LA LUNGA ATTESA
( le cianfrusaglie )
Nella piazzetta del mercato arabo c'è Alì con il suo carrettino carico di lustre cianfrusaglie.
Una ragazza si ferma a curiosare.
Ad Alì piacerebbe parlare con quella ragazza e le dice: "ci sono anche oggetti per farti sognare".
"Sognare? Cosa?" chiede, curiosa, la ragazza.
"Quello che desideri", risponde Alì.
"Davvero? Che cosa mi consigliate?" chiede la ragazza.
"Credo di sapere cosa va bene per te".
E così dicendo, Alì prende dal carrettino un pupazzo snodabile di legno dall'aspetto accattivante, con un vestitino da clown bianco e scarpine e cappellino di colore rosso e, mostrandolo alla ragazza, le dice: "Questo pupazzo sembra che stesse aspettando proprio te; quando ti sei avvicinata mi è parso che ti stesse facendo una strizzatina d'occhi, vedi sembra che ti stia dicendo "prendimi".
"Questa sera" prosegue Alì "tienilo vicino a te e prima di addormentarti digli piano: "fammi sognare", lui ti farà sognare quello che vuoi."
La ragazza, un po' emozionata, esclama. "Mamma mia, lo dite come se fosse vero! Voi ci credete proprio a queste cose."
Ad Alì quella ragazza fa simpatia.
A bassa voce, come se stesse confidando un segreto, Alì le sussurra all'orecchio: "Certe cose si avverano solo se uno ci crede veramente. Io lo so perché è già accaduto" e...... le racconta una favola.
"Questo pupazzo vedrai ti farà sognare, può darsi che il tuo sogno si avveri, non buttarlo via, non chiuderlo in un cassetto, prenditi cura di lui, non sciupargli il vestitino, le scarpine ed il cappellino, non raccontare a nessuno i tuoi sogni.
Ecco, prendilo, è tuo, te lo regalo".
La ragazza prende il pupazzo e lo osserva sorridendo poi, volgendosi ad Alì, gli dice: "Grazie siete molto gentile. Sono sicura che questo pupazzo mi farà sognare e mi porterà fortuna, lo terrò sempre con me, mi ricorderò di voi".
Gli sorride e si allontana facendogli "ciao" con la mano.
Alì è contento. Gli è piaciuto raccontare una favola. Gli viene spontaneo, soprattutto con una persona che gli fa simpatia e disposta ad ascoltarlo.
Può darsi che quella ragazza sogni ciò che desidera.
Alì non ci ha guadagnato niente. Gli è bastato il sorriso e la contentezza di quella ragazza.
Chi è Alì? Cosa cerca?
Alì è un venditore di sogni. E' egli stesso un sognatore.
La solitudine non gli pesa molto. Gli fanno compagnia i suoi pensieri.
A volte, però, si fa acuto il bisogno di parlare a qualcuno, come a quella ragazza.
Non gli accade spesso.
La gente ha sempre fretta, qualche parola, uno sguardo frettoloso e via, non ha tempo per i sentimenti. I sorrisi ipocriti si sprecano.
Poiché la realtà che vede attorno a sé non gli piace, Alì si rifugia volentieri nei sogni e nelle favole. Se le inventa, dà voce ai personaggi parlando con se stesso prima di addormentarsi.
E' da parecchio tempo che Alì si ferma a quella piazzetta dove sorge un grande antico palazzo con tante finestre tutte chiuse da persiane.
Un mattino di primavera, una di quelle persiane si apre ed appare una giovane donna, bellissima, che guarda giù nella piazzetta del mercato. Un filo di perle le cinge la fronte. - Il suo sguardo è attratto dal luccichio degli oggetti esposti sul carrettino di Alì.
Alì si accorge della giovane donna e pensa: "da quel palazzo non poteva che affacciarsi una principessa. Proprio come in una favola di Le mille ed una notte "
Le fa un sorriso ed un rispettoso inchino e, con le mani aperte e protese verso il suo carrettino, le fa cenno per dirle: "questo è tutto ciò che ho, vieni a prendere quello che vuoi."
Nei giorni seguenti la giovane donna si affaccia ancora a quella finestra.
Alì continua a sorriderle cercando, discretamente, di attirare la sua attenzione.
Alì ritorna in quella piazzetta tutti i giorni seguenti per rivedere quella che nella sua fantasia è "la sua principessa".
Il fatto si ripete come in una favola.
Succede che la giovane donna non si affaccia più a quella finestra che rimane sempre chiusa. Forse un severo divieto impedisce alla donna di affacciarsi.
Ora, sono passati parecchi anni.
Alì aveva conosciuto quella donna e se ne era innamorato quando lui era già un po' avanti negli anni.
Peccato non averla conosciuta tanti anni prima. Chissà! Forse!
Ma tanti anni prima la principessa non era ancora nata. E' tristezza!!
Il tempo passa e le ragazze si fermano ancora a curiosare presso il carrettino dei sogni.
Alì continua a dar voce ai suoi pupazzi colorati per stimolare le fantasie delle ragazze.
In certi momenti Alì immagina che la "sua principessa", non vista, lo stia guardando attraverso le stecche di legno della persiana. Vorrebbe magicamente scivolare in un sogno e diventare il personaggio di una favola dove lui, giovane principe, incontra la "sua principessa", per amarla e per raccontare, lui a lei, tante belle favole, come Shaharazad ne "Le mille e un notte".
L'attesa di rivedere la sua principessa si fa sempre più lunga e penosa.
Già, da qualche tempo, un pensiero insistente si affaccia alla mente di Alì.
Alì sente che gli resta poco da vivere. E' stanco e triste.
Vuole finire al suo paese natio i giorni che gli restano..
E' giunto il momento di dire addio a tutto e a tutti.
Desidera che la sua principessa si affacci ancora per una volta sola, lo saluti e gli faccia segno di aver capito il sentimento di lui. Ed Alì, indicando Lei, se stesso ed il cielo, le direbbe: addio, me ne vado ma ti aspetto lassù dove tutti i sogni si avverano.
E' autunno. Il giorno volge al tramonto.
L'ombra del grande palazzo già si allunga sulla piazzetta.
Tra poco quell'ombra coprirà il carrettino spegnendo il luccichio di quelle misere cianfrusaglie.
Alì, in segno di addio, propende le braccia verso quella chiusa finestra e verso il cielo. Poi, curvo, spinge avanti a se il carrettino e va via dalla piazzetta, mentre il sole tramonta dietro il grande palazzo.
Tra le stecche di legno di quella chiusa persiana lo segue lo sguardo di due occhi che piangono.
finito di scrivere il 18.11.08
Pubblicato da saveriosavio@yahoo.it
lunedì 29 dicembre 2008
sabato 18 ottobre 2008
ALTA MAREA
Idea per un racconto
Titolo:
"ALTA MAREA"
Protagonisti principali:
Un uomo ed una donna. Entrambi giovani.
Lui di origine europea
Lei di origine orientale.
Ciascuno vive sotto falsa identità.
Si incontrano occasionalmente in località lontana dalle loro residenze abituali.
Nessuno dei due sa della vera identità dell'altro
Si innamorano e si amano intensamente.
Per un caso fortuito non si incontrano ad un appuntamento.
Si cercano l'un l'altro, inutilmente.
L'uomo sa solo che la donna è nata e forse risiede in un'isola di cui sa solo che si trova in un arcipelago dell'oceano indiano.
La donna, dopo lunghe ed inutili ricerche ritorna alla sua isola natia sperando che l'uomo la cerchi anche se sa che lui conosce solo il nome dell'arcipelago.
L'uomo cerca la donna della quale conserva solo una fotografia
L'attesa della donna e le ricerche dell'uomo durano quasi quanto le loro vite.
L'uomo, ormai vecchio e stanco, trova finalmente la donna.
La trova morente ed ancora in attesa di lui.
La lunga ricerca di lui e la lunga attesa di Lei non sono state inutili.
Lei è alla fine della sua vita.
Che resta ?
Finire insieme.
Come ?
L'uomo trasporta la donna su una spiaggia deserta.
Scava nella sabbia una fossa profonda.
L'uomo prende per se una forte dose di sonnifero e lo somministra anche alla donna morente ma cosciente,
L'uomo si adagia nella fossa accanto alla donna.
Ora sono uniti per sempre.
Muoiono entrambi mentre l'alta marea ricopre lentamente la fossa.
Il perchè del titolo " Alta marea "
L'alta marea, nel racconto, è un avvenimento reale ma ha anche un valore simbolico.
L'alta marea, come si sa è un evento naturale. Nulla può fermarla.
La marea, nel racconto, rappresenta lo scorrere inesorabile ed indifferente del tempo che tutto consuma, vita e sentimenti.
L'inesorabile passare del tempo ed il destino che lentamente si compie sembra dominare l'intero racconto. Ma gli amanti, alla fine, vincono la inesorabilità del tempo e del destino e cercano rifugio in un'altra dimensione.
In quell'istante di tempo, tra vita e morte, nella dimensione del sogno d'amore hanno raggiunto l'eternità.
Che altro resta ?
" Il resto è silenzio " (Sono le ultime parole di Amleto prima di morire)
Scritto nell'ottobre del 1996)
pubblicato ora su internet da: saveriosavio@yahoo.it
Titolo:
"ALTA MAREA"
Protagonisti principali:
Un uomo ed una donna. Entrambi giovani.
Lui di origine europea
Lei di origine orientale.
Ciascuno vive sotto falsa identità.
Si incontrano occasionalmente in località lontana dalle loro residenze abituali.
Nessuno dei due sa della vera identità dell'altro
Si innamorano e si amano intensamente.
Per un caso fortuito non si incontrano ad un appuntamento.
Si cercano l'un l'altro, inutilmente.
L'uomo sa solo che la donna è nata e forse risiede in un'isola di cui sa solo che si trova in un arcipelago dell'oceano indiano.
La donna, dopo lunghe ed inutili ricerche ritorna alla sua isola natia sperando che l'uomo la cerchi anche se sa che lui conosce solo il nome dell'arcipelago.
L'uomo cerca la donna della quale conserva solo una fotografia
L'attesa della donna e le ricerche dell'uomo durano quasi quanto le loro vite.
L'uomo, ormai vecchio e stanco, trova finalmente la donna.
La trova morente ed ancora in attesa di lui.
La lunga ricerca di lui e la lunga attesa di Lei non sono state inutili.
Lei è alla fine della sua vita.
Che resta ?
Finire insieme.
Come ?
L'uomo trasporta la donna su una spiaggia deserta.
Scava nella sabbia una fossa profonda.
L'uomo prende per se una forte dose di sonnifero e lo somministra anche alla donna morente ma cosciente,
L'uomo si adagia nella fossa accanto alla donna.
Ora sono uniti per sempre.
Muoiono entrambi mentre l'alta marea ricopre lentamente la fossa.
Il perchè del titolo " Alta marea "
L'alta marea, nel racconto, è un avvenimento reale ma ha anche un valore simbolico.
L'alta marea, come si sa è un evento naturale. Nulla può fermarla.
La marea, nel racconto, rappresenta lo scorrere inesorabile ed indifferente del tempo che tutto consuma, vita e sentimenti.
L'inesorabile passare del tempo ed il destino che lentamente si compie sembra dominare l'intero racconto. Ma gli amanti, alla fine, vincono la inesorabilità del tempo e del destino e cercano rifugio in un'altra dimensione.
In quell'istante di tempo, tra vita e morte, nella dimensione del sogno d'amore hanno raggiunto l'eternità.
Che altro resta ?
" Il resto è silenzio " (Sono le ultime parole di Amleto prima di morire)
Scritto nell'ottobre del 1996)
pubblicato ora su internet da: saveriosavio@yahoo.it
venerdì 17 ottobre 2008
PREGHIERA DI NON CREDENTE
Signore,
ti ho cercato ma non ti ho trovato.
Non ti ho riconosciuto nei testi sacri delle religioni monoteistiche: ebraica, cristiana, musulmana.
Nella religione cristiana alla quale appartengo perché battezzato, sei descritto come un essere infinitamente buono . Ma troppo sono le contraddizioni apparenti tra la tua asserita bontà ed i mali che affliggono questo mondo che, si dice, tu hai creato.
Nel vangelo si racconta che tuo figlio Gesù Cristo, prima di morire in croce, ti ha pregato così: " Padre perdona loro perché essi non sanno quello che fanno."
Perché non hai ascoltato la preghiera di tuo figlio ?
Non hai perdonato allora e neppure dopo, una volta per sempre.
Io che sono un non credente, solo perché non credo a ciò che di te raccontano i preti, quale preghiera dovrei rivolgerti ?
Non so cosa dirti, ma tu chiunque sei, se puoi e vuoi, prendimi per mano e guidami.
Come un cieco ti seguirò.
Scritto il 15. 07. 97.
COMMENTO ( a distanza di oltre dieci anni )
" La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (lettera agli Ebrei di Paolo di Tarso, San Tommaso, ecc:)
Il credere o non credere è, dunque, questione di avere o non avere la fede.
La fede è un dono di Dio. (Conc. Vat. II°).
La fede sorge a seguito di un evento straordinario che offusca la ragione ed annulla la volontà. E' ciò che, secondo i vangeli, sarebbe già accaduto ed ai primi apostoli.
"Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini " (Mt. 1,19) disse Gesù a Pietro e Andrea, pescatori, i quali lasciarono subito le reti e lo seguirono. Così fece con gli altri apostoli. A Matteo, seduto al banco della dogana, disse solo " seguimi " (Mt 9.10) e Matteo lo seguì. Tutti lo seguirono immediatamente senza chiedere spiegazioni.
Dunque si tratterebbe di questo: una "chiamata irresistibile", un atto di violenza (vis cui resisti non potest) esercitato da un essere strapotente su creature che non possono resistere alla chiamata.
La chiamata cade anche su esseri non meritevoli (es. Paolo di Tarso sulla via di Damasco).
"Lo spirito soffia dove vuole "(Gv. 3,8)
Se cosi fosse, come si afferma nei vangeli, Dio chiama e sceglie insindacabilmente secondo criteri inaccessibili alla mente umana e perciò misteriosi.
Conclusione
DIO MIO, SE NON MI CHIAMI COME MI SALVO ?
P.S. A proposito: che ne è del libero arbitrio ???
Scritto da saveriosavio@yahoo.it
ti ho cercato ma non ti ho trovato.
Non ti ho riconosciuto nei testi sacri delle religioni monoteistiche: ebraica, cristiana, musulmana.
Nella religione cristiana alla quale appartengo perché battezzato, sei descritto come un essere infinitamente buono . Ma troppo sono le contraddizioni apparenti tra la tua asserita bontà ed i mali che affliggono questo mondo che, si dice, tu hai creato.
Nel vangelo si racconta che tuo figlio Gesù Cristo, prima di morire in croce, ti ha pregato così: " Padre perdona loro perché essi non sanno quello che fanno."
Perché non hai ascoltato la preghiera di tuo figlio ?
Non hai perdonato allora e neppure dopo, una volta per sempre.
Io che sono un non credente, solo perché non credo a ciò che di te raccontano i preti, quale preghiera dovrei rivolgerti ?
Non so cosa dirti, ma tu chiunque sei, se puoi e vuoi, prendimi per mano e guidami.
Come un cieco ti seguirò.
Scritto il 15. 07. 97.
COMMENTO ( a distanza di oltre dieci anni )
" La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (lettera agli Ebrei di Paolo di Tarso, San Tommaso, ecc:)
Il credere o non credere è, dunque, questione di avere o non avere la fede.
La fede è un dono di Dio. (Conc. Vat. II°).
La fede sorge a seguito di un evento straordinario che offusca la ragione ed annulla la volontà. E' ciò che, secondo i vangeli, sarebbe già accaduto ed ai primi apostoli.
"Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini " (Mt. 1,19) disse Gesù a Pietro e Andrea, pescatori, i quali lasciarono subito le reti e lo seguirono. Così fece con gli altri apostoli. A Matteo, seduto al banco della dogana, disse solo " seguimi " (Mt 9.10) e Matteo lo seguì. Tutti lo seguirono immediatamente senza chiedere spiegazioni.
Dunque si tratterebbe di questo: una "chiamata irresistibile", un atto di violenza (vis cui resisti non potest) esercitato da un essere strapotente su creature che non possono resistere alla chiamata.
La chiamata cade anche su esseri non meritevoli (es. Paolo di Tarso sulla via di Damasco).
"Lo spirito soffia dove vuole "(Gv. 3,8)
Se cosi fosse, come si afferma nei vangeli, Dio chiama e sceglie insindacabilmente secondo criteri inaccessibili alla mente umana e perciò misteriosi.
Conclusione
DIO MIO, SE NON MI CHIAMI COME MI SALVO ?
P.S. A proposito: che ne è del libero arbitrio ???
Scritto da saveriosavio@yahoo.it
giovedì 16 ottobre 2008
PRIMA ESPERIENZA DI POST "internet"
Martedì 13 maggio 2008
lettera a mia nipote su internet
Carissima nipote Francesca,
premetto che sono un navigatore novizio di internet.
Questa nuova esperienza, che per me è quasi un'avventura, mi ha suggerito una associazione di idee, direi una metafora, sull' "infinito".
Sapevo che internet è una grande rete telematica dove ognuno può dare e ricevere informazioni su qualsiasi materia. Non immaginavo, però, che fosse così estesa, quasi infinita.
Ecco cosa ho pensato.
Non ricordo dove ho letto o sentito che taluno, curioso di saperne di più, chiese ad un astronomo se l'universo avesse un confine. L'astronomo gli rispose così (riassumo):
" Fai conto di essere giunto al confine, proprio sul bordo, dell'universo, stendi il braccio avanti a te, là dove giungono le dita della tua mano là è il confine dell'universo."
Avrai già capito che quell'astronomo stava spiegando l'"universo in espansione".
Aggiungo che se quel curioso avesse pensato di prolungare il braccio con un bastone, lungo quanto si voglia, la punta del bastone avrebbe segnato il confine dell'universo.
Ora, venendo a parlare di internet, posso dire che internet, in un certo senso, è anch'esso un universo in espansione.
Infatti, il movimento della manina sullo schermo del pc mi dà l'impressione di potermi muovere senza limiti di spazio (si aprono sempre nuovi spazi) ed anche di tempo.
Avendo tanto tempo a disposizione quanto non ne potrò mai avere ed avendo tante domande da fare quante non me ne potrò mai immaginare - anche sul "nulla" - quella infaticabile manina, segnerà, ad ogni istante di tempo, il confine dell'universo mediatico.
Tutto quanto sopra, salvo "catastrofico totale black- out".
A quel punto finirebbero le ambizioni umane. (Sai della estinzione dei dinosauri?)
Un affettuoso ciao da tuo nonno Carlo
P.S. - Eccoti un aforisma che non ho mai letto o sentito da nessuna parte.
Il buon senso è meno comune del senso comune"
saveriosavio@yahoo.it
lettera a mia nipote su internet
Carissima nipote Francesca,
premetto che sono un navigatore novizio di internet.
Questa nuova esperienza, che per me è quasi un'avventura, mi ha suggerito una associazione di idee, direi una metafora, sull' "infinito".
Sapevo che internet è una grande rete telematica dove ognuno può dare e ricevere informazioni su qualsiasi materia. Non immaginavo, però, che fosse così estesa, quasi infinita.
Ecco cosa ho pensato.
Non ricordo dove ho letto o sentito che taluno, curioso di saperne di più, chiese ad un astronomo se l'universo avesse un confine. L'astronomo gli rispose così (riassumo):
" Fai conto di essere giunto al confine, proprio sul bordo, dell'universo, stendi il braccio avanti a te, là dove giungono le dita della tua mano là è il confine dell'universo."
Avrai già capito che quell'astronomo stava spiegando l'"universo in espansione".
Aggiungo che se quel curioso avesse pensato di prolungare il braccio con un bastone, lungo quanto si voglia, la punta del bastone avrebbe segnato il confine dell'universo.
Ora, venendo a parlare di internet, posso dire che internet, in un certo senso, è anch'esso un universo in espansione.
Infatti, il movimento della manina sullo schermo del pc mi dà l'impressione di potermi muovere senza limiti di spazio (si aprono sempre nuovi spazi) ed anche di tempo.
Avendo tanto tempo a disposizione quanto non ne potrò mai avere ed avendo tante domande da fare quante non me ne potrò mai immaginare - anche sul "nulla" - quella infaticabile manina, segnerà, ad ogni istante di tempo, il confine dell'universo mediatico.
Tutto quanto sopra, salvo "catastrofico totale black- out".
A quel punto finirebbero le ambizioni umane. (Sai della estinzione dei dinosauri?)
Un affettuoso ciao da tuo nonno Carlo
P.S. - Eccoti un aforisma che non ho mai letto o sentito da nessuna parte.
Il buon senso è meno comune del senso comune"
saveriosavio@yahoo.it
mercoledì 8 ottobre 2008
" LA PERGAMENA "
Ogni tanto il mio sguardo si posa su una pergamena appesa ad una parete del mio studio, alle spalle della poltrona, dietro la mia scrivania
E' il mio diploma di laurea. Reca la data del 12.07.1947, il giorno in cui mi sono laureato. Me lo ricordo quel giorno. Fu un evento importante nella mia vita.
Da allora sono passati più di cinquant'anni.
Con la fantasia vado al giorno 12 luglio 2047, proprio 12 luglio duemilaqua-
rantasette.
A quella data sarà trascorso un secolo dal 12 luglio 1947.
Chi e che cosa ci sarà in questa stessa stanza ?
Eccetto i muri, forse, non ci sarà più niente che io abbia visto o conosciuto in vita. Forse no. E' probabile che ci sarà mio nipote ..... già vecchio. Forse avrà conservato da qualche parte, non troppo in vista, come un cimelio, il mio diploma di laurea.
Ma, prima o poi, anche quel vago ricordo andrà perduto assieme alla pergamena. Allora, di me più nulla.
-----------------------------------------------------------------------------
L'EDEN O LA QUINTA DIMENSIONE.
Mi piace di più fantasticare di una persona che, a quella data (12.07.2047) vecchia quanto me adesso, passando per questa strada e sollevando lo sguardo verso l'ottavo piano dove ora è il mio studio lanci questo pensiero che misteriosamente mi raggiunge nella dimensione dove immagino di trovarmi:
" Io qui ci ho lavorato tanti anni fa. C'era un avvocato di nome Carlo.
Era un po sognatore, spesso scherzava e raccontava favole. Voleva bene a tutte le persone che collaboravano con lui nello studio. Essendo lui un non credente, aveva con me credente un comportamento un poco ironico ma sempre corretto ed amichevole. Malgrado questo rapporto un pò dialettico ho sempre pensato che a me volesse bene di più; scommetto che se lo incontrassi là dove ora si trova mi racconterebbe una favola."
Ed io, per risposta: "Non mi aspettavo che nella dimensione nella quale ora mi trovo mi giungesse da Voi questo grazioso pensiero
Grazie, molte grazie." - "Se mai un giorno vi trovaste a passare da queste parti e voleste fermarvi un po Vi condurrei ad un bar non a caso chiamato Eden a consumare un elisir di lunga vita. " - "Qui non si raccontano favole come laggiù dove le favole sono racconti di desideri insoddisfatti, qui, invece, sono storie vere vissute; qui nessuno toglie niente a nessuno, qui nessuno comanda e nessuno ubbidisce, tutti liberi, dove ora mi trovo è quella che, quando ero laggiù, chiamavo la quinta dimensione; come vedete esiste veramente." – "Mi è bastato crederci ed eccomi qui; fareste bene a crederci anche Voi." - " Vi ringrazio ancora per il gentile pensiero che avete avuto ricordandovi di me."
Fine del sogno.
Scritto il 25.11.98. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it
E' il mio diploma di laurea. Reca la data del 12.07.1947, il giorno in cui mi sono laureato. Me lo ricordo quel giorno. Fu un evento importante nella mia vita.
Da allora sono passati più di cinquant'anni.
Con la fantasia vado al giorno 12 luglio 2047, proprio 12 luglio duemilaqua-
rantasette.
A quella data sarà trascorso un secolo dal 12 luglio 1947.
Chi e che cosa ci sarà in questa stessa stanza ?
Eccetto i muri, forse, non ci sarà più niente che io abbia visto o conosciuto in vita. Forse no. E' probabile che ci sarà mio nipote ..... già vecchio. Forse avrà conservato da qualche parte, non troppo in vista, come un cimelio, il mio diploma di laurea.
Ma, prima o poi, anche quel vago ricordo andrà perduto assieme alla pergamena. Allora, di me più nulla.
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L'EDEN O LA QUINTA DIMENSIONE.
Mi piace di più fantasticare di una persona che, a quella data (12.07.2047) vecchia quanto me adesso, passando per questa strada e sollevando lo sguardo verso l'ottavo piano dove ora è il mio studio lanci questo pensiero che misteriosamente mi raggiunge nella dimensione dove immagino di trovarmi:
" Io qui ci ho lavorato tanti anni fa. C'era un avvocato di nome Carlo.
Era un po sognatore, spesso scherzava e raccontava favole. Voleva bene a tutte le persone che collaboravano con lui nello studio. Essendo lui un non credente, aveva con me credente un comportamento un poco ironico ma sempre corretto ed amichevole. Malgrado questo rapporto un pò dialettico ho sempre pensato che a me volesse bene di più; scommetto che se lo incontrassi là dove ora si trova mi racconterebbe una favola."
Ed io, per risposta: "Non mi aspettavo che nella dimensione nella quale ora mi trovo mi giungesse da Voi questo grazioso pensiero
Grazie, molte grazie." - "Se mai un giorno vi trovaste a passare da queste parti e voleste fermarvi un po Vi condurrei ad un bar non a caso chiamato Eden a consumare un elisir di lunga vita. " - "Qui non si raccontano favole come laggiù dove le favole sono racconti di desideri insoddisfatti, qui, invece, sono storie vere vissute; qui nessuno toglie niente a nessuno, qui nessuno comanda e nessuno ubbidisce, tutti liberi, dove ora mi trovo è quella che, quando ero laggiù, chiamavo la quinta dimensione; come vedete esiste veramente." – "Mi è bastato crederci ed eccomi qui; fareste bene a crederci anche Voi." - " Vi ringrazio ancora per il gentile pensiero che avete avuto ricordandovi di me."
Fine del sogno.
Scritto il 25.11.98. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it
lunedì 6 ottobre 2008
" LA PASSERA "
Un passero vide una passera che volava solitaria. La inseguì e la raggiunse.
Era una bella passera. Un bel becco, un bel collo, un bel petto, belle ali, bellissima coda. Proprio bella.
Le si avvicinò e: "cip... cip... cip... è un bel po che ti seguo, puoi fermarti un momento?"
La passera, fingendo fastidio: "cip... cip...cip...che vuoi ? Non posso fermarmi
ho da fare."
Il passero: "Che cosa hai tanto da fare che non puoi fermarti ?"
La passera: "Sto preparando il nido. Vado in cerca di pagliuzze e di fili d'erba secca. In giro non ce ne sono tanti."
Il passero: "Tu ce l'hai un compagno ?"
La passera: "Non ancora; ci sono stati altri passeri che si volevano accompagnare a me; non mi sono piaciuti. Non si sono neppure offerti di aiutarmi a trovare le pagliuzze. Erano dei farfalloni. Non avevano intenzioni serie. E poi, questa è la prima volta che preparo il nido. Capisci cosa intento dire ?"
Il passero fa il finto tonto e: "Te lo ha detto mai nessuno che sei proprio una bella passera ?"
La passera delusa dalla risposta: " Dicono tutti così. Ma tu chi sei ? Prima d'ora non ti ho mai visto."
Il passero: " Vengo da lontano. E' la prima volta che vado in cerca di una passera. Ho visto te e mi sei subito piaciuta."
La passera lusingata ma guardinga: " E con questo ?"
Il passero capisce che deve guadagnarsi la fiducia della passera ed in tono suadente "Vorrei aiutarti a trovare le pagliuzze."
La passera: " Tu lo sai che significa cercare assieme le pagliuzze ?. "
Il passero accattivante: " Credo di si. Penso che un passero ed una passera devono piacersi e stare sempre insieme."
La passera non gli risponde, vuole metterlo alla prova; volando scese su un prato ed il passero la seguì.
La passera prese col becco un filo d'erba secca ed il passero ne prese un'altro.
La passera riprese a volare ed il passero la seguì nel nido che si trovava sotto la tegola di un tetto di una vecchia casa.
Il passero vide che la preparazione del nido era appena iniziata.
C'erano pochi fili d'erba intrecciati.
Il passero pensò: " Qui ci vorrà un bel po di fatica per finire il nido. Forse ne vale la pena; lei è proprio una bella passera e mi piace molto. "
La passera intrecciò con altri fili d'erba il filo d'erba che aveva nel becco ed il passero attese con il filo d'erba che tratteneva nel becco. Aspettava il momento propizio per beccare fuggevolmente il becco di lei.
La passera: " Che fai, che aspetti ?"
Il passero: " Non so come si fa, aggiustalo tu."
Così dicendo, porse il filo d'erba nel becco di Lei. –
La passera: " L'hai fatto apposta ?"
Il passero temendo che la passera lo cacciasse: " Mi sono trovato a porgerti il filo d'erba e sono stato attratto dalla tua beccuccia. E' stato più forte di me. Credo che non ci sia niente di male; come hai visto io ti sto aiutando, mi piacerebbe stare insieme a te."
La passera, sempre guardinga: " Staremo a vedere, intanto bisogna cercare le pagliuzze. "
Il passero, incoraggiato dal primo successo, si dette molto da fare a trovare altre pagliuzze e portarle al nido.
Ad ogni pagliuzza che il passero Le porgeva la passera lasciava che il passero le beccasse la beccuccia.
Il passero qualche volta la beccava anche sul collo, sulle ali e sulla coda.
La passera ormai lo aveva scelto per compagno ma non glielo fece capire, voleva essere sicura.
Dopo parecchi giorni finalmente il nido fu completo. Era proprio un bel nido.
Il passero aveva faticato parecchio a cercare e portare al nido i fili d'erba e le pagliuzze.
Il passero, ora, pensava: " il nido è finito sarebbe molto bello se potessi restare assieme a Lei e beccarla più spesso; mi piace tanto questa passera, chissà se mi vorrà ?
Gli venne un'idea che gli parve bellissima.
Il passero si avviò verso l'uscita del nido e stava per spiccare il volo.
La passera, preoccupata: " Dove vai? Il nido è finito ".
Il passero: " Torno subito." E volò via, volò e volò. Finalmente vide in un prato
ciò che cercava. Un fiorellino rosso. Lo colse delicatamente e si presentò all'ingresso del nido col fiorellino nel becco ed attese trepidante.
La passera: " Oh carissimo passerotto mio. Ti stavo aspettando. Temevo che non tornassi più. Mi hai fatto soffrire."
Il passero porse il fiorellino nella beccuccia della passera.
La passera lo prese, lo tenne per un po' nel becco e poi lo lasciò cadere.
Tenne il becco aperto verso il becco del passero e chiuse gli occhi.
Era pronta per essere "beccata."
Il passero Le beccò a lungo la beccuccia, poi saltò su di lei, battè freneticamente le ali e: "cip... cip... cip.... oh passera mia dolcissima, quanto ho atteso questo momento !" e tutti e due: cip... cip.... cip....cip.... e ciap.... ciap......ciap"
Qualche piccola penna rosa della "passerina" volò nell'aria.
Scritto il 23 luglio 1997.
pubblicato ora in internet da saveriosavio@yahoo.it
**********************
Un passero vide una passera che volava solitaria. La inseguì e la raggiunse.
Era una bella passera. Un bel becco, un bel collo, un bel petto, belle ali, bellissima coda. Proprio bella.
Le si avvicinò e: "cip... cip... cip... è un bel po che ti seguo, puoi fermarti un momento?"
La passera, fingendo fastidio: "cip... cip...cip...che vuoi ? Non posso fermarmi
ho da fare."
Il passero: "Che cosa hai tanto da fare che non puoi fermarti ?"
La passera: "Sto preparando il nido. Vado in cerca di pagliuzze e di fili d'erba secca. In giro non ce ne sono tanti."
Il passero: "Tu ce l'hai un compagno ?"
La passera: "Non ancora; ci sono stati altri passeri che si volevano accompagnare a me; non mi sono piaciuti. Non si sono neppure offerti di aiutarmi a trovare le pagliuzze. Erano dei farfalloni. Non avevano intenzioni serie. E poi, questa è la prima volta che preparo il nido. Capisci cosa intento dire ?"
Il passero fa il finto tonto e: "Te lo ha detto mai nessuno che sei proprio una bella passera ?"
La passera delusa dalla risposta: " Dicono tutti così. Ma tu chi sei ? Prima d'ora non ti ho mai visto."
Il passero: " Vengo da lontano. E' la prima volta che vado in cerca di una passera. Ho visto te e mi sei subito piaciuta."
La passera lusingata ma guardinga: " E con questo ?"
Il passero capisce che deve guadagnarsi la fiducia della passera ed in tono suadente "Vorrei aiutarti a trovare le pagliuzze."
La passera: " Tu lo sai che significa cercare assieme le pagliuzze ?. "
Il passero accattivante: " Credo di si. Penso che un passero ed una passera devono piacersi e stare sempre insieme."
La passera non gli risponde, vuole metterlo alla prova; volando scese su un prato ed il passero la seguì.
La passera prese col becco un filo d'erba secca ed il passero ne prese un'altro.
La passera riprese a volare ed il passero la seguì nel nido che si trovava sotto la tegola di un tetto di una vecchia casa.
Il passero vide che la preparazione del nido era appena iniziata.
C'erano pochi fili d'erba intrecciati.
Il passero pensò: " Qui ci vorrà un bel po di fatica per finire il nido. Forse ne vale la pena; lei è proprio una bella passera e mi piace molto. "
La passera intrecciò con altri fili d'erba il filo d'erba che aveva nel becco ed il passero attese con il filo d'erba che tratteneva nel becco. Aspettava il momento propizio per beccare fuggevolmente il becco di lei.
La passera: " Che fai, che aspetti ?"
Il passero: " Non so come si fa, aggiustalo tu."
Così dicendo, porse il filo d'erba nel becco di Lei. –
La passera: " L'hai fatto apposta ?"
Il passero temendo che la passera lo cacciasse: " Mi sono trovato a porgerti il filo d'erba e sono stato attratto dalla tua beccuccia. E' stato più forte di me. Credo che non ci sia niente di male; come hai visto io ti sto aiutando, mi piacerebbe stare insieme a te."
La passera, sempre guardinga: " Staremo a vedere, intanto bisogna cercare le pagliuzze. "
Il passero, incoraggiato dal primo successo, si dette molto da fare a trovare altre pagliuzze e portarle al nido.
Ad ogni pagliuzza che il passero Le porgeva la passera lasciava che il passero le beccasse la beccuccia.
Il passero qualche volta la beccava anche sul collo, sulle ali e sulla coda.
La passera ormai lo aveva scelto per compagno ma non glielo fece capire, voleva essere sicura.
Dopo parecchi giorni finalmente il nido fu completo. Era proprio un bel nido.
Il passero aveva faticato parecchio a cercare e portare al nido i fili d'erba e le pagliuzze.
Il passero, ora, pensava: " il nido è finito sarebbe molto bello se potessi restare assieme a Lei e beccarla più spesso; mi piace tanto questa passera, chissà se mi vorrà ?
Gli venne un'idea che gli parve bellissima.
Il passero si avviò verso l'uscita del nido e stava per spiccare il volo.
La passera, preoccupata: " Dove vai? Il nido è finito ".
Il passero: " Torno subito." E volò via, volò e volò. Finalmente vide in un prato
ciò che cercava. Un fiorellino rosso. Lo colse delicatamente e si presentò all'ingresso del nido col fiorellino nel becco ed attese trepidante.
La passera: " Oh carissimo passerotto mio. Ti stavo aspettando. Temevo che non tornassi più. Mi hai fatto soffrire."
Il passero porse il fiorellino nella beccuccia della passera.
La passera lo prese, lo tenne per un po' nel becco e poi lo lasciò cadere.
Tenne il becco aperto verso il becco del passero e chiuse gli occhi.
Era pronta per essere "beccata."
Il passero Le beccò a lungo la beccuccia, poi saltò su di lei, battè freneticamente le ali e: "cip... cip... cip.... oh passera mia dolcissima, quanto ho atteso questo momento !" e tutti e due: cip... cip.... cip....cip.... e ciap.... ciap......ciap"
Qualche piccola penna rosa della "passerina" volò nell'aria.
Scritto il 23 luglio 1997.
pubblicato ora in internet da saveriosavio@yahoo.it
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ADAMO E L'ORIGINE DEI SESSI" (tra religione, mitologia e scienza)
A distanza di oltre dieci anni, rileggendo "FANTASIA BIBLICA". mi viene di pensare cosa sia potuto accadere ad Adamo ed Eva nel paradiso terrestre prima che essi mangiassero il frutto proibito,
Nella Bibbia ci sono dei passaggi narrativi che, già ad una prima lettura, sembrano addirittura insensati.
Dando per ammessi i fatti biblici che precedono la creazione di Adamo, mi piace scrivere, per mio divertimento, un racconto, più o meno sensato, su come si sia svolta la vicenda di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre.
Seguendo ciò che si narra nella Bibbia, tento di rispondere alle seguenti domande:
- Perchè Jhavè non concesse ad Adamo, subito dopo la creazione, una compagna così come aveva fatto per gli altri animali, tutti fatti a coppie, maschio e femmina ?
- Adamo aveva veramente bisogno di una compagna ?
- E' credibile che Eva sia stata creata da una costola di Adamo ?
Comincio dalla creazione di Adamo.
Nella Bibbia si afferma che Jhavè aveva creato Adamo a sua immagine e somiglianza
Innanzitutto è arduo immaginare come un essere materiale, finito ed imperfetto, come l'uomo, possa essere, molto lontanamente, simile ad un Dio immateriale, perefetto ed infinito.
Seguendo la narraxione biblica devo necessariamente ritenere che Jhavè, al momento della creazione di Adamo, abbia pensato se stesso come un essere unico, insieme maschio e femmina e, quindi creò Adamo: "a sua immagine e somiglianza" cioè dotato di entrambi gli organi genitali, del maschio e della femmina, insomma un perfetto ermafrodito.
Così concepito, cioè creato, Adamo non aveva alcun bisogno di una femmina. Era autonomo sul piano sessuale e perciò felicissimo.
Mi piace supporre che Jhavè deve essersi pentito di aver creato Adamo.
Nella Bibbia si narra che Jhavè abbia creato Eva per dare un aiuto ad Adamo. Nulla si dice di che genere di aiuto avesse bisogno Adamo.
In sede mitologica, una situazione quasi uguale è esposta da Platone nel "Simposio" dove Aristofane, partecipante al simposio, narra il mito detto "delle metà"; di come Giove, geloso ed adirato della felicità e dell'arroganza degli esseri umani, li abbia divisi in due, maschio e femmina, separandoli materialmente nei sessi. Nel mito si aggiunge che, da allora, gli uomini e le donne si cercano per ristabilire l'originaria e felice unione dei sessi.
Escluso che Adamo avesse bisogno di una femmina, resta da capire quale sia stato il vero motivo per cui Jhavè tolse al corpo di Adamo una costola.
Un fatto pare indubitabile: che Jhavè si sia pentito di aver creato Adamo come essere umano ermafrodito. (Nel seguito della narrazione biblica Jhavè si pentirà ancora altre volte per altri errori commessi.)
Per la creazione di Eva, Jhavè intervenne personalmente operando, sul corpo di Adamo.
A mio parere Jhavè asportò dal corpo di Adamo NON una costola, comunque insufficiente allo scopo, ma, come aveva fatto Giove, divise in due il corpo di Adamo separando così gli organi sessuali.
Viene spontaneo osservare che se Adamo NON fosse stato ermafrodito, non c'era bisogno di prelevare la costola o altro per creare Eva. Infatti, sarebbe bastato che Jhavè, avesse operato come aveva fatto con Adamo: avrebbe raccolto un mucchio di terra sul quale sarebbe bastato infondere il suo soffio vitale.
In sede scientifica è provato, dai reperti fossili, che i primi esseri viventi erano unicellulari. Nel corso della evoluzione, durata miliardi di anni, gli unicellulari (ermafroditi) si scissero in esseri pluricellulari, via via sempre più complessi e più evoluti e, quindi, si giunse alla separazione dei sessi.
Da ciò che ho sopra molto brevemente esposto, pare, in primo luogo, credibile che il mito della origine e della separazione dei sessi narrato nella Bibbia sia stato copiato da altri miti pagani più antichi e, secondo le credenze pagane,certamente meno insensati e ridicoli, rispetto a quello narrato nella Bibbia.
Di più, le ricerche scientifiche provano che l'origine e la separazione dei sessi hanno avuto origini e cause biologiche. La evoluzione biologica è un dato di fatto generalmente acquisito.
Occorre solamente ammettere che l'origine della vita resta, allo stato delle ricerche scientifiche, ancora un mistero.
Scritto il 4.10.2008 da:
saveriosavio@yahoo.it
A distanza di oltre dieci anni, rileggendo "FANTASIA BIBLICA". mi viene di pensare cosa sia potuto accadere ad Adamo ed Eva nel paradiso terrestre prima che essi mangiassero il frutto proibito,
Nella Bibbia ci sono dei passaggi narrativi che, già ad una prima lettura, sembrano addirittura insensati.
Dando per ammessi i fatti biblici che precedono la creazione di Adamo, mi piace scrivere, per mio divertimento, un racconto, più o meno sensato, su come si sia svolta la vicenda di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre.
Seguendo ciò che si narra nella Bibbia, tento di rispondere alle seguenti domande:
- Perchè Jhavè non concesse ad Adamo, subito dopo la creazione, una compagna così come aveva fatto per gli altri animali, tutti fatti a coppie, maschio e femmina ?
- Adamo aveva veramente bisogno di una compagna ?
- E' credibile che Eva sia stata creata da una costola di Adamo ?
Comincio dalla creazione di Adamo.
Nella Bibbia si afferma che Jhavè aveva creato Adamo a sua immagine e somiglianza
Innanzitutto è arduo immaginare come un essere materiale, finito ed imperfetto, come l'uomo, possa essere, molto lontanamente, simile ad un Dio immateriale, perefetto ed infinito.
Seguendo la narraxione biblica devo necessariamente ritenere che Jhavè, al momento della creazione di Adamo, abbia pensato se stesso come un essere unico, insieme maschio e femmina e, quindi creò Adamo: "a sua immagine e somiglianza" cioè dotato di entrambi gli organi genitali, del maschio e della femmina, insomma un perfetto ermafrodito.
Così concepito, cioè creato, Adamo non aveva alcun bisogno di una femmina. Era autonomo sul piano sessuale e perciò felicissimo.
Mi piace supporre che Jhavè deve essersi pentito di aver creato Adamo.
Nella Bibbia si narra che Jhavè abbia creato Eva per dare un aiuto ad Adamo. Nulla si dice di che genere di aiuto avesse bisogno Adamo.
In sede mitologica, una situazione quasi uguale è esposta da Platone nel "Simposio" dove Aristofane, partecipante al simposio, narra il mito detto "delle metà"; di come Giove, geloso ed adirato della felicità e dell'arroganza degli esseri umani, li abbia divisi in due, maschio e femmina, separandoli materialmente nei sessi. Nel mito si aggiunge che, da allora, gli uomini e le donne si cercano per ristabilire l'originaria e felice unione dei sessi.
Escluso che Adamo avesse bisogno di una femmina, resta da capire quale sia stato il vero motivo per cui Jhavè tolse al corpo di Adamo una costola.
Un fatto pare indubitabile: che Jhavè si sia pentito di aver creato Adamo come essere umano ermafrodito. (Nel seguito della narrazione biblica Jhavè si pentirà ancora altre volte per altri errori commessi.)
Per la creazione di Eva, Jhavè intervenne personalmente operando, sul corpo di Adamo.
A mio parere Jhavè asportò dal corpo di Adamo NON una costola, comunque insufficiente allo scopo, ma, come aveva fatto Giove, divise in due il corpo di Adamo separando così gli organi sessuali.
Viene spontaneo osservare che se Adamo NON fosse stato ermafrodito, non c'era bisogno di prelevare la costola o altro per creare Eva. Infatti, sarebbe bastato che Jhavè, avesse operato come aveva fatto con Adamo: avrebbe raccolto un mucchio di terra sul quale sarebbe bastato infondere il suo soffio vitale.
In sede scientifica è provato, dai reperti fossili, che i primi esseri viventi erano unicellulari. Nel corso della evoluzione, durata miliardi di anni, gli unicellulari (ermafroditi) si scissero in esseri pluricellulari, via via sempre più complessi e più evoluti e, quindi, si giunse alla separazione dei sessi.
Da ciò che ho sopra molto brevemente esposto, pare, in primo luogo, credibile che il mito della origine e della separazione dei sessi narrato nella Bibbia sia stato copiato da altri miti pagani più antichi e, secondo le credenze pagane,certamente meno insensati e ridicoli, rispetto a quello narrato nella Bibbia.
Di più, le ricerche scientifiche provano che l'origine e la separazione dei sessi hanno avuto origini e cause biologiche. La evoluzione biologica è un dato di fatto generalmente acquisito.
Occorre solamente ammettere che l'origine della vita resta, allo stato delle ricerche scientifiche, ancora un mistero.
Scritto il 4.10.2008 da:
saveriosavio@yahoo.it
FANTASIA BIBLICA
A Jhavè l'esperimento sembrava ben riuscito.
La sua corte celeste ne sarebbe rimasta entusiasta.
Già si immaginava i complimenti.
Da una costola di Adamo, Jhavè creò la femmina di Adamo. Le infuse un sonno leggero e la fece adagiare a fianco di Adamo che Javè aveva fatto addormentare precedentemente.
Il mattino seguente i due si sarebbero svegliati, conosciuti e subito piaciuti
Così pensava Jhavè.
Adamo si svegliò e per la prima volta vide quella creatura che dormiva nuda, distesa al suo fianco.
Adamo prima d'allora non aveva mai conosciuto una femmina umana. Si immaginava solo vagamente come potesse essere. Pensava che se fosse esistita, a parte gli attributi comuni agli altri mammiferi, sarebbe somigliata più o meno alle femmine degli altri animali che vivevano con lui nell'Eden.
Lo sguardo di Adamo corse subito e si fermò, curioso, a frugare tra le gambe di quell'essere in cerca dell'oggetto del desiderio.
Osservò incantato il ricciuto cespuglio di peli che, seducente, spuntava sul triangolo pubico
Gli parve di capire. Quell'essere era una femmina umana, forse la sua femmina.
La trovò bellissima, stupenda.
Fortemente emozionato sospirò: quanto è bella !
Gli batte forte il cuore e uno strano incontenibile rimescolio di visceri e di sangue lo prese assieme ad un prepotente desiderio mai prima provato di toccare ed abbracciare, possedere quel corpo. Un'emozione mai prima provata.
Jhavè aveva fatto le cose proprio per benino.
L'attrazione sessuale avrebbe assicurato una futura numerosa progenie.
Lo spettacolo del dramma del genere umano sembrava assicurato per molti millenni.
Neppure Lucifero, tra gli angeli il più intelligente, avrebbe avuto da ridire.
Adamo dubitò: "E' troppo bella per essere stata destinata a me, forse Jhavè l'ha fatta per se stesso."
Jhavè, dopo la creazione degli altri animali, tutti a coppie, maschi e femmine, non avvertì Adamo che avrebbe procurato anche a lui una femmina.
Timoroso di offendere Jhavè, Adamo, prudentemente ed in attesa degli eventi, si voltò sul fianco e chiuse gli occhi sognando di possedere Eva.
Jhavè, nascosto dietro una siepe, stava osservando la scena per verificare
il risultato del suo esperimento.
Restò profondamente deluso del comportamento di Adamo il quale sembrava
essere contrariato dalla presenza della femmina.
Jhavè pensò che il suo progetto era fallito.
Non ci sarebbe stata, a partire dalla prima coppia umana, la storia dell'umanità
così come Lui l'aveva progettata per il divertimento Suo e della Sua corte.
Jhavè, molto irritato per il fallito esperimento, per la prima volta dall'inizio della creazione, vide che " NON ERA BUONO " ciò che aveva fatto. Nessuno della corte celeste doveva sapere del Suo fallimento.
Già si immaginava il sorriso ironico di Lucifero.
Con un gesto fece sparire in una nube di polvere la femmina umana, quella che avrebbe dovuto assumere il nome di Eva e popolare la terra di altri esseri umani.
Nascose la terra in una nube nera.(Il primo buco nero di Jahvè).
In quella parte dell'universo tutto si fermò. Si fermò il tempo. Non vi fu un prima, non vi fu e un dopo.
Non fu il bene e non fu il male.
Non vi fu Caino e non vi fu Abele
Ma Adamo, in quell'istante in cui il tempo si fermò,sognò Eva e la fece sua per l'eternità:
Jhavè, senza volerlo, aveva realizzato il più perfetto sogno d'amore.
Scritto verso la fine degli anni novanta.
Pubblicato ora su internet da: saveriosavio@yahoo.it
La sua corte celeste ne sarebbe rimasta entusiasta.
Già si immaginava i complimenti.
Da una costola di Adamo, Jhavè creò la femmina di Adamo. Le infuse un sonno leggero e la fece adagiare a fianco di Adamo che Javè aveva fatto addormentare precedentemente.
Il mattino seguente i due si sarebbero svegliati, conosciuti e subito piaciuti
Così pensava Jhavè.
Adamo si svegliò e per la prima volta vide quella creatura che dormiva nuda, distesa al suo fianco.
Adamo prima d'allora non aveva mai conosciuto una femmina umana. Si immaginava solo vagamente come potesse essere. Pensava che se fosse esistita, a parte gli attributi comuni agli altri mammiferi, sarebbe somigliata più o meno alle femmine degli altri animali che vivevano con lui nell'Eden.
Lo sguardo di Adamo corse subito e si fermò, curioso, a frugare tra le gambe di quell'essere in cerca dell'oggetto del desiderio.
Osservò incantato il ricciuto cespuglio di peli che, seducente, spuntava sul triangolo pubico
Gli parve di capire. Quell'essere era una femmina umana, forse la sua femmina.
La trovò bellissima, stupenda.
Fortemente emozionato sospirò: quanto è bella !
Gli batte forte il cuore e uno strano incontenibile rimescolio di visceri e di sangue lo prese assieme ad un prepotente desiderio mai prima provato di toccare ed abbracciare, possedere quel corpo. Un'emozione mai prima provata.
Jhavè aveva fatto le cose proprio per benino.
L'attrazione sessuale avrebbe assicurato una futura numerosa progenie.
Lo spettacolo del dramma del genere umano sembrava assicurato per molti millenni.
Neppure Lucifero, tra gli angeli il più intelligente, avrebbe avuto da ridire.
Adamo dubitò: "E' troppo bella per essere stata destinata a me, forse Jhavè l'ha fatta per se stesso."
Jhavè, dopo la creazione degli altri animali, tutti a coppie, maschi e femmine, non avvertì Adamo che avrebbe procurato anche a lui una femmina.
Timoroso di offendere Jhavè, Adamo, prudentemente ed in attesa degli eventi, si voltò sul fianco e chiuse gli occhi sognando di possedere Eva.
Jhavè, nascosto dietro una siepe, stava osservando la scena per verificare
il risultato del suo esperimento.
Restò profondamente deluso del comportamento di Adamo il quale sembrava
essere contrariato dalla presenza della femmina.
Jhavè pensò che il suo progetto era fallito.
Non ci sarebbe stata, a partire dalla prima coppia umana, la storia dell'umanità
così come Lui l'aveva progettata per il divertimento Suo e della Sua corte.
Jhavè, molto irritato per il fallito esperimento, per la prima volta dall'inizio della creazione, vide che " NON ERA BUONO " ciò che aveva fatto. Nessuno della corte celeste doveva sapere del Suo fallimento.
Già si immaginava il sorriso ironico di Lucifero.
Con un gesto fece sparire in una nube di polvere la femmina umana, quella che avrebbe dovuto assumere il nome di Eva e popolare la terra di altri esseri umani.
Nascose la terra in una nube nera.(Il primo buco nero di Jahvè).
In quella parte dell'universo tutto si fermò. Si fermò il tempo. Non vi fu un prima, non vi fu e un dopo.
Non fu il bene e non fu il male.
Non vi fu Caino e non vi fu Abele
Ma Adamo, in quell'istante in cui il tempo si fermò,sognò Eva e la fece sua per l'eternità:
Jhavè, senza volerlo, aveva realizzato il più perfetto sogno d'amore.
Scritto verso la fine degli anni novanta.
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domenica 5 ottobre 2008
UNA FAVOLA (non conclusa)
Una volta un re diede una festa.
Alla festa giunsero le principesse più belle del reame.
Un soldato che faceva la guardia vide passare la figlia del re.
Era la più della di tutte.
Subito se ne innamorò. Ma che poteva fare un povero soldato per conquistare l'amore della figlia del re?
Un giorno la incontrò e Le disse che non poteva più vivere senza di lei.
La principessa fu così toccata dal forte sentimento del soldato che gli disse:
" Se saprai aspettare cento giorni e cento notti sotto il mio balcone, alla fine sarò tua."
Subito il soldato prese una sedia ed andò sotto il balcone della principessa.
Stette un giorno, due giorni, dieci giorni, venti giorni ed ancora, ancora....
giorni e notti.
Ogni sera la principessa, non vista, controllava dalla finestra che il soldato stesse lì ad aspettare.
Giunto alla novantanovesima notte il soldato si alzò, prese la sedia e se ne andò.
La principessa, meravigliata, disse tra se: " Ma come se ne è andato proprio alla fine ?
Qui finisce la favola non mia e che ho semplicemente riassunta.
Non ricordo il nome dell'autore.
Perchè il soldato se ne è andato proprio alla fine ?
Si potrebbero fare diverse ipotesi, anche spiritose.
Trattandosi di una favola, la interpretazione da dare al comportamento del soldato dovrebbe essere la più esaltante ed emotiva.
A me piace immaginare che il soldato, con l'approssimarsi della centesima notte
abbia dubitato della promessa fattagli dalla principessa. – Per il soldato la mancata promessa della principessa sarebbe stata terribile, insopportabile, ne sarebbe morto.- Così, invece, per novantanove giorni e notti era vissuto nell'illusione che la principessa fosse lì ad aspettarlo. –
Forse visse sognando a lungo la centesima notte.
-------------------------------------------------------------------------------
Quando le vicende della vita sembrano delle belle favole, sarebbe saggio interromperle prima che prendano una piega deludente.
Poteva anche accadere che la principessa della favola mantenesse la promessa. Ma la promessa d'amore della principessa sarebbe stata appagante rispetto alle speranze del soldato ? E la passione amorosa quando sarebbe durata ?
Lo stesso si potrebbe dire per la principessa.
I sogni, anche se realizzati, non sono mai durevolmente e completamente appaganti.
L'essere umano è fatto così: anche quando gli sembra di aver realizzato i propri sogni non resta mai soddisfatto. Gli accade di desiderare altro e di più.
Il finale di molte favole, dove si dice o si sottintende: " Tutti vissero felici e contenti", secondo me, è falso.
Infatti nessun favolista, che si rispetti, ci ha provato a continuarle.
Mutando un po i termini della questione, e restando nell'argomento favole, ho spesso pensato che Collodi avrebbe dovuto dare alla favola di "Pinocchio" una fine affatto diversa da quella che le ha dato, facendo diventare Pinocchio un bambino vero, bello, buono e bravo.
Per Pinocchio burattino io avrei immaginato una fine eroica.
Pinocchio burattino "muore" nelle fiamme di un incendio nel tentativo di salvare il padre Geppetto. Insomma, l'umanizzazione di un robot.
Questa sarebbe stata una favola per grandi.
Ma essendo quella di Pinocchio una favola per bambini, Collodi non potette fare a meno di far trionfare alla fine i buoni sentimenti, insomma la redenzione miracolosa.
Molti scrittori si sono divertiti a fare indagini psicologiche sul personaggio Pinocchio. Questo è un altro argomento nel quale rischio di smarrirmi.
Scritto nel novembre del 1998. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it ________________________________________________________________________
Una volta un re diede una festa.
Alla festa giunsero le principesse più belle del reame.
Un soldato che faceva la guardia vide passare la figlia del re.
Era la più della di tutte.
Subito se ne innamorò. Ma che poteva fare un povero soldato per conquistare l'amore della figlia del re?
Un giorno la incontrò e Le disse che non poteva più vivere senza di lei.
La principessa fu così toccata dal forte sentimento del soldato che gli disse:
" Se saprai aspettare cento giorni e cento notti sotto il mio balcone, alla fine sarò tua."
Subito il soldato prese una sedia ed andò sotto il balcone della principessa.
Stette un giorno, due giorni, dieci giorni, venti giorni ed ancora, ancora....
giorni e notti.
Ogni sera la principessa, non vista, controllava dalla finestra che il soldato stesse lì ad aspettare.
Giunto alla novantanovesima notte il soldato si alzò, prese la sedia e se ne andò.
La principessa, meravigliata, disse tra se: " Ma come se ne è andato proprio alla fine ?
Qui finisce la favola non mia e che ho semplicemente riassunta.
Non ricordo il nome dell'autore.
Perchè il soldato se ne è andato proprio alla fine ?
Si potrebbero fare diverse ipotesi, anche spiritose.
Trattandosi di una favola, la interpretazione da dare al comportamento del soldato dovrebbe essere la più esaltante ed emotiva.
A me piace immaginare che il soldato, con l'approssimarsi della centesima notte
abbia dubitato della promessa fattagli dalla principessa. – Per il soldato la mancata promessa della principessa sarebbe stata terribile, insopportabile, ne sarebbe morto.- Così, invece, per novantanove giorni e notti era vissuto nell'illusione che la principessa fosse lì ad aspettarlo. –
Forse visse sognando a lungo la centesima notte.
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Quando le vicende della vita sembrano delle belle favole, sarebbe saggio interromperle prima che prendano una piega deludente.
Poteva anche accadere che la principessa della favola mantenesse la promessa. Ma la promessa d'amore della principessa sarebbe stata appagante rispetto alle speranze del soldato ? E la passione amorosa quando sarebbe durata ?
Lo stesso si potrebbe dire per la principessa.
I sogni, anche se realizzati, non sono mai durevolmente e completamente appaganti.
L'essere umano è fatto così: anche quando gli sembra di aver realizzato i propri sogni non resta mai soddisfatto. Gli accade di desiderare altro e di più.
Il finale di molte favole, dove si dice o si sottintende: " Tutti vissero felici e contenti", secondo me, è falso.
Infatti nessun favolista, che si rispetti, ci ha provato a continuarle.
Mutando un po i termini della questione, e restando nell'argomento favole, ho spesso pensato che Collodi avrebbe dovuto dare alla favola di "Pinocchio" una fine affatto diversa da quella che le ha dato, facendo diventare Pinocchio un bambino vero, bello, buono e bravo.
Per Pinocchio burattino io avrei immaginato una fine eroica.
Pinocchio burattino "muore" nelle fiamme di un incendio nel tentativo di salvare il padre Geppetto. Insomma, l'umanizzazione di un robot.
Questa sarebbe stata una favola per grandi.
Ma essendo quella di Pinocchio una favola per bambini, Collodi non potette fare a meno di far trionfare alla fine i buoni sentimenti, insomma la redenzione miracolosa.
Molti scrittori si sono divertiti a fare indagini psicologiche sul personaggio Pinocchio. Questo è un altro argomento nel quale rischio di smarrirmi.
Scritto nel novembre del 1998. Pubblicato ora in internet da: saveriosavio@yahoo.it ________________________________________________________________________
giovedì 2 ottobre 2008
CHI SEI. CHE COSA SEI.
Chiacchierando con palladipelo sulle relazioni umane, mi sovviene questo "pensiero bucato" che nasce dal famoso detto di Socrate: "conosci te stesso".
Colloquio tra due persone sconosciute l'una all'altra:
Tizio, persona gentile, domanda a Caio, persona gentile: "CHI SEI?"
Caio risponde: "SONO CAIO" ed aggiunge il resto: l'età, il domicilio, il titolo di studio, la professione, ecc. ecc.
Fin qui tutto normale. Domande normali, risposte normali.
Altro esempio di colloquio tra le stesse persone:
Tizio domanda a Caio: "CHE COSA SEI?"
Caio guarda Tizio, sconcertato, allarga le braccia, con la bocca semiaperta, con muta ed eloquente espressione del viso, sembra dire:
"NON LO SO"
Chiacchierando con palladipelo sulle relazioni umane, mi sovviene questo "pensiero bucato" che nasce dal famoso detto di Socrate: "conosci te stesso".
Colloquio tra due persone sconosciute l'una all'altra:
Tizio, persona gentile, domanda a Caio, persona gentile: "CHI SEI?"
Caio risponde: "SONO CAIO" ed aggiunge il resto: l'età, il domicilio, il titolo di studio, la professione, ecc. ecc.
Fin qui tutto normale. Domande normali, risposte normali.
Altro esempio di colloquio tra le stesse persone:
Tizio domanda a Caio: "CHE COSA SEI?"
Caio guarda Tizio, sconcertato, allarga le braccia, con la bocca semiaperta, con muta ed eloquente espressione del viso, sembra dire:
"NON LO SO"
mercoledì 20 agosto 2008
FURORE ( in TV )
Il 20.02.99. Sabato sera, in T.V. "Furore".
Titolo molto azzeccato per quelli che vi hanno partecipato.
Monache e monaci,sembravano baccanti e satiri.
Uno spettacolo indecente.
Che vergogna !
Le espressioni del volto dicevano veramente quale era la passione dalla
quale erano mossi.
Assatanati sembravano.
Pareva che soffrissero di una lunga e sofferta astinenza.
"L'Osservatore romano" li ha bacchettati
Qualcuno inaspettatamente ha detto che non avevano fatto nulla di male
Ne avevano però tutta l'intenzione
Se così in pubblico figuriamoci in privato !
Dalla agilità con la quale si muovevano c'era da credere che a quei balli si erano precedentemente allenati con maggiore libertà di movimenti e di strette molto più vigorose.
Bene,bene,bene.
Vizi privati e pubbliche virtù.
Il 20.02.99. Sabato sera, in T.V. "Furore".
Titolo molto azzeccato per quelli che vi hanno partecipato.
Monache e monaci,sembravano baccanti e satiri.
Uno spettacolo indecente.
Che vergogna !
Le espressioni del volto dicevano veramente quale era la passione dalla
quale erano mossi.
Assatanati sembravano.
Pareva che soffrissero di una lunga e sofferta astinenza.
"L'Osservatore romano" li ha bacchettati
Qualcuno inaspettatamente ha detto che non avevano fatto nulla di male
Ne avevano però tutta l'intenzione
Se così in pubblico figuriamoci in privato !
Dalla agilità con la quale si muovevano c'era da credere che a quei balli si erano precedentemente allenati con maggiore libertà di movimenti e di strette molto più vigorose.
Bene,bene,bene.
Vizi privati e pubbliche virtù.
venerdì 23 maggio 2008
ancora sul paiolo bucato
Cara nipote Francesca,
sebbene ne avessi fatto richiesta nel mio precedente post, nessuno, finora, mi è venuto in aiuto per spiegarmi perchè mai ho scelto "Il paiolo bucato" come nome del mio blog.
Una scelta della quale ho poco di che vantarmi, essendo io il dominus esclusivo del mio blog.
Della storiella raccontata nel libro di Pier Aldo Rovatti mi colpì, non tanto il racconto, quanto il titolo: "Il paiolo bucato". Come se, per qualche motivo rimastomi ignoto, mi potesse riguardare.
Quel nome deve essermi rimasto nell'inconscio. E' riemerso, se così si può dire, nel momento in cui ho dovuto scegliere un nome per il mio blog.
Salva qualche sporadica lettura in materia, non ho molta dimestichezza con i meccanismi che governano la mente umana.
Dopo aver riflettuto, ti dico quello che penso.
Secondo me, l'essere umano, nel corso della sua evoluzione, deve aver fatto un salto di qualità, senza tuttavia raggiungere un traguardo finale.
Infatti, a differenza di tutti gli altri animali, non è mai soddisfatto della sua condizione.
Qualsiasi animale, soddisfatti i suoi bisogni più elementari (gli istinti), non cerca altro.
L'uomo, invece, sembra avere dentro di se un vuoto incolmabile, non importa quanto sia grande il suo dominio raggiunto sul mondo che lo circonda.
Come definire il vuoto incolmabile di cui ho detto sopra?
Tanti lo collocano in una dimensione indefinita, astratta. (Questo è un discorso a parte)
Io, invece, lo colloco più concretamente nel DNA (codice genetico), se si vuole, nel nostro cervello il quale come tutti sanno è l'organo che presiede alle nostre funzioni vegetative, sensoriali, emozionali ed intellettuali.
A questo punto avrai già capito che "II paiolo bucato" è una metafora del nostro DNA. Un organo, che rappresenta tutta la nostra personalità con i suoi pregi e i suoi difetti, compreso il senso della nostra perenne incompletezza.
Le parole astratte ne sono un esempio: il bene, il male, la libertà, la verità, la giustizia, ecc.
Tutti "paioli" mai colmi, perchè senza fondo, nei quali ciascuno ci mette quello che vuole.
Secondo me siamo tutti paioli, delle più svariate dimenzioni, ma tutti bucati, più o meno.
Per quello che mi riguarda mi piace considerarmi un piccolo paiolo con meno buchi rispetto a quelli di tanti altri.
sebbene ne avessi fatto richiesta nel mio precedente post, nessuno, finora, mi è venuto in aiuto per spiegarmi perchè mai ho scelto "Il paiolo bucato" come nome del mio blog.
Una scelta della quale ho poco di che vantarmi, essendo io il dominus esclusivo del mio blog.
Della storiella raccontata nel libro di Pier Aldo Rovatti mi colpì, non tanto il racconto, quanto il titolo: "Il paiolo bucato". Come se, per qualche motivo rimastomi ignoto, mi potesse riguardare.
Quel nome deve essermi rimasto nell'inconscio. E' riemerso, se così si può dire, nel momento in cui ho dovuto scegliere un nome per il mio blog.
Salva qualche sporadica lettura in materia, non ho molta dimestichezza con i meccanismi che governano la mente umana.
Dopo aver riflettuto, ti dico quello che penso.
Secondo me, l'essere umano, nel corso della sua evoluzione, deve aver fatto un salto di qualità, senza tuttavia raggiungere un traguardo finale.
Infatti, a differenza di tutti gli altri animali, non è mai soddisfatto della sua condizione.
Qualsiasi animale, soddisfatti i suoi bisogni più elementari (gli istinti), non cerca altro.
L'uomo, invece, sembra avere dentro di se un vuoto incolmabile, non importa quanto sia grande il suo dominio raggiunto sul mondo che lo circonda.
Come definire il vuoto incolmabile di cui ho detto sopra?
Tanti lo collocano in una dimensione indefinita, astratta. (Questo è un discorso a parte)
Io, invece, lo colloco più concretamente nel DNA (codice genetico), se si vuole, nel nostro cervello il quale come tutti sanno è l'organo che presiede alle nostre funzioni vegetative, sensoriali, emozionali ed intellettuali.
A questo punto avrai già capito che "II paiolo bucato" è una metafora del nostro DNA. Un organo, che rappresenta tutta la nostra personalità con i suoi pregi e i suoi difetti, compreso il senso della nostra perenne incompletezza.
Le parole astratte ne sono un esempio: il bene, il male, la libertà, la verità, la giustizia, ecc.
Tutti "paioli" mai colmi, perchè senza fondo, nei quali ciascuno ci mette quello che vuole.
Secondo me siamo tutti paioli, delle più svariate dimenzioni, ma tutti bucati, più o meno.
Per quello che mi riguarda mi piace considerarmi un piccolo paiolo con meno buchi rispetto a quelli di tanti altri.
sabato 10 maggio 2008
Perchè ' "IL PAIOLO BUCATO "
Il paiolo è un recipiente di rame con manico di ferro ad arco che permette di appenderlo ad un gancio al centro del camino. E' tutt'ora usato, in ambiente agricolo, per scaldare l'acqua e cuocere vivande.
Se tale è l'uso che se ne fa, un paiolo bucato non serve a niente.
Al momento in cui ho scelto questo nome per il mio blog mi sono ricordato di un libro dal titolo " Il paiolo bucato" dello scrittore Pier Aldo Rovatti, il quale lo ha ripreso dal libro "Interpretazione dei sogni" di S. Freud.
Si tratta di una storiella:
"Un tizio presta un paiolo e quando gli viene restituito si lamenta che è bucato.
L'altro gli risponde così: quando te l'ho restituito era intatto, inoltre quando me l'hai prestato il paiolo era già bucato, e inoltre tu non mi hai mai prestato un paiolo".
E' un sogno raccontato a S. Freud da una sua paziente di nome Irma.
Non so come sia stato intepretato da S. Freud. Il commento che ne fa Rovatti, nel suo libro, non è di facile lettura...
Insomma siamo nella psicanalisi, con la quale ho poca dimestichezzsa.
Il sogno in questione, come molti sogni, non ha sequenza logica, è piu che un paradosso, un non senso. Essendo io il dominus del blog in questione, chiunque potrebbe, giustamente, indicarmi come un paiolo bucato.
Ora mi chiedo: perchè mai, per il mio blog, ho scelto come nome "il paiolo bucato"?
Ci deve essere un motivo, forse è nascosto negli scuri meandri del mio subcoscio,
Freud è morto. Chi mi aiuta ????
Se tale è l'uso che se ne fa, un paiolo bucato non serve a niente.
Al momento in cui ho scelto questo nome per il mio blog mi sono ricordato di un libro dal titolo " Il paiolo bucato" dello scrittore Pier Aldo Rovatti, il quale lo ha ripreso dal libro "Interpretazione dei sogni" di S. Freud.
Si tratta di una storiella:
"Un tizio presta un paiolo e quando gli viene restituito si lamenta che è bucato.
L'altro gli risponde così: quando te l'ho restituito era intatto, inoltre quando me l'hai prestato il paiolo era già bucato, e inoltre tu non mi hai mai prestato un paiolo".
E' un sogno raccontato a S. Freud da una sua paziente di nome Irma.
Non so come sia stato intepretato da S. Freud. Il commento che ne fa Rovatti, nel suo libro, non è di facile lettura...
Insomma siamo nella psicanalisi, con la quale ho poca dimestichezzsa.
Il sogno in questione, come molti sogni, non ha sequenza logica, è piu che un paradosso, un non senso. Essendo io il dominus del blog in questione, chiunque potrebbe, giustamente, indicarmi come un paiolo bucato.
Ora mi chiedo: perchè mai, per il mio blog, ho scelto come nome "il paiolo bucato"?
Ci deve essere un motivo, forse è nascosto negli scuri meandri del mio subcoscio,
Freud è morto. Chi mi aiuta ????
giovedì 1 maggio 2008
Ancora su "internet"
Cara nipote Francesca,
Sono rimasto piacevolmente sorpreso che la mia e-mail, pubblicata sul tuo blog, ha attirato l'attenzione ed i commenti assai benevoli delle tue amiche Flavia Brevi e An-gina. (Come si chiama veramente An-gina?)
Ad An-gina, che si è offerta come "nipotastra", rispondo che ho gia nove nipoti, ma non mi dispiacerebbe adottarla, via internet, come nipote-astra ("per aspera ad astra").
Un caro saluto da
tuo nonno Carlo,
alias "il paiolo bucato"
Sono rimasto piacevolmente sorpreso che la mia e-mail, pubblicata sul tuo blog, ha attirato l'attenzione ed i commenti assai benevoli delle tue amiche Flavia Brevi e An-gina. (Come si chiama veramente An-gina?)
Ad An-gina, che si è offerta come "nipotastra", rispondo che ho gia nove nipoti, ma non mi dispiacerebbe adottarla, via internet, come nipote-astra ("per aspera ad astra").
Un caro saluto da
tuo nonno Carlo,
alias "il paiolo bucato"
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