrebbe dovuto assumere il nome di Eva e popolare la terra di altri esseri umani.
Nascose la terra in una nube nera.(Il primo buco nero di Jahvè).
In quella parte dell'universo tutto si fermò. Si fermò il tempo. Non vi fu un prima, non vi fu e un dopo.
Non fu il bene e non fu il male.
Non vi fu Caino e non vi fu Abele
Ma Adamo, in quell'istante in cui il tempo si fermò,sognò Eva e la fece sua per l'eternità:
Jhavè, senza volerlo, aveva realizzato il più perfetto sogno d'amore.
Scritto verso la fine degli anni novanta.
Pubblicato ora su internet da: saveriosavio@yahoo.it

domenica 5 ottobre 2008

UNA FAVOLA (non conclusa)

Una volta un re diede una festa.
Alla festa giunsero le principesse più belle del reame.
Un soldato che faceva la guardia vide passare la figlia del re.
Era la più della di tutte.
Subito se ne innamorò. Ma che poteva fare un povero soldato per conquistare l'amore della figlia del re?
Un giorno la incontrò e Le disse che non poteva più vivere senza di lei.
La principessa fu così toccata dal forte sentimento del soldato che gli disse:
" Se saprai aspettare cento giorni e cento notti sotto il mio balcone, alla fine sarò tua."
Subito il soldato prese una sedia ed andò sotto il balcone della principessa.
Stette un giorno, due giorni, dieci giorni, venti giorni ed ancora, ancora....
giorni e notti.
Ogni sera la principessa, non vista, controllava dalla finestra che il soldato stesse lì ad aspettare.
Giunto alla novantanovesima notte il soldato si alzò, prese la sedia e se ne andò.
La principessa, meravigliata, disse tra se: " Ma come se ne è andato proprio alla fine ?
Qui finisce la favola non mia e che ho semplicemente riassunta.
Non ricordo il nome dell'autore.

Perchè il soldato se ne è andato proprio alla fine ?
Si potrebbero fare diverse ipotesi, anche spiritose.
Trattandosi di una favola, la interpretazione da dare al comportamento del soldato dovrebbe essere la più esaltante ed emotiva.
A me piace immaginare che il soldato, con l'approssimarsi della centesima notte
abbia dubitato della promessa fattagli dalla principessa. – Per il soldato la mancata promessa della principessa sarebbe stata terribile, insopportabile, ne sarebbe morto.- Così, invece, per novantanove giorni e notti era vissuto nell'illusione che la principessa fosse lì ad aspettarlo. –
Forse visse sognando a lungo la centesima notte.
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Quando le vicende della vita sembrano delle belle favole, sarebbe saggio interromperle prima che prendano una piega deludente.
Poteva anche accadere che la principessa della favola mantenesse la promessa. Ma la promessa d'amore della principessa sarebbe stata appagante rispetto alle speranze del soldato ? E la passione amorosa quando sarebbe durata ?
Lo stesso si potrebbe dire per la principessa.
I sogni, anche se realizzati, non sono mai durevolmente e completamente appaganti.
L'essere umano è fatto così: anche quando gli sembra di aver realizzato i propri sogni non resta mai soddisfatto. Gli accade di desiderare altro e di più.
Il finale di molte favole, dove si dice o si sottintende: " Tutti vissero felici e contenti", secondo me, è falso.
Infatti nessun favolista, che si rispetti, ci ha provato a continuarle.
Mutando un po i termini della questione, e restando nell'argomento favole, ho spesso pensato che Collodi avrebbe dovuto dare alla favola di "Pinocchio" una fine affatto diversa da quella che le ha dato, facendo diventare Pinocchio un bambino vero, bello, buono e bravo.
Per Pinocchio burattino io avrei immaginato una fine eroica.
Pinocchio burattino "muore" nelle fiamme di un incendio nel tentativo di salvare il padre Geppetto. Insomma, l'umanizzazione di un robot.
Questa sarebbe stata una favola per grandi.
Ma essendo quella di Pinocchio una favola per bambini, Collodi non potette fare a meno di far trionfare alla fine i buoni sentimenti, insomma la redenzione miracolosa.
Molti scrittori si sono divertiti a fare indagini psicologiche sul personaggio Pinocchio. Questo è un altro argomento nel quale rischio di smarrirmi.
Scritto nel novembre del 1998. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it ________________________________________________________________________

giovedì 2 ottobre 2008

CHI SEI. CHE COSA SEI.

Chiacchierando con palladipelo sulle relazioni umane, mi sovviene questo "pensiero bucato" che nasce dal famoso detto di Socrate: "conosci te stesso".

Colloquio tra due persone sconosciute l'una all'altra:

Tizio, persona gentile, domanda a Caio, persona gentile: "CHI SEI?"
Caio risponde: "SONO CAIO" ed aggiunge il resto: l'età, il domicilio, il titolo di studio, la professione, ecc. ecc.

Fin qui tutto normale. Domande normali, risposte normali.

Altro esempio di colloquio tra le stesse persone:

Tizio domanda a Caio: "CHE COSA SEI?"
Caio guarda Tizio, sconcertato, allarga le braccia, con la bocca semiaperta, con muta ed eloquente espressione del viso, sembra dire:

"NON LO SO"